Con Amosphère, l’elettronica è meditazione
Ha scelto l’ultima stanza della mostra Il grande Vuoto, Amosphère, per il suo concerto di questa sera al Mao. Tra le immagini dei «tulku», le fotografie di buddha viventi provenienti dalla collezione di Paola Pini, la giovane compositrice cinese proporrà un viaggio musicale che promette di esplorare un territorio dove le sonorità di vecchi sintetizzatori analogici incontrano la contemplazione e la meditazione, spingendosi fino ad accarezzare il concetto buddhista che dà il nome alla mostra che ospita la performance.
Artista ancora poco conosciuta, rivelata al pubblico nel 2019 da un festival curato a Londra da Laurel Halo, Amosphère ha pubblicato il suo primo album a novembre. More die of heartbreak è un disco molto meno minaccioso di quanto non suonino la morte e il crepacuore nel suo titolo: brani come Celestial, Anti-insomnia e Melting a Piece of Cadmium sono costruiti su un’elettronica gentile, minimale, dal cuore analogico e dal respiro contemporaneo, che sembra quasi invocare l’ascolto a occhi chiusi.
Nata in Cina, vissuta in Giappone e oggi residente a Parigi, di formazione classica al pianoforte ma con evidenti legami con pioniere della musica elettronica del Novecento come Éliane Radigue e Delia Derbyshire, per spiegare la provenienza dei suoi tappeti sonori Amosphère aggiunge ulteriori elementi d’ispirazione: dalla musica tradizionale cinese alle atmosfere di film come Solaris del regista russo Andrej Tarkovskij.
La sua performance inizierà alle 18.30 e riempirà la terza casella nel calendario del «public program» che Chiara Lee, Freddie Murphy e il direttore del Museo d’arte orientale Davide Quadrio hanno compilato per affiancare possibili dimensioni musicali all’esposizione Il grande vuoto. Prima di lei, erano passate dal Mao la dj coreana Yeong Die e la cantante giapponese Hatis Noit (che aveva scelto di esibirsi sullo scalone d’ingresso). I prossimi appuntamenti saranno il 13 luglio con la meditazione ambient poetica della cinese Li Yilei e il 4 settembre con le percussioni giapponesi taiko del collettivo Kyoshindo.
Il biglietto costa 15 euro, la prenotazione è obbligatoria, scrivendo a eventimao@fondazionetorinomusei.it.
L’artista ha scelto di esibirsi nell’ultima stanza della mostra, tra i tulku di Paola Pini