Corriere Torino

Quella vecchina dimenticat­a tra il barbecue e i leoncini

- Ciape.

Direttore carissimo, la sua Annina che le presenta un mini raccontino dell’amico scrittore della nonna questa settimana non di grandissim­o umore, ma ci tiene tanto a condivider­e con lei i suoi appunti, eccolo: «Padre Georg Gänswein pubblica un velenoso libro sul Vaticano, il Principe Harry pubblica un velenoso libro sulla sua famiglia e anch’io pubblico le mie velenose impression­i sulle villette delle Langhe, pronto, se l’articolo interessa, a pubblicare un intero libro sulle nefandezze edili di tutta Italia. Dunque, nel paesuccio dove abito, su un delizioso cucuzzolo con ampia vista sulle valli, si vede in lontananza pure l’amato Monviso, c’è una commovente casetta di pietra molto antica a due piani, piccolina. Sul davanti verso la valle c’è ancora il fantasma di una topia col mozzicone di una vite, i segni di un minimo orto, il frammento di un camino che spunta dal tetto di Un incanto agreste lasciato lì a morire, obliato da almeno sessant’anni. Uno pensa passandogl­i accanto, ci andavo spesso col mio cane, che è un punto difficile da raggiunger­e nascosto com’è da una selva di noccioli selvatici e faggi ultracente­nari, eppure c’è persino una stradina asfaltata che porta lassù e si ferma in pratica di lato alla casuccia. Chissà come mai il Comune ha pensato di asfaltare un luogo così. La risposta è semplice, dietro alla casuccia ce ne sono altre tre già un po’ più grandine, con recinzioni fra le più fantasiose, una persino col cancello sormontato da due fieri leoni in cemento. L’avanzo di un viale signorile? Una proprietà di qualche valore storico persa sul bricco? Macché, cancello e leoni sono lì a guardia di una villetta con l’intonaco di un bell’arancione vivo da quale fuoriescon­o brandelli di finti mattoni sagomati. Ma pensa, uno si dice ammirando la vasta spianata di cemento e blocchetti che introduce al portoncino di vera imitazione di massello che sarà costato una fortuna al gongolante proprietar­io riuscito così a farsi invidiare da tutto il borghetto. Si notano anche vari esemplari di vegetazion­e autoctona, soprattutt­o una curatissim­a, altissima siepe di tuja perfetta per celare altri più preziosi giardinett­i, nel caso uno roccioso, imponente con tanto di anfore storte e ammirevoli giochi d’acqua. Nanetti? Biancaneve? Mannò, ormai non usano più! Piuttosto altri leonicini, persino una pantera accanto all’immancabil­e barbecue in laterizio (e giù altri mattoni in questa zona dove la fornace più vicina è a 50 chilometri). La cosa più straordina­ria però è la ripidissim­a scala esterna che dal pian terreno conduce al primo piano raggiungen­do uno smilzo terrazzino con ringhiera bombata in stile spagnolo. Si era, quando l’ho notata, a metà ottobre, clima ancora piacevole ma non proprio estivo. Porte e finestre della casa erano chiuse, così le tapparelle, evidenteme­nte la stagione della vacanza era finita. Eppure sul balconcino c’era una vecchietta intabarrat­a che mi guardava passare. Mi ero chiesto cosa ci faceva lassù e l’avevo salutata chiedendog­lielo: “Eh, aspetto mio figlio da Genova che viene a prendermi”. Per un attimo ho avuto l’immagine di un distratto signore dimentico della mamma sul balcone pensando che mai la vecchietta sarebbe riuscita a scendere da sola quella maledetta scala. Mi dispiace non averla raggiunta e portata in salvo, l’ultima volta che sono salito lassù non c’era più».

Gianni Farinetti

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