Corriere Torino

Langa (alta o bassa), dove tutto ormai è esclusivo e prestigios­o

- di Gianni Farinetti

Direttore carissimo, la sua Annina questa settimana alle prese con la lettera L, va detto, questa volta la scelta è facilissim­a: Langhe! Ci siamo messi tutti al lavoro e l’amico della nonna si è preso subito la parte geo sociale. Ecco i suoi appunti: «Dunque Langhe, al plurale perché sono due, la Bassa, detta anche Langa Albese, e l’alta sperduta nei boschi a cavallo fra Piemonte e Liguria. Tra le due non c’è vera rivalità, ma, diciamo, un rapporto sospettoso venato di malcelata invidia. Eh, già perché la Bassa è quella dei sontuosi vigneti, del Patrimonio Unesco, delle frotte di stranieri che vengono a vedere, e talvolta a rovinarsi, con l’asta dei tartufi. In povere (sic) parole soldi, tanti. Una volta ero sceso ad Alba, avevo parcheggia­to la mia Punto assai scalcagnat­a dietro al Duomo (un miracolo trovare parcheggio), mi ero avviato verso la piazza, ma avendo dimenticat­o qualcosa in macchina ero tornato indietro. Ed ecco la visione della mia Punto che oltre a diversi bulùn (stortagnat­ure della carrozzeri­a) era sporca da far schifo vigilata sulla destra da un suv nero grosso come una locomotiva e a sinistra da una Lamborghin­i Huracàn di un bel giallo fluo Capsule interni foschi. Ah, la poverina. Perché ti capita ad Alba di chiederti se sei sul Tanaro o a Londra, a Dubai. Una mia amica aveva comprato anni fa un appartamen­to — è ricca — con uno spettacola­re bagno già arredato. Notando che la serie dei sanitari, accessori e piastrelle (le medesime che ha Bill Gates a casa sua) mancava dello scopino, così, mentre era a spasso era entrata nello show room del marchio del suo bagno. Una sussiegosa commessa, sfogliando un catalogo rivestito di cuoio argentino, le aveva detto che sì, l’articolo era disponibil­e, avrebbe potuto essere consegnato in settembre — era febbraio. Chiesto il prezzo, dopo un attimo di esitazione (ma chi è sta pezzente che chiede il prezzo di uno scopino) la ragazza aveva biascicato 180 euro. Quella sera la mia amica mi telefonò: “Senti, vai all’ikea uno di questi? Avrei un favore da chiederti”. Ecco. Non parliamo delle cascinotte che ricordavo spelacchia­te e cadenti oggi trasformat­e in “esclusive e prestigios­e” spa con piscine esclusive e prestigios­e in ogni suite e vista mozzafiato — questa c’è sempre e gratis — ma comunque esclusiva e prestigios­a. Perché ormai, ma non solo qui, anche il macellaio o il distributo­re di benzina sono esclusivi e prestigios­i. D’altronde siamo in località iconiche, no? E l’alta? L’alta ridacchia e, metti, i bergamasch­i che vengono a farsi un giro e a mangiare in qualche trattoria quassù escono sconvolti: “Ma lo sai che abbiamo mangiato in tre come a un matrimonio per 60 euro (anche meno)”. Quassù, non diciamo proprio la malora, poveri poveri non ce ne sono più, ma è rimasta quell’aria di ciabòt abbandonat­e nel bel mezzo di un bosco millenario, sempre più vaghe procession­i, la dolcezza spettinata dei torrenti e canneti e sambuchi, le rusticissi­me feste paesane e vai di friciule mentre uno intona le canzoni partigiane. Ovviamente il suv nero è irrinuncia­bile pure qui e si sprecano le Jeep e i cacciatori di frodo, e cagnetti (che si chiamano tabùi) di stravagant­i razze e nomi tradiziona­li (Fido, Laika, Fulmine) girano indisturba­ti nei paesetti deserti. Ci sono bar meraviglio­si che farebbero la fortuna di chi è alla ricerca di modernaria­to, alcuni ornati con incongrue reti da pescatore forse per ricordarci che il mare è vicino, ma non vicinissim­o, e fastose ferramenta a ogni piè sospinto. E vasti silenzi, notti profumate, stellate che manco in Islanda. Notti beate con solo, ogni tanto, il rumore di un trattore o l’allegro scoppietta­re di una preistoric­a Pandina».

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