Corriere Torino

«I miei guardiani, simbolo d’illusione»

Dopo le sculture in bronzo esposte sulla Highline di New York, Nina Beier porta i suoi leoni sulla Pista del Lingotto: «Rovesciati, saranno ciotole per uccelli selvatici»

- Alessandro Martini Maurizio Francescon­i

In alto lo «scrigno» di Renzo Piano per la collezione Agnelli, tutt’intorno la città, la sua architettu­ra, la collina e il Po, le montagne sullo sfondo. La Pista 500 del Lingotto, un tempo destinata al collaudo delle auto prodotte ai piani sottostant­i e oggi «giardino pensile» di grande suggestion­e (con oltre 40 mila piante a 28 metri di altezza), è sempre più un luogo per l’arte contempora­nea. Con il suo nuovo progetto di opere all’aperto, Sarah Cosulich, neodirettr­ice della Pinacoteca Agnelli, propone sette installazi­oni artistiche e ambientali (sculture, opere video e sonore...) firmate da grandi nomi dell’arte di oggi come Sylvie Fleury, Shilpa Gupta, Louise Lawler, Marck Leckey, Cally Spooner e Valie Export. Nina Beier (Danimarca, 1975) presenta l’opera The Guardians.

Beier, chi sono i suoi «guardiani»?

«I leoni guardiani sono un simbolo di territoria­lità e autorità, un simbolo di potere e, forse, soprattutt­o una testimonia­nza dell’illusione umana del dominio sulla natura. L’installazi­one alla Pinacoteca gioca con ciò che accade quando un leone custode lascia il suo posto designato all’ingresso di un edificio. Quando perde il suo status e non è più ornamento, ma si anima come nella rappresent­azione scultorea di un branco di leoni selvaggi. Questi pesanti leoni marmorei giacciono rovesciati e fungono da ciotole per il cibo per gli uccelli selvatici che vengono attirati sulla pista».

Che cosa la affascina dei leoni?

«Per me è interessan­te riflettere sul viaggio attraverso i diversi significat­i che hanno assunto questi animali. Soprattutt­o da quando sono prodotti principalm­ente in Cina, hanno subito una mutazione estetica, ora più naturalist­ica e con alcuni caratteri “Disneyfica­ti” come i riflessi scolpiti nelle pupille. In Europa, i leoni guardiani anticament­e delimitava­no gli ingressi delle istituzion­i pubbliche, mentre oggi sono più comunement­e posti davanti alle abitazioni private. Hanno subito un declino di status, ma sono ancora custodi del potere».

Nelle sue opere spesso indaga la decontestu­alizzazion­e dei simboli culturali.

«Scavo nei codici culturali e nelle cose che trovo particolar­mente stratifica­te e contraddit­torie, mi interessa la loro produzione, commercio e utilizzo nel trascorrer­e del tempo. Sono attratta da oggetti che possiedono storie complicate, dalle parrucche di capelli umani ai sigari arrotolati a mano, ai tori meccanici. Più intricata e complessa è la storia dell’oggetto, più posso trarne qualcosa di interessan­te. Li raccolgo in “famiglie”, dopodiché posso iniziare a dialogapro­ducendo re con loro. È così che, molto prima di sapere come li avrei usati, ho iniziato a colleziona­re leoni guardiani di marmo. Ero affascinat­a dal fatto che fossero serviti come protezione contro gli spiriti maligni e come demarcazio­ne del confine tra coloro che sono dentro e coloro che sono fuori, letteralme­nte e metaforica­mente».

Prima la Highline a New York e ora la Pista. Sembra essere attirata dai luoghi sopraeleva­ti...

«È vero. Ho appena installato una fontana sull’highline dal titolo Women & Children,

un insieme di sculture in bronzo trovate in giro che variano dallo stile classico a quello moderno, tutte raffiguran­ti donne e bambini nudi. L’acqua scorre dai fori praticati nei loro occhi lacrime quasi da cartone animato. O forse l’acqua che esce da queste sculture materializ­za un campo visivo, restituend­o lo sguardo che li aveva oggettivat­i».

A che cosa sta lavorando ora?

«Tra i molti progetti, posso dirvi che abbiamo in programma di mettere in scena un lavoro insieme alla Pinacoteca Agnelli a novembre. Si intitola All Fours ed è una collaboraz­ione con l’artista Bob Kil che si esibirà con altri 4 ballerini attorno ai leoni, che saranno drappeggia­ti con tessuti domestici: dai tappetini da bagno agli asciugaman­i, agli stracci e alle coperte».

Madama sconta ancora le conseguenz­e dei due anni senza direttore, e per risollevar­ne le sorti non è sufficient­e la pur bella mostra Invito a Pompei che dall’apertura, il 7 aprile, ha racimolato (il dato risale al 20 luglio) poco più di 21 mila visitatori.

A complicare la situazione si aggiungono le precarie condizioni della sede della Gam: urgono interventi struttural­i sull’intero edificio, dai solai alle fondamenta, e pare pressoché inevitabil­e la chiusura totale. Chiusura beninteso temporanea, ma sappiamo bene quanti anni possa durare la «temporanei­tà» a Torino, se si tratta di musei. L’assessore Purchia vorrebbe che il cantiere procedesse per lotti separati, così da mantenere sempre aperte alcune sale, ma tecnicamen­te sembra difficile poterla accontenta­re. La questione è allo studio di architetti e ingegneri, un calendario dei lavori potrebbe essere pronto per l’autunno. E c’è un piano B: se sarà indispensa­bile chiudere, le opere della Gam non rimarranno nei depositi ma andranno in tournée con una serie di mostre itineranti in Italia e all’estero.

❞ In autunno con la Pinacoteca Agnelli metteremo in scena “All Fours”, insieme a Bob Kil e altri 4 ballerini: danzeranno attorno ai leoni “vestiti” con tessuti domestici

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The Guardians, composta da cinque leoni monumental­i, è stata commission­ata dalla Pinacoteca Agnelli per la Pista 500 del Lingotto
L’opera The Guardians, composta da cinque leoni monumental­i, è stata commission­ata dalla Pinacoteca Agnelli per la Pista 500 del Lingotto

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