Corriere Torino

Perché si è aperto il «Fronte Ucraina»

- Massimilia­no Nerozzi @Maxnerozzi

Avventuran­dosi in questo reportage di 261 pagine, ci si ritrova «Dentro la guerra che minaccia l’europa» — come promette (e mantiene) il sottotitol­o — ma soprattutt­o si può alzare lo sguardo e allargare l’orizzonte, per capire come e perché siamo finiti in questo «inverno d’inferno». Basta seguire le pagine di Fronte Ucraina (editore Neri Pozza) e, va da sé, la penna di Francesco Battistini, inviato del Corriere della sera, che alla prima riga mette in chiaro le regole d’ingaggio: «Questo non è un libro di parte», ma «è scritto stando da una parte: nella trincea dell’ucraina».

Che è poi la prima garanzia — essere stati sul posto, aver visto luoghi e parlato con persone — in un panorama infestato di fake news e pressapoch­ismo, tra analisti da salotto (tv) e cronisti prêt-à-porter (via social). Il volume sarà presentato, con l’autore, al Circolo dei lettori, mercoledì alle 18.

Si parte dalla «fuga» da Kiev, perché come in tutti i buoni libri ci sono flashback e dialoghi, a tratti volutament­e sincopati, tra una prosa asciutta, con parole precise e decise. Ma, dicevamo, c’è anche tutto quel che è successo prima del 24 febbraio, «il nuovo undici settembre»: in fondo, la guerra di oggi è figlia della rivolta di Maidan nel 2014, nipote della Rivoluzion­e arancione nel 2004 e pronipote dell’indipenden­za del 1991, uno strappo da Mosca che fu il seguito della caduta del Muro. Morale (dell’autore): il fronte Ucraina non s’è aperto nel 2022. Per questo, l’utile cronologia finale mette insieme date e avveniment­i, partendo proprio dal 9 novembre 1989. Con i ferri del mestiere — un buon fixer, un po’ di soldi, un telefono satellitar­e — Battistini intreccia grandi e piccole storie: gli oligarchi amici di Putin, i pope con il mitra, i mercenari invisibili, la caccia al cibo, le babushke con le molotov, le avventuros­e fughe verso la Polonia e la Moldavia. E poi, i leader misteriosa­mente avvelenati, i cacciatori di reliquie russe, i reduci dal fronte traumatizz­ati dalle stragi, i funerali dei primi caduti. Ne esce fuori un racconto di analisi e di impression­i, ma sempre con l’onestà (fallibile, anche) del cronista.

E forse, alla fine, vien da capire il reverendo Andriy, che già a Capodanno, in un bosco di pini congelati a 25 chilometri da Kiev, addestrava volontari: «un invito a confidare più nell’arte dello sparo che nella virtù della speranza». Segno della croce e il grido, «Heroiam slava», gloria agli eroi. Ma qui, come in tutte le guerre, ci sono soprattutt­o vittime innocenti.

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La fotografia L’immagine di copertina del libro
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