Gli universitari: contratti-truffa E discriminati
Uno studio spiega le attrattività di Torino e i margini di miglioramento
Quasi la metà degli studenti stranieri (il 43 per cento) delle nostre università ammette di aver vissuto episodi di discriminazione nella ricerca della casa. Non serve essere iscritti ai nostri atenei, lavorare duro per diventare ingegnere, medico o avvocato, per superare le diffidenze e il razzismo di un mercato della locazione che (anche) per i fuorisede è ricco di insidie. Il prezzo di una stanza in appartamento condiviso è di 200300 euro mensili, molto meno che a Milano.
Quasi la metà degli studenti stranieri (il 43 per cento) delle nostre università ammette di aver vissuto episodi di discriminazione nella ricerca della casa. Non serve essere iscritti ai nostri atenei, lavorare duro per diventare ingegnere, medico o avvocato, per superare le diffidenze e il razzismo di un mercato della locazione che (anche) per i fuorisede è ricco di insidie. Il prezzo di una stanza in appartamento condiviso costa 200-300 euro mensili, molto meno che a Milano. Nella maggioranza dei casi, gli affitti non sono in nero. Eppure, le anomalie non sono sparite. Il 63 per
❞ La presenza di giovani altamente qualificati è una risorsa che il territorio fatica ad assorbire Serve una soluzione comune
cento dei giovani dichiara di aver firmato un contratto di tipo concordato per studenti. Tuttavia, nonostante questo tipo di accordo sia nato per rendere più accessibili le spese degli alloggi, i canoni di locazione effettivamente pagati rimangono sopra la media dei prezzi del mercato.
Il professore Loris Servillo, le ricercatrici Samantha Cenere e Erica Mangione del dipartimento interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio sono gli autori di «Torino da fuori. Studiare, abitare e vive la città da fuorisede». Il rapporto rappresenta il primo tentativo d’indagine sulla «città universitaria» vista e vissuta da chi non è torinese. Inserito all’interno del progetto di ricerca europeo Horizon 2020 Smartdest, il lavoro — presentato alle 16 al Castello del Valentino — si basa su un questionario che ha raccolto le risposte di 1.538
❞ Bisogna evitare di orientare le politiche dell’abitare verso le residenze universitarie private, perché accolgono un target di fascia medio alta
persone, principalmente iscritte all’università e al Politecnico. Negli ultimi vent’anni, Torino ha assistito all’enorme crescita della popolazione universitaria. Oggi gli studenti sono 115 mila, di questi oltre 40 mila provengono da un’altra regione o dall’estero. «Torino si conferma una città attrattiva, complice un costo della vita relativamente basso e un’offerta culturale adeguata», scrivono gli autori dello studio che però riflettono anche sui possibili «margini di miglioramento».
Il primo è riferito all’offerta abitativa. Meno della metà degli intervistati si dichiara soddisfatto sia in termini di qualità che di quantità; soddisfazione ancora più bassa fra chi è iscritto a un percorso post-laurea (con un’età compresa fra i 27 e i 35 anni), a testimonianza che l’offerta di alloggi non è adeguata per chi vorrebbe considerare Torino non come luogo di transito, ma come «casa» della vita adulta.
Un dato sottovalutato quanto si riflette sui limiti di una città che sforna laureati e non riesce a trattenerli. Da anni si punta il dito sugli stipendi bassi e la mancanza di grandi aziende, ma per fermare l’emorragia bisognerebbe lavorare per risolvere anche altre questioni. La ricerca «Torino da fuori» evidenzia come gli studenti fuorisede vivano in una condizione di esclusione. La partecipazione alla vita politica della città e il grado di integrazione con il quartiere registrano livelli di soddisfazione piuttosto bassi. Questa fotografia rispecchia una situazione che accomuna pressoché tutta la popolazione di fuorisede, dettata dalla mancanza di un riconoscimento anagrafico (vedasi la residenza) e dalla convinzione di dover rifare le valigie al termine degli studi. «La presenza di giovani altamente qualificati è una risorsa che il territorio fatica ad assorbire.
Un cambio di rotta richiederebbe una visione concertata tra attori pubblici locali, università e privati». A pesare è la consapevolezza maturata dagli studenti: Torino sembra considerarli solo come attori dell’economia dell’intrattenimento, nella duplice veste di consumatori e di lavoratori precari.
Poi, guardando al futuro, la città universitaria deve evitare che le politiche abitative siano «quasi esclusivamente orientate alle residenze universitarie private, perché si punterebbe esclusivamente ad un target di fruitori di fascia medio alta». Per migliorare la vita dei fuorisede gli interventi da mettere in scaletta sono diversi. I ricercatori del Dist sottolineano che persista «una domanda inevasa di residenzialità pubblica». E consigliano di rafforzare i servizi di supporto alla ricerca della casa per arginare il fenomeno degli affitti in nero e le discriminazioni. Riattivando, per esempio, la piattaforma di Edisu e atenei che metteva in collegamento domanda e offerta di alloggi.
❞ Da anni emerge la constatazione che non è stata risolta la questione legata alla domanda inevasa di residenzialità pubblica