Sacra di San Michele candidata all’unesco Siamo all’ultima fase
Da simbolo piemontese, la Sacra di San Michele si prepara a diventare patrimonio dell’umanità entro due anni. L’iter della sua candidatura, insieme ad altri sette monasteri benedettini italiani, è partito nel 2016 ed è arrivato all’ultimo step della procedura. «Manca la redazione del piano di gestione, un articolato e complesso documento che andrà a illustrare i meccanismi di protezione e valorizzazione dell’abbazia, implementandoli e monitorandoli periodicamente», riferisce alla conferenza stampa di ieri Giulio Mondini professore del Politecnico di Torino incaricato del piano. Per volata finale della Sacra a Parigi, la squadra si allarga: accanto al Politecnico si affianca infatti la Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino che, dopo aver stipulato un primo accordo di collaborazione con l’ateneo, presto si impegnerà nel rinnovo del protocollo d’intesa fra i due enti. Ma a sostenere la Sacra di San Michele, che National Geographic ha già inserito tra i 22 luoghi sacri più suggestivi d’europa, scendono in campo anche tanti sponsor: imprenditori, amministrazioni, cittadini e associazioni del Piemonte. Il sito seriale «Early benedictine settlements in Italy» che si candiderà a diventare patrimonio dell’umanità è composto da 8 insediamenti benedettini medievali che toccano sei regioni italiane: il complesso benedettino di Subiaco (Lazio), il cenobio di Montecassino (Lazio), l’abbazia di San Vincenzo a Volturno (Molise), la chiesa di San Pietro al monte (Lombardia), il complesso di San Vittore alle chiuse di Genga (Marche), l’abbazia di San’angelo in formis
«È importante che la Sacra non resti un atollo, ma che si leghi al territorio»
(Campania), quella di Santa Maria in farfa (Lazio) e ovviamente la Sacra di San Michele (Piemonte). Tutti siti benedettini scelti tra oltre 160. Come ricorda il professore Enrico Moncalvo, referente scientifico della candidatura: «È importante che la Sacra non resti un atollo, ma che si leghi al territorio. I commissari Unesco, quando arriveranno a fare le loro ispezioni, andranno fra i residenti e i commercianti per capire quanto l’abbazia sia parte della cultura del territorio».