La siccità impone l’agricoltura più selettiva
Senza acqua la triste scelta tra ciò che si riesce a salvare e ciò che è perduto
La siccità tiene in scacco l’agricoltura piemontese. Dal riso al mais fino all’erba medica e al foraggio usato per gli animali. Con le alte temperature, le fonti idriche razionate e i corsi d’acqua che hanno ormai perso 1/3 della loro portata rispetto allo scorso anno, gli agricoltori si trovano sempre più a dover fare rinunce e a scegliere quali campi continuare a irrigare e quali invece lasciare andare perdendo così il raccolto e cercando di salvare il salvabile.
La siccità tiene in scacco l’agricoltura piemontese. Dal riso al mais fino all’erba medica e al foraggio usato per gli animali. Con le alte temperature, le fonti idriche razionate e i corsi d’acqua che hanno ormai perso 1/3 della loro portata rispetto allo scorso anno, gli agricoltori si trovano sempre più a dover fare rinunce e a scegliere quali campi continuare a irrigare e quali invece lasciare andare perdendo così il raccolto e cercando di salvare il salvabile. I dati parlano chiaro, così come le previsioni che sembrano tutt’altro che rosee, con una riduzione tra il 30% e il 40%, che arriva al 50% per il
❞ In Piemonte per orzo e grano si parla di una riduzione della produzione del 30% Ercole Zuccaro Confagricoltura Piemonte
mais e la soia, ma anche per l’erba medica e il foraggio per gli animali. Non va meglio con gli alberi da frutto, così come il riso. «In Piemonte per orzo e grano si parla di una riduzione della produzione del 30% — spiega Ercole Zuccaro direttore di Confagricoltura Piemonte —. Le semine del mais si sono ridotte a favore di colture meno esigenti dal punto di vista idrico, quali sorgo, girasole e soia. Soffrono pure la vite e il nocciolo. I pascoli sono allo stremo così come anche il bestiame è sotto stress». Nemmeno l’apertura delle dighe come quella di Ceresole Reale o degli invasi collegati al Canale Cavour, il più importante corridoio idrico nostrano che hanno iniziato a riversare acqua anche di notte danno speranza se non per una quindicina di giorni agli agricoltori. I consorzi cercano di centellinare l’apporto idrico ai campi, trovando soluzioni
❞ Proviamo a irrigare a pioggia soltanto alcuni campi e abbiamo già deciso di lasciare andare il 10% dei nostri appezzamenti
come aperture a giorni alterni e chiedendo sempre più spesso una rete di piccoli invasi su tutto l’arco alpino per evitare di arrivare a situazioni di crisi come quella attuale. «L’unico sistema per tentare di salvare ancora qualche coltura è quella di provare a irrigare a pioggia solo determinati campi — chiosa Tommaso Visca, presidente di Confagricoltura Torino —. Abbiamo già deciso di lasciare andare il 10% dei nostri appezzamenti. Il mais di secondo raccolto che avevamo coltivato dopo la raccolta del foraggio per gli animali, è già secco. Lo avevamo seminato a fine maggio. Quello salvabile lo abbiamo dovuto bagnare con l’irrigazione a pioggia. Per noi che usiamo manichette e altri metodi per irrigare ha significato un aumento di costo. Speravamo in un temporale, nel frattempo alcuni campi però non sono sopravvissuti al caldo». Visca, 42 anni è proprietario di un’azienda agricola di 350 giornate di terra a Carmagnola, in provincia di Torino, con il fratello Valerio, un anno più giovane. L’azienda ha anche un allevamento biologico di vacche da latte, altro settore che la siccità sta mettendo in grave difficoltà. «Il mais che è sopravvissuto è comunque malaticcio e sarà ancora da irrigare quindi difficilmente riusciremo ad avere un raccolto — continua l’agricoltore —. Per ora stimiamo una perdita del 15%. Stiamo usando irrigatori a ruota noleggiati e abbiamo già consumato 7 mila litri di gasolio, una spesa non preventivata per noi che per risparmiare solitamente usiamo manichetta e irrigazione dorsale. Una parte dei campi, se farà temporali, si riseminerà, se no ci penseremo ad autunno».
❞ Usiamo irrigatori a ruota noleggiati e abbiamo già consumato 7 mila litri di gasolio, spesa non preventivata Tommaso Visca Agricoltore