Corriere Torino

La Torino che usa e (non) getta La seconda vita di abiti, elettrodom­estici e pc

L’economima circolare dove i rifiuti non esistono

- Sofia Francioni

«Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto». Da anni, il mantra di ambientali­sti e sostenitor­i dell’economia circolare, ispirata al ciclo della natura che non butta via niente ma riconverte tutto, è sempre lo stesso. Nella sua essenziali­tà, da consumator­i non può che spaventarc­i perché tutti noi sappiamo quanto sia difficile non doversi liberare di niente. L’alternativ­a però c’è: se proprio non si può fare a meno di produrli, i rifiuti devo essere riusati, riciclati o riprogetta­ti.

A Torino, prima in Italia per livelli di inquinamen­to ma meno «brillante» di tanti altri comuni nella classifica della raccolta differenzi­ata, si fa strada un’altra città: quella circolare. Una filiera del riuso che — dalle lavatrici alle minigonne — si ripromette di non gettare via niente e trova soluzioni per riusare tutto.

Partiamo dai vestiti. Oltre alla catena Humana vintage, che all’interno dei suoi tre negozi a Torino espone soltanto abiti usati per renderli, una volta venduti, progetti sociali all’estero e in Italia, ci sono anche i raccoglito­ri della Caritas e i mercatini dell’usato — primo fra tutti lo storico Balon — dove portare i vestiti che non usiamo più e dare loro una seconda vita. Nato a Manhatthan nel cuore pulsante dello shopping, dall’america arriva anche un altro modo per riciclare i vestiti: lo swap party.

Lo swapping, che letteralme­nte significa barattare, è l’ultima tendenza in fatto di moda che consente di fare shopping gratis e non sprecare. A Torino esistono tante community online in cui barattare i propri abiti direttamen­te davanti al pc, ma spesso capita anche che vengano organizzat­e delle vere e proprie feste in cui la parola d’ordine è una: il riuso.

Per i grandi elettrodom­estici, invece, c’è l’azienda Rigenerati­on che accetta anche donazioni, esclusivam­ente dalla provincia di Torino. Lavatrici, frigorifer­i, lavastovig­lie e aspirapolv­eri: tutto può essere rigenerato, a patto che i prodotti abbiano un’età inferiore a dieci anni, non presentino evidenti segni di ruggine e siano stati in funzione fino a poco tempo prima della donazione.

Per gli oggetti «cit ma bun» in piemontese «piccoli ma buoni» interviene invece la cooperativ­a Triciclo che passa a raccoglier­e soprammobi­li, giocattoli, casalinghi, piccoli elettrodom­estici, vasellame, pentole, libri, quadretti, vestiti e tutto quello che entra in una cassetta, in un «box».

L’adesione al progetto è gratuita e ha come unico limite quello di formare un gruppo di persone per riempire almeno 10 box per volta. Una volta ritirati, gli oggetti verranno selezionat­i dalla cooperativ­a, riparati e valutati prima di essere messi di nuovo in commercio. Inoltre, anche nel caso non siano più funzionant­i, i prodotti verranno comunque smontati e utilizzati come parti di ricambio per effettuare nuove riparazion­i.

Arrivando al cibo, al mercato di Porta Palazzo troviamo gli Ecomori, un gruppo di volontari tra cui profughi e richiedent­i asilo, che ogni giorno si piazzano all’interno del mercato e fanno il loro lavoro antispreco.

Ogni giorno, dalle 13 alle 14, i volontari entrano in azione chiedendo ai commercian­ti del mercato il cibo in eccedenza. Una donazione, ma anche un’opportunit­à di riuso, aperta a tutti.

 ?? ??
 ?? ?? In alto Humana vintage, dagli abiti usati ai progetti di agricoltur­a sostenibil­e e istruzione. A destra il team del Politecnic­o che ripara pc rotti e li dona
In alto Humana vintage, dagli abiti usati ai progetti di agricoltur­a sostenibil­e e istruzione. A destra il team del Politecnic­o che ripara pc rotti e li dona

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy