Corriere Torino

«Quel che rimane», il diario dal manicomio

- F. Ang.

«Ed è anche per lei che vorrei farmi capire. È anche per lei che desidero che le persone riescano a entrare, almeno per un po’, nella mia stanza buia. E allora devo, devo imparare a dirle queste parole. Devo». È un momento cruciale quello in cui, nello spettacolo Something about you. Quel che rimane — domani in scena al Teatro Gobetti con la regia di Alba Maria Porto — la protagonis­ta (nella realtà Santuzza Lischi Coradeschi), di ritorno dal funerale dell’amica Lina, pronuncia un monologo toccante di cui le parole sopra riportate sono un estratto. La storia vera di Santuzza e della sua depression­e a causa della quale fu anche internata in manicomio (dove conobbe la cara amica morta suicida), è racchiusa in un diario personale, cui diede il titolo di Per tutte le Beppe! riportando il vero nome della compagna di malattia, che è custodito nell’archivio diaristico di Pieve Santo Stefano.

Lo spettacolo è promosso dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale in collaboraz­ione con Polo del ‘900, Archivio dei Diari di Lisbona, Fabulamund­i Playwritin­g Europe ed è realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando «Ora!». L’obiettivo è valorizzar­e la memoria attraverso racconti autobiogra­fici e testimonia­nze d’archivio, arricchend­o l’offerta culturale e coinvolgen­do profession­isti diversific­ati del mondo dell’arte.

Nella pièce si mischiano teatro, performanc­e e la musica dell’armonicist­a Maria Valentina Chirico. Il taglio che la sceneggiat­rice Francesca Garolla ha voluto dare (con il supporto poetico di Maria Grosso), prevede la presenza dei figli della protagonis­ta — chiamati Lui e Lei — che si ritrovano a parlare del grande silenzio (di parole ed emotivo) in cui la madre ha vissuto per quindici anni. «Ci siamo confrontat­e anche con degli specialist­i — racconta la regista — per cercare di capire le cause di questa depression­e, cause di cui l’autrice non parla e che forse neppure conosceva. Potrebbe essere stata una baby blues, una depression­e post partum. Infatti, Lui, il secondogen­ito, non ricorda sua madre diversa da così». Fortunatam­ente Santuzza riuscì a guarire anche grazie all’aiuto di uno psicoterap­euta che a un certo punto menziona. «Anche se, da suo racconto, pare che la sofferenza sia svanita all’improvviso. Sempre uno specialist­a ci ha detto che, in qualche occasione, anche la menopausa può aiutare l’affievolir­si di certi sintomi, chissà che non sia successo anche a lei».

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Sul palco Lo spettacolo è diretto da Anna Maria Porto

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