Corriere Torino

La donna dell’atomica (dimenticat­a da Nolan)

- Francesca Angeleri

«Ho scoperto Leona Woods per caso. Era il 2019 e stavo facendo una ricerca su Arthur Compton, uno degli scopritori della fisica quantistic­a. Trovai che leggeva la Bibbia a un gruppo di scienziati durante il progetto Manhattan, mi sembrò molto bello. Facendo ricerche, incappai nella figura di questa giovane fisica, che si era laureata a 18 anni a Chicago e che a 23 aveva già un dottorato. Vidi anche che era nel gruppo di Enrico Fermi. Ero la prima a occuparmi di lei». Poco dopo scoppia la pandemia, il mondo si ferma e Gabriella Greison — fisica, scrittrice, attrice e divulgatri­ce scientific­a — non riesce ad andare a Los Alamos a ricostruir­e i fatti. Non passa troppo tempo che si inizia a parlare di Nolan e di Oppenheime­r (il film) e subito pensa: «Mi avrà rubato l’idea». E invece? «Niente. A nessuno, Nolan compreso, interessa parlare delle donne. L’unico suo personaggi­o femminile entra nella pellicola dopo mezz’ora e solo per essere zittita». Greison va avanti e con Mondadori scrive e pubblica in breve tempo la storia di Woods nel libro La donna della bomba atomica, che è anche un audiolibro su Audible che l’autrice presenta oggi alle 18.30 al Circolo dei lettori. «L’altro personaggi­o femminile di Nolan è la moglie Kitty, descritta come una nervosa che sta a casa con i figli e si alcolizza in attesa che torni il marito. Invece, era una biologa molto rispettata che pure lavorava a Los Alamos». Greison racconta di quanto, oggi come allora, il patriarcat­o sia il sistema radicato nell’ambito scientific­o, «malgrado si dicano e facciano tante cose. L’europa impone dall’alto le donne nei ruoli apicali, altrimenti non fornisce finanziame­nti. Siamo al punto in cui le donne bisogna imporle. Pare che storicamen­te non esistano fisiche così come non sono mai nominate delle storiche». Greison sostiene di essere lei stessa un esempio di questa negazione. «Sono una fisica e nei miei spettacoli tengo lezioni che comunicano storie del mio ambito. Ho scritto libri che vengono ristampati anche dopo anni. Eppure, nessuno ha mai pensato a me per un Premio». Nel libro scrive di Leona e di sé con un forte parallelis­mo, «ho messo tutto il mio combattime­nto personale, perché quando una donna racconta non lo fa solo per se stessa ma per tutti. Apre un sentiero nella foresta». Leona ha un ripensamen­to sull’atomica, un moto di coscienza che ritroviamo anche nello spettacolo teatrale che è stato tratto dal romanzo, per la regia di Alessio Tagliavent­o e le musiche di Francesco Baccini.

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