La donna dell’atomica (dimenticata da Nolan)
«Ho scoperto Leona Woods per caso. Era il 2019 e stavo facendo una ricerca su Arthur Compton, uno degli scopritori della fisica quantistica. Trovai che leggeva la Bibbia a un gruppo di scienziati durante il progetto Manhattan, mi sembrò molto bello. Facendo ricerche, incappai nella figura di questa giovane fisica, che si era laureata a 18 anni a Chicago e che a 23 aveva già un dottorato. Vidi anche che era nel gruppo di Enrico Fermi. Ero la prima a occuparmi di lei». Poco dopo scoppia la pandemia, il mondo si ferma e Gabriella Greison — fisica, scrittrice, attrice e divulgatrice scientifica — non riesce ad andare a Los Alamos a ricostruire i fatti. Non passa troppo tempo che si inizia a parlare di Nolan e di Oppenheimer (il film) e subito pensa: «Mi avrà rubato l’idea». E invece? «Niente. A nessuno, Nolan compreso, interessa parlare delle donne. L’unico suo personaggio femminile entra nella pellicola dopo mezz’ora e solo per essere zittita». Greison va avanti e con Mondadori scrive e pubblica in breve tempo la storia di Woods nel libro La donna della bomba atomica, che è anche un audiolibro su Audible che l’autrice presenta oggi alle 18.30 al Circolo dei lettori. «L’altro personaggio femminile di Nolan è la moglie Kitty, descritta come una nervosa che sta a casa con i figli e si alcolizza in attesa che torni il marito. Invece, era una biologa molto rispettata che pure lavorava a Los Alamos». Greison racconta di quanto, oggi come allora, il patriarcato sia il sistema radicato nell’ambito scientifico, «malgrado si dicano e facciano tante cose. L’europa impone dall’alto le donne nei ruoli apicali, altrimenti non fornisce finanziamenti. Siamo al punto in cui le donne bisogna imporle. Pare che storicamente non esistano fisiche così come non sono mai nominate delle storiche». Greison sostiene di essere lei stessa un esempio di questa negazione. «Sono una fisica e nei miei spettacoli tengo lezioni che comunicano storie del mio ambito. Ho scritto libri che vengono ristampati anche dopo anni. Eppure, nessuno ha mai pensato a me per un Premio». Nel libro scrive di Leona e di sé con un forte parallelismo, «ho messo tutto il mio combattimento personale, perché quando una donna racconta non lo fa solo per se stessa ma per tutti. Apre un sentiero nella foresta». Leona ha un ripensamento sull’atomica, un moto di coscienza che ritroviamo anche nello spettacolo teatrale che è stato tratto dal romanzo, per la regia di Alessio Tagliavento e le musiche di Francesco Baccini.