«Porto sul palco l’odio, illusoria idea di libertà»
Io odio. Apologia di un bulloskin. Va in scena questa sera al Teatro Gobetti, per la rassegna Summer Plays 2022, una pièce che si presenta molto dura. La drammaturgia è di Valentina Diana, l’ideazione e la regia di Maurizio Bàbuin. In scena salirà Luca Serra, luci e suoni sono di Nicola Rosboch, le scene di Marco Ferrero, i video sono di Fabio Melotti. La produzione è di Santibriganti Teatro. Si tratta della prima parte di una trilogia sul male. Il progetto è nato a partire da alcune riflessioni sulle devianze protocriminali e sui loro sviluppi che spesso sorgono in età adolescenziale. L’intento è quello di indagare la nascita e lo sviluppo del male, che è soprattutto maschio. O, meglio: «Il male è alla portata di tutti, non solo maschio. Mi verrebbe da dire che il male è di chi non lo ripudia» sottolinea Valentina Diana. Resta comunque spropositato il divario, come da note di produzione, perché per una donna che si macchia, ci sono cento uomini che delinquono, feriscono, violentano, uccidono, denigrano. Di molti fatti veniamo a conoscenza, della maggioranza restiamo ignari.
«Io odio» è un’affermazione molto forte, scaturita dal regista, che idealmente titola l’intera trilogia (di cui per ora c’è questo primo capitolo, forse l’anno prossimo si potrà vedere il secondo mostro). «Considero l’odio un ottimo strumento — continua Diana — è quasi una droga, per dare alla gente un’illusoria idea di libertà. Odiare rende illusoriamente liberi». Bulloskin (trattasi di una sincresi) indaga il maschio feroce e padrone, votato alla lotta in modo ancestrale. La seconda parte affronterà la pedofilia: Amobambini — confessione e preghiera; la terza indagherà la violenza nei confronti delle donne: Sei solo mia — quello che ho fatto per lei.
Valentina Diana, oltre che drammaturga, è anche attrice e scrittrice (pubblica con Einaudi). «Scrivere per il teatro è per me un lavoro molto inconscio, di evocazione di voci e di visioni. La letteratura nasce nello stesso modo ma impone, credo, un passo indietro. Quando scrivo per il teatro non racconto di me. Ma i personaggi abitano a casa mia, dicono la loro su tutto, sono molto invadenti. Questa è stata una convivenza impegnativa, ci è mancato poco che il protagonista mi sbattesse fuori casa». E noia la darà anche al pubblico, «un piccolo fastidio, una piccola paura che queste parole esistano nella realtà».
«Apologia di un bulloskin» è il primo capitolo dello spettacolo