Trenta startup possono bastare?
Diceva Quintino Sella che «in Italia non v’è abbastanza desiderio di arricchirsi per mezzo del lavoro e del risparmio. Regna una inattività generale». Era il 1868, il Paese ancora in fasce, e lo statista, politico e scienziato di Mosso si preparava al terzo mandato da Ministro delle Finanze del Regno d’italia. Biella oggi come allora era ed è una provincia operosa, a trazione industriale e a vocazione tecnologica, più vicina a tante contee inglesi che a province italiane. Eppure quella spinta innovativa che creava «lavoro e risparmio», banche e aziende di filati, ora sembra fermarsi nel perimetro della grandi aziende senza diffondersi troppo tra le nuove leve. Secondo l’ultimo report del Mise sulle startup innovative, il biellese ne ospita appena 32, la metà di quelle di Pordenone, un quinto di Pisa, 5 in più rispetto a Trapani. E non consola che i coraggiosi 32 startupper rappresentino più del 5% delle nuove società biellesi. In Piemonte oggi c’è «abbastanza» desiderio di arricchirsi con il risparmio, ma in pochi investono quei denari per creare benessere attraverso lavoro e tecnologia.