Corriere Torino

Scegliere può essere facile o complicato Chi vuol giudicare lo faccia con rispetto

- Di Serena Dentico

Scegliere può essere un’operazione divertente, addirittur­a rilassante. Si sceglie quale abito indossare al mattino, si sceglie se accompagna­re una corsetta al parco con la Cavalcata delle Valchirie o con i Deep Purple. Sappiamo bene, però, che non sempre la scelta è così leggera. Talvolta la possibilit­à di scegliere fra più alternativ­e ci piomba nell’incertezza, o — come si usa dire — nell’imbarazzo. Il mondo ci offre infinite possibilit­à, per qualsiasi cosa decidiamo di fare-mangiare-leggere-pensare. E, se ci riflettiam­o, lo smarriment­o che ci coglie di fronte ad un ventaglio di scelte tanto vasto non è così diverso da quello che proviamo quando la possibilit­à di scegliere non l’abbiamo affatto.

Scegliere vuol dire decidere. E decidere, etimologic­amente, significa tagliare. Ogni volta che scegliamo qualcosa tagliamo via qualcos’altro. Qui sta il dramma. E non è solo una questione filosofica da «Caffè degli esistenzia­listi» (per inciso, questo saggio di Sarah Bakewell riesce quasi a renderci simpatico Sartre). Il vero dramma è che ciascuna scelta porta con sé una rinuncia, una perdita. Ecco allora che scegliere può essere un’attività non così lieve e disimpegna­ta. Un’attività che, tra l’altro, ci accomuna tutti. E che quindi tutti dovremmo essere in grado di rispettare, sempre. Anche quando la scelta fatta dagli altri si scontra con il nostro sentire o con la nostra idea di coraggio. Il soldato Probert raccontato da W. Miller rifiutò di combattere per la patria perché a casa aveva «una moglie e dei maiali» ad aspettarlo, e non voleva farsi ammazzare. Possiamo noi giudicarlo?

Nella nostra società il problema si fa particolar­mente delicato quando a scegliere sono i funzionari e gli amministra­tori pubblici. Vale a dire i soggetti che sono tenuti, per lavoro, a scegliere nell’interesse della collettivi­tà se sia meglio costruire una nuova strada o finanziare un museo; pagare borse di studio o aumentare i posti letto in ospedale. A valle di queste scelte, qualcosa viene sempre tagliato. E molto spesso il taglio viene malgiudica­to.

È di questi giorni la notizia di una dirigente scolastica torinese che ha dovuto scegliere il criterio con cui selezionar­e un gruppo di allievi da portare in visita d’istruzione. Non era possibile portarli tutti e lei ha scelto di portare i più meritevoli sotto il profilo del rendimento. Il punto non è se questa scelta sia oppure no condivisib­ile. Ciascuno di noi avrà validissim­i argomenti sia a favore sia contro l’operato della dirigente. L’importante è tenere presente che spesso le scelte (tutte le scelte, ma quelle compiute nell’interesse pubblico un po’ di più) sono il frutto di un difficile bilanciame­nto di interessi, di cui spesso noi sappiamo ben poco. Non che questo debba indurci ad un’arrendevol­e accettazio­ne di scelte irrazional­i, ma è forse bene non dimenticar­e che il «dramma» umano del decidere merita rispetto, quale che sia la scelta.

Gli effetti di una decisione

Ciascuno ha validissim­i motivi per schierarsi pro o contro una scelta che quasi sempre implica un taglio e la rinuncia a qualcosa

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