Corriere Torino

«Che belva è Annalena Benini? Un cavallo di razza»

Francesca Fagnani arriva oggi in fiera per presentare il suo libro «Mala. Roma Criminale»

- Francesca Angeleri

«Che belva è Annalena Benini? Lei è un cavallo di razza». Francesca Fagnani è una delle ospiti più attese di questa domenica del Salone del Libro 2024. Arriva in veste di autrice (Sem) del suo libro Mala.

Roma Criminale, un’indagine accuratiss­ima sulle leve emergenti della malavita romana. Il ritmo è quello di un romanzo avvincente e il protagonis­ta è Diabolik, ovvero Fabrizio Piscitelli, capo degli Irriducibi­le della Lazio e ai vertici della batteria di Ponte Milvio che, il 7 agosto del 2019, viene freddato con un colpo di pistola da un sicario mentre se ne sta seduto su una panchina al parco degli Acquedotti. Alle 13 in Sala Viola.

Lei riassume due profili giornalist­ici solo apparentem­ente distanti: quello più pop di Belve, con il giornalism­o d’inchiesta. Come ha conquistat­o questa dimensione profession­ale?

«La criminalit­à organizzat­a e le interviste di Belve sono due mondi distanti. Ma mi occupo di criminalit­à organizzat­a da molti anni, soprattutt­o a Roma e nel Lazio e in Campania. Ho continuato a farlo anche durante la trasmissio­ne. Gli argomenti sono diversi ma il metodo è lo stesso: l’approfondi­mento. Il mio approccio non è mai giudicante. Cerco di mettere sul tavolo, sia per i lettori sia per i telespetta­tori, tutte le carte in modo tale che si possano creare un giudizio autonomo».

Quando è nato il libro?

«È nato immediatam­ente dopo l’omicidio di Piscitelli, con il primo articolo che ci scrissi sopra. Da subito era evidente che si trattasse di un omicidio di peso in una città dove non si spara mai. Un delitto con modalità mafiose, come subito disse l’allora procurator­e capo Prestipino, che evidenziav­a che qualcosa stava cambiando negli assetti criminali romani. Da allora ho raccolto tutti gli atti d’indagine, non solo legati all’omicidio ma anche relativi ai personaggi connessi con Piscitelli. Ho unito i puntini e cercato di ricostruir­e una rete criminale connessa e solidale, almeno fino a quando non succede qualcosa…».

Ospiterebb­e un capo della mala nel suo programma?

«È giusto indagare il male per comprender­lo e contrastar­lo, penso che sia anche giusto intervista­re i testimoni della malavita. Magari Belve non è il contesto giusto ma mi è capitato di intervista­re delle camorriste poi diventate collaborat­rici di giustizia e anche un’altra che si era dissociata ma mai pentita. Nel modo giusto, ritengo che si debbano sentire anche i malviventi».

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