Domani, in Valle Gesso, si rinnova la tradizione perduta alla metà del ‘900
L’Orso è tornato. Non tanto in carne e ossa quanto come protagonista del rito antico di carnevali occitani che dalle nostre Alpi arrivano fino ai Pirenei. Celebrazioni di origine antichissima, legate ai riti agrari e alla riscoperta del selvatico e della sua capacità di predire il risveglio della terra a primavera e l’andamento dell’annata. Ecco perché proprio l’orso: perché va in letargo, come la natura, e si risveglia ai primi di febbraio, quando compare la luna invernale. Ed è secondo la posizione della luna che l’orso decide se continuare a dormire, perché la primavera è ancora lontana, o uscire dal letargo. I contadini occitani seguivano proprio quel messaggio-simbolico.
E visto che l’orso vive in uno stato di quasi-morte stagionale e poi risorge, suscitando una certa apprensione nelle comunità rurali, ecco il rito di travestirsi «da orso»: per impadronirsi della forza dell’animale selvatico, sconfiggerlo e con lui sconfiggere anche le proprie paure.
Messaggio oggi più attuale che mai, e così si saluta il ritorno scaramantico nei riti delle valli alpine di orsi di pelli e pellicce (di capra o di pecora), piume (di oca o di gallina), paglia, segale e meliga, persino ricci di castagne. Un orso-feticcio che va in giro per le vie del paese a raccogliere cibo e vino, viene catturato dal domatore e portato in catene per le strade.
Uno dei carnevali alpini più interessanti, recuperato grazie alla memoria degli anziani, al supporto di tutta la comunità delle Aree Protette Alpi Marittime e dell’ Ecomuseo
della Segale, è il Carnevale Alpino dell’orso di Segale di Valdieri, in Valle Gesso, nel Cuneese. Una tradizione che si era perduta alla metà del ‘900 : e proprio quest’anno si celebrano i vent’anni del ritorno dell’orso, rituale ricostruito soprattutto grazie alla testimonianza dell’ultimo Orso del dopoguerra, Bernardino Giraudo detto Din dal Papa. Insieme all’orso con il suo costume di segale e il volto annerito, ci sono il Domatore, la Quaresima, l’unica donna che balla con lui e sa renderlo tranquillo, i frà — finti frati — che lanciano frecciatine in dialetto ai valdieresi, i piccoli peroulíer, i magnin, ovvero gli stagnini, volto nero di fuliggine che sbattono pentole e coperchi. E quest’anno gran ritorno delle Fantine, tre ragazze da sposare, con la loro canzone La pouma d’amour, riproposta dopo quasi 60 anni, grazie a un paziente lavoro sui ricordi degli anziani e su ricerche linguistiche coordinate dall’ecomuseo della Segale e dall’associazione Espaci Occitan.
L’appuntamento con l’orso di Segale è domani, 4 febbraio, con corollario di mercatino di prodotti tipici e artigianali, storie e angoli segreti da scoprire con una Guida del Parco, la mostra della Necropoli da visitare insieme a un archeologo, gli immancabili gnocchi cucinati dalla Proloco: tutte attività gratuite. Intorno alle 14, l’orso di Segale irrompe in piazza e sarà compito del Domatore, aiutato da peroulìer e frà, metterlo in catene e condurlo dalla bella Quaresima. L’orso emette ringhi minacciosi, insolentisce le donne e alla fine sparisce misteriosamente, mentre brucia simbolicamente il suo fantoccio di paglia di segale, il Ciciu ‘d paia. E tutti gustano i biscotti dell’orso di Segale fatti a mano a Sant’anna di Valdieri da Cinzia Chiambretto della locanda alpina Balma Meris e ispirati al mito dell’orso lunare. Insomma l’orso sta recuperando terreno nei miti e nei riti delle vallate di montagna. Naturalmente il senso della festa è cambiato: nella Valdieri contadina, l’orso profeta annunciava la fine dell’inverno, oggi il valore del Carnevale è quello di una comunità che si riunisce e si ritrova.
Una curiosità: durante il Ventennio anche l’innocuo plantigrado impagliato era considerato un pericoloso sovversivo ed era stato messo al bando delle leggi fasciste con un provvedimento della regia questura di Cuneo del 28 gennaio 1931.