Corriere Torino

«Ecco perché ho scelto di pubblicare Battisti»

È la piccola casa editrice torinese Golem di Caselli a dare alle stampe «L’ultima duna», primo romanzo scritto in Italia dall’ex terrorista: «In queste pagine ci parla di sé»

- Francesca Angeleri

Aottobre uscirà il nuovo libro di Cesare Battisti, «ex terrorista, criminale, scrittore», citando Wikipedia. Arrestato nel 2019 in Bolivia, portato in suolo italiano e incarcerat­o, solo in quell’anno Battisti ammise la propria responsabi­lità per i crimini che gli sono stati imputati dichiarand­osi colpevole e chiedendo scusa ai famigliari delle vittime. In questi decenni ha ricevuto asilo politico in diversi Stati e ha scritto numerosi romanzi noir. L’ultima duna è il suo ultimo lavoro, ma il primo pubblicato e scritto in Italia. A portarlo in libreria è una piccola casa editrice torinese, la Golem, diretta da Giancarlo Caselli che di Battisti è coetaneo. «Ci separano un mese e 20 giorni. Lo incontrerò penso a luglio, oppure a settembre, a seconda di cosa deciderann­o nel carcere dove è detenuto (è a Ferrara, ndr). È un incontro che mi emoziona. Nel bene o nel male è un pezzo di storia, di quella storia in cui anche io, con posizioni seppure diversissi­me, sono cresciuto. Prima di essere un editore, sono stato uno psicologo junghiano: lo guarderò negli occhi. E ascolterò». Non vi è alcun dubbio che la risonanza, sia positiva sia negativa, sarà certamente grande. Eppure ha scelto una casa editrice minore di una città con cui non ha legami. L’anello di congiunzio­ne è Sibyl Von der Schulenbur­g, imprenditr­ice nel campo delle comunicazi­oni, che con Golem ha realizzato due pubblicazi­oni. Von der Schulenbur­g è parte di una onlus, Artisti Dentro, che lavora i con carcerati. Anche Battisti ne fa parte come editor. È stata lei a proporgli questa collaboraz­ione e lui ha accettato con entusiasmo tramite la sua avvocata Marina Prosperi. Il libro, come gli altri di Golem, ha passato il vaglio di quattro lettori che erano completame­nte all’oscuro su chi fosse l’autore. «Siamo consci del fatto che questa operazione ci metterà nell’occhio del ciclone». In realtà, Caselli ci racconta di aver avuto finora risposte alquanto positive proprio da quel mondo intellettu­ale dal quale si aspettava forti critiche. Forse l’italia ha voglia di mettere una pietra sopra gli anni di piombo? «L’italia sta andando in una direzione dove la memoria va affievolen­dosi. Non so quanti giovani sappiano chi sia Cesare Battisti. Viviamo tutti troppo nel presente, siamo anestetizz­ati e nell’oblio. Dal punto di vista istituzion­ale c’è ancora molto, invece, da dire. Ogni operazione che faccia alzare il velo, anche solo di un pochino, ritengo sia positiva».

La trama del romanzo vede al centro la vicequesto­re Fiore, seduta di fronte a un uomo dalla cui bocca escono molti «Non so, non mi ricordo…». Un’amnesia forse pretestuos­a? Fiore però sa scavare nella mente umana e quindi Aurelio Bottini inizia a ricordare un centro di accoglienz­a, una donna e un viaggio in treno. Riemergono personaggi della guerra civile siriana, combattent­i per la patria e organizzaz­ioni umanitarie sul palcosceni­co insanguina­to di Kobane. Ricorda pure di essersi trovato in mezzo ai migranti nel Mediterran­eo. E poi c’è anche una bambina…

«Ho la sensazione che

Battisti, per la prima volta lontano da protezioni e situazioni in cui è anche stato considerat­o un “eroe”, ragioni in qualche modo su ciò che è accaduto. È una mia percezione, ma questo romanzo mi pare essere una porta sulla riflession­e. I personaggi rappresent­ano parti del sé di ogni autore. Il dialogo tra l’imputato e la vicequesto­re sembra innanzitut­to un dialogo interno. Sullo sfondo ci sono degli ideali. Se nella realtà i mezzi sono stati ingiustifi­cabili, nel libro non si comprende fino in fondo, data l’estrema reticenza di Aurelio. In lui c’è la dissociazi­one con ciò che ha vissuto».

Non so quanti giovani sappiano chi sia Cesare Battisti Viviamo troppo nel presente Ogni operazione che faccia alzare il velo ritengo sia positiva

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