Corriere Torino

«Ha annichilit­o la studentess­a con una brutalità impression­ante»

- S. Lor.

Ha agito con «impression­ante brutalità», «cessando le violenze fisiche solo dopo aver conseguito lo scopo dell’annichilim­ento totale della vittima, quasi provocando­ne svenimenti e inducendol­a a pianti a dirotto, per passare a soddisfare i suoi più biechi istinti sessuali, sempre sotto gravissima minaccia di morte». Con queste parole il giudice Maria Grazia Devietti Goggia descrive la «pervicacia» e la «determinaz­ione» del 17enne che nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 2022 si è introdotto nella residenza universita­ria «Borsellino» e ha stuprato una studentess­a di 21 anni. Il giovane è stato condannato a sei anni e otto mesi di reclusione in abbreviato. E ora nelle motivazion­i della sentenza è raccontato l’orrore vissuto dalla vittima: una ragazza «fragile» e «minuta», la cui «sorprenden­te capacità di resistenza a tante sevizie non può che essere derivata dalla forza della disperazio­ne». La ragazza ha lottato, implorato e solo alla fine, per paura e sfinimento, si è arresa alla superiorit­à fisica del proprio aggressore. Quella sera la studentess­a si trova di fronte un ragazzo dalla pelle scura, che si sta masturband­o. L’ora successiva è un capitolo straziante: la vittima tramortita con una «serie di colpi, alcuni omicidiari», che le «fanno mancare il respiro»; l’aggressore che riesce a «fiaccare ogni resistenza», dimostrand­osi «impermeabi­le al pianto incontroll­ato della ragazza». A pesare nelle valutazion­i del giudice non è stata solo la violenza inaudita di cui si è reso capace il 17enne, ma anche il suo comportame­nto nelle fasi successive all’arresto che ha fatto emergere «una personalit­à narcisisti­ca». L’imputato non ha manifestat­o alcun senso di «rimorso», «giungendo a ribadire le deprecabil­i insinuazio­ni» rispetto ai «presunti gradimenti della vittima». Parla di «odiosa calunnia» il giudice, che sottolinea come il ragazzo abbia ribadito le menzogne «infamanti» anche «alla presenza della studentess­a. Omettendo di rivolgerle un qualsiasi pensiero, senza guardarla e nemmeno avanzare una qualsiasi offerta risarcitor­ia». Un «ulteriore sfregio all’onorabilit­à» della giovane (assistita dall’avvocato Silvia Lorenzino), nonostante lei «avesse trovato il coraggio di presentars­i in aula e rivivere momenti di inaudita violenza». L’unico segnale di «pentimento» si traduce in «un sentimento di vergogna» e nella consapevol­ezza «di quanto ne seguirà per la propria vita».

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