Benini, front woman dell’equilibrio
Una premessa. Gli eroi sono quelli che salvano vite umane, i missionari di pace, chi mette da parte se stesso per il bene comune. Organizzare eventi culturali è un mestiere bellissimo, che ti permette di venire a contatto con persone molto interessanti, che affatica ma appaga, soprattutto se l’evento in questione è il Salone del Libro: non credo esista in Italia una kermesse più attesa, frequentata, amata da un pubblico davvero trasversale. Per una volta, dunque, non sono d’accordo con Gabriele Ferraris. che definisce Nicola
Lagioia un eroe: impossibile e disonesto non riconoscergli i tanti meriti, insieme all’attitudine a proporsi come front man, un uomo solo al comando, il Salone c’est moi, strategia messa a punto forse studiando la figura di José Mourinho, tanto vincente quanto logorante nel tenere sempre così alta l’asticella dell’attenzione. Bravo sicuro, divisivo altrettanto, soprattutto negli ultimi anni del mandato, quando si sono spesso verificati scontri di natura ideologica che in un contesto culturale dovrebbero essere evitati o quantomeno superati.
La neodirettrice Annalena Benini applica un metodo molto diverso e a mio avviso più contemporaneo che si chiama condivisione. Non ho sentito una sola persona, tra chi ha lavorato con lei, storcere il naso o porre qualche eccezione, chiunque le riconosce equilibrio, serenità, intelligenza. Non sarebbe una front woman? Ripensiamo alla cerimonia di inaugurazione: per oltre un’ora hanno parlato solo uomini, il più delle volte sprecando tempo in saluti e ringraziamenti che annoiano da morire. Quando tocca a lei, unica donna della mattinata esordisce con «Finalmente!», ovvero dai, ci siamo, godiamoci il Salone. Due minuti scarsi di discorso, quando altri avrebbero inchiodato la platea già stremata per un’altra mezz’ora. Senso dell’equilibrio e della misura, doti rare. Se la figura di Lagioia è disegnata con aggettivi militareschi — truppe, capopopolo, focoso, battaglia, naufragio, burrasca, vincitore, sconfitta — quella di Benini, che è donna e le donne non fanno le guerre, sarebbe l’opposto contrario, perché oggi al Salone non c’è più bisogno di eroi e basta gestire con intelligenza l’eredità del passato. Insomma, non è esattamente così. Il primo intervento decisivo e necessario è andato nella direzione di un maggior equilibrio, a cominciare dalla scelta dei consulenti per continuare con il programma dove i pesi sono meglio distribuiti rispetto all’anno scorso. In questi giorni, nonostante chi si lamenta, si respira un’aria di maggior democrazia, un sistema di governo in cui la direttrice crede preferendolo al regime oligarchico. Non è divisiva come è giusto sia chi dirige il Salone del libro, talora confuso con una sezione di partito. Quanto alla «cantilena del suo parlar corsivo», non ricordo una medesima osservazione sulla cadenza dialettale dei suoi predecessori maschi che a me, tra l’altro, scaldava assai meno il cuore rispetto all’oratoria soave e senza fronzoli di Benini.