Nelle stazioni cabine per incidere la voce sui dischi. Lele Roma li recupera
fino al soffitto, gli scaffali dell’appartamento al terzo piano di via Bardonecchia. Eppure, basta farlo girare sotto la puntina per scoprire la sua particolarità. Il fruscio e il rumore gracchiante lasciano lo spazio a un messaggio d’amore: «Questo è il periodo più bello della mia vita. Perché posso dire che ti amo...».
Quasi trent’anni fa un amico gli raccontò di questi strani vinili duri come il marmo e di qualità economica, grandi 5 pollici e registrati da un solo lato. Da allora Lele Roma non ha mai smesso di cercarli per collezionarli e salvarli dalla discarica. «Negli anni Sessanta e all’inizio dei Settanta, nelle piccole e grandi stazioni come quella di Porta Nuova, ma mi dicono che c’era anche nella galleria tra piazza Bodoni e corso Vittorio, esistevano delle cabine, simili a quella delle fototessere di oggi, dove si poteva registrare la propria voce. Per i giovani di quel periodo, quando andare in sala di incisione era un vero lusso, quei baracchini offrivano l’occasione per realizzare il sogno di stampare un vinile con una canzone». Con 300 lire, o un prezzo simile, quella strana macchinetta permetteva di produrre un disco di una decina di centimetri. Tanti aspiranti musicisti degli anni Settanta, parliamo di cantanti beat o rock prog, si infilavano con gli strumenti all’interno delle cabine sperando nel successo.
«Per anni, ho mostrato nei miei spettacoli una semplice foto della cabina perché questi dischi sembravano introvabili — spiega il dj ideatore dei talk Flashback Sofà —. Eppure, i vinili “auto registrati” sono una pagina importante nella carriera di tanti artisti famosi».
Il primo che viene in mente è sua maestà Elvis Presley. «Il re del rock ‘n’ roll ne incise uno nel 1954 per fare un regalo alla mamma — racconta Roma —. E grazie a quello che Sam Phillips della Sun Records notò la sua voce e diede avvio al suo incredibile successo». Non è il solo. Franco Battiato raccontò che registrò
per mandarla ai produttori, accompagnato dalla chitarra acustica, grazie alla macchinetta dei vinili alla stazione di Milano nei primi anni Settanta. «Anche il gruppo torinese No Strange , da adolescenti quando si chiamavano in un altro modo e non avevano firmato per la Toast Record, incisero le loro prime canzoni così».
Eppure, queste baracchini sono nati per un altro motivo: