La Torino che usa e (non) getta La seconda vita di abiti, elettrodomestici e pc
L’economima circolare dove i rifiuti non esistono
«Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto». Da anni, il mantra di ambientalisti e sostenitori dell’economia circolare, ispirata al ciclo della natura che non butta via niente ma riconverte tutto, è sempre lo stesso. Nella sua essenzialità, da consumatori non può che spaventarci perché tutti noi sappiamo quanto sia difficile non doversi liberare di niente. L’alternativa però c’è: se proprio non si può fare a meno di produrli, i rifiuti devo essere riusati, riciclati o riprogettati.
A Torino, prima in Italia per livelli di inquinamento ma meno «brillante» di tanti altri comuni nella classifica della raccolta differenziata, si fa strada un’altra città: quella circolare. Una filiera del riuso che — dalle lavatrici alle minigonne — si ripromette di non gettare via niente e trova soluzioni per riusare tutto.
Partiamo dai vestiti. Oltre alla catena Humana vintage, che all’interno dei suoi tre negozi a Torino espone soltanto abiti usati per renderli, una volta venduti, progetti sociali all’estero e in Italia, ci sono anche i raccoglitori della Caritas e i mercatini dell’usato — primo fra tutti lo storico Balon — dove portare i vestiti che non usiamo più e dare loro una seconda vita. Nato a Manhatthan nel cuore pulsante dello shopping, dall’america arriva anche un altro modo per riciclare i vestiti: lo swap party.
Lo swapping, che letteralmente significa barattare, è l’ultima tendenza in fatto di moda che consente di fare shopping gratis e non sprecare. A Torino esistono tante community online in cui barattare i propri abiti direttamente davanti al pc, ma spesso capita anche che vengano organizzate delle vere e proprie feste in cui la parola d’ordine è una: il riuso.
Per i grandi elettrodomestici, invece, c’è l’azienda Rigeneration che accetta anche donazioni, esclusivamente dalla provincia di Torino. Lavatrici, frigoriferi, lavastoviglie e aspirapolveri: tutto può essere rigenerato, a patto che i prodotti abbiano un’età inferiore a dieci anni, non presentino evidenti segni di ruggine e siano stati in funzione fino a poco tempo prima della donazione.
Per gli oggetti «cit ma bun» in piemontese «piccoli ma buoni» interviene invece la cooperativa Triciclo che passa a raccogliere soprammobili, giocattoli, casalinghi, piccoli elettrodomestici, vasellame, pentole, libri, quadretti, vestiti e tutto quello che entra in una cassetta, in un «box».
L’adesione al progetto è gratuita e ha come unico limite quello di formare un gruppo di persone per riempire almeno 10 box per volta. Una volta ritirati, gli oggetti verranno selezionati dalla cooperativa, riparati e valutati prima di essere messi di nuovo in commercio. Inoltre, anche nel caso non siano più funzionanti, i prodotti verranno comunque smontati e utilizzati come parti di ricambio per effettuare nuove riparazioni.
Arrivando al cibo, al mercato di Porta Palazzo troviamo gli Ecomori, un gruppo di volontari tra cui profughi e richiedenti asilo, che ogni giorno si piazzano all’interno del mercato e fanno il loro lavoro antispreco.
Ogni giorno, dalle 13 alle 14, i volontari entrano in azione chiedendo ai commercianti del mercato il cibo in eccedenza. Una donazione, ma anche un’opportunità di riuso, aperta a tutti.