La prima di Manon a NY, Ciaparelli canta e incanta
La soprano novarese e l’opera di Puccini diretta dal torinese Arturo Vigna, caricaturizzato dal marito della stessa Gina
Quella tarda mattinata del 18 gennaio del 1907, Giacomo Puccini era molto irritato per il ritardo del suo arrivo a New York con la moglie Elvira. La sera di quel giorno si rappresentava Manon Lescaut, la sua opera.
Sbarcato dal piroscafo Kaiserin Auguste Victoria proveniente da Amburgo lo aspettavano al molo Giovanni Viafora autore di celebri caricature e sua moglie Gina Ciaparelli, soprano. Quest’ultima tranquillizzò il compositore. Enrico Caruso suo amico l’aveva pregata di accompagnare il maestro lucchese in albergo ma Puccini aveva insistito per portarlo direttamente al Metropolitan Opera dove Caruso, appunto con Lina Cavalieri nel ruolo della protagonista e il baritono napoletano Antonio Scotti, stavano provando poche ore prima dell’esordio di quella freddissima sera col direttore d’orchestra torinese Arturo Vigna.
Era la prima assoluta negli Stati Uniti e Puccini era preoccupato per verificare la messa in scena di un’opera, comunque collaudata dal successo al Teatro Regio di Torino, risalente al 1° febbraio 1893. Chi erano questi italiani gentili arrivati al Porto di New York sbrigando a tempo di record le pratiche doganali molto rigide soprattutto con gli immigrati italiani?
Gianni e Gina si erano stabiliti a New York dal 1899. Teresa, vezzeggiativo di Gigetta detta Gina, apparteneva ad un’agiata famiglia di Novara. Nata nel 1881 da Caterina Piazza e Carlo Alberto ingegnere, Teresa aveva vissuto un’adolescenza piena di restrizioni che non si confacevano al suo spirito ribelle contrariamente alla sorella Vittoria più remissiva.
Gina era una ragazza prodigio suonava il piano e aveva studiato canto al Conservatorio Santa Cecilia di Roma con
Stanislao Falchi che favorì l’esordio del giovane soprano quattordicenne al teatro Nuova Fenice di Osimo (Ancona) nella Carmen di Bizet.
Durante la recita fu notata tra il pubblico da uno spiantato calabrese senza buone referenze. Per esempio, all’ultimo anno del liceo classico Telesio di Cosenza, il ribelle era stato cacciato da tutte le scuole del Regno per avere scagliato un calamaio al professore di storia dell’arte. Gianni scrisse lettere segrete e ardenti a Gina che ricambiò.
Era sbocciato l’amore ma Carlo Alberto impose il divieto di frequentarsi essendo la figlia minorenne e nove anni più giovane dello spasimante.
Gina minacciò il babbo di uccidersi e la mamma Caterina parlò al marito con molta decisione per quei tempi. Per evitare lo scandalo il matrimonio sì celebrò quasi di nascosto a Roma nel 1899 e gli sposini si imbarcarono per l’america. Gianni aveva a New York il fratello Oreste fotografo e le referenze di un compaesano l’ingegner Giovanni Broccoli futuro padre di Albert, fortunato produttore della serie cinematografica degli 007 iniziata con Sean Connery.
Grazie a Broccoli, Gianni entrò come autista in una piccola azienda che produceva i rulli per le riproduzioni fonografiche. Gina dopo una serie di audizione fu reclutata da un teatro d’opera. Il marito riuscì ad ottenere per la moglie una serie di registrazioni di arie d’opera di cui si conserva ancora oggi la sua voce squillante. Gianni disegnava le caricature di cantanti e direttori d’orchestra importanti durante le prove.
Nel 1903 Gina e Gianni conobbero Enrico Caruso. Si conserva al Museo del Teatro alla Scala un suo autografo di richiesta di aiuto a Gianni Viafora. La polizia di New York lo aveva arrestato come sospetto guappo napoletano. Gianni si rivolse al suo amico poliziotto Joe Petrosino che lo liberò con tante scuse. Nel 1910 Gina registrò con Caruso, Farrar e Scotti, il quartetto della Bohème nel ruolo di Musetta. Lei era una eccellente insegnante di musica. Tra le sue allieve Evelyn Herbert futura diva del musical. In quel febbraio del 1907 al momento della partenza con il piroscafo per l’europa, Gianni Viafora convinse il maestro lucchese a portarlo negli studi della Columbia di New York.
Viafora direttore della casa fonografica organizzò la registrazione con il tecnico del suono Emerson. Salutò Puccini con eloquio d’annunziano lo invitò a dire due parole.
Il Maestro ringraziò tutti con emozione e poi la parola alla moglie Elvira. Forse questa è l’unica registrazione della voce di Puccini chiosata dall’evviva, evviva finale di Gina, grande cuore piemontese.
Nata nel 1881, di famiglia agiata, aveva studiato canto al Conservatorio