Lo scritto che fatica (e che errori)
Piove. La «Matura» regala un’aria fresca. Le ruote lente dei candidati possono sferragliare meglio, alla ricerca della traccia perfetta da selezionare tra sette lunghe argomentazioni. Da Pascoli a Internet passando per Liliana Segre, Verga o la musica extraterreste, dal Covid fino all’atteso ecologico rimpianto, ce n’è per tutti i palati, per ogni illusione di scrittura. Nonostante i suggerimenti dei docenti di virare sui temi nozionistici, più innocui, funzionali, meno coercitivi, meno subdoli, i ragazzi, almeno nel mio istituto, scelgono il potere della musica, a parimerito con i social su cui, pensano, i poverini, di essere ferrati, di poter per una volta (quella sbagliata) dire la loro. E invece si infilano in un imbuto di spossante banalità. «Una sfida contro i maestri della folgorante similitudine — scrivevano Fruttero e Lucentini — del lapidario aggettivo, del fine scavo psicologico» o oggi dell’affresco sociale. Così gli sventurati, spesso, non possono far altro che raschiare il fondo della loro maldigerita cultura, da cui spuntano rozzi errori grammaticali come «le leggi raziali e le discriminazzioni» o «l’espulsione della Segre a scuola». Il Covid desta meno interesse, è un ricordo lontano, raccontato con il passato remoto, specchio di una percezione liberatoria. Scivolano silenziose le ore. Qualcuno, ormai schiantato, comincia a consegnare le sue scarne e faticate paginuzze. È l’ultimo tema della loro vita: «Quel giorno non vi leggemmo più avante».