Piazza CLN e la Dora
La prima è uno scherzo metafisico, una simmetria disarmante. Ma i torinesi le sono affezionati per via delle due fontane. Il fiume, riscoperto di recente dal cinema
«Voglio trovare un senso a questa storia /Anche se questa storia un senso non ce l’ha» (Un senso, Vasco Rossi, 2004). Una piazza speculare, una piazzetta, un crocevia trafficato di automobili in movimento e in parcheggio. Un’invenzione architettonica di raccordo per unire i due stili della nuova via Roma (1931-1937), per dare senso al retro delle due chiese gemelle eterozigote, San Carlo Borromeo e Santa Cristina. Uno scherzo metafisico. Una simmetria disarmante, una centralità assente. Piazza delle Due Chiese, poi piazza delle Due Fontane e poi nel dopoguerra, CLN, Cielleenne, acronimo di Comitato di Liberazione Nazionale. Nome dato dall’amministrazione torinese per far dimenticare le torture e le sevizie che avvenivano nell’albergo Nazionale prospicente, sede della Gestapo, durante l’occupazione tedesca. Oggi residenza di lusso. Brrr!
Ad affezionare i torinesi e i foresti al luogo, sono le due fontane con le statue marmoree datate 1937, allegorie antropomorfe. Il matrimonio tra il Po (dietro San Carlo) e la Dora (Riparia, dietro Santa Cristina) semplifica l’orgia di un’altra fontana, quella dei 12 Mesi (1898) al parco Valentino, dove i fiumi sono 4. Si aggiunge la coppia Sangone e Stura.
Il cinema scopre la piazza e le fontane negli anni ’70: Il
gatto a nove code (Dario Argento, 1971), Uccidere in silenzio (Giuseppe Rolando, 1972),
Profondo rosso (Dario Argento, 1975), Quelli della calibro 38 (Massimo Dallamano,
1976), Torino violenta (Carlo Ausino, 1977). È soprattutto Dario Argento a renderla famosa aggiungendo, nel secondo film, un elemento architettonico nuovo, con vetrine e insegna che illuminano la notte: il Blue Bar. Il riferimento al dipinto Nighthawks (falchi notturni / nottambuli) di Edward Hopper è esplicito. Torino v/s Chicago.
Il clima di paura e terrore dei titoli, il fascino dell’orrido, attira spettatori, si sa. La scena iniziale di Uccidere in silenzio però ci riporta ai problemi che i nostri fiumi stanno correndo da anni. Nei titoli di testa un bambino nudo innocente percorre il corso dalla sorgente incontaminata alla città inquinata per fermarsi sotto la statua della Dora. «Fiumi e città sono sempre andati a braccetto. Ma se a Torino il Po è il padre nobile, il patriarca, la Dora è la donna che ha lavorato». Il climatologo Luca Mercalli ha scritto recentemente su questo giornale che non si può parlare del Po senza prima rendere omaggio alla Dora Riparia che scende dalla Val di Susa e ha portato prosperità alla città. Nel film in primo piano il frutto che «Dora» dona simbolicamente al fanciullo. Architettura e cinema: confluenze, coincidenze, citazioni. Dopo venti anni di oblio, negli ultimi due decenni il cinema ha ripreso a frequentarla: Tandem (Lucio Pellegrini, 2000); Santa Maradona (Marco Ponti, 2001); La porta delle 7 stelle (Pasquale Pozzessere, 2005) Figli delle stelle (Lucio Pellegrini, 2010); Il principe dei Tarocchi (Mary Griggion, Salvatore Gatto, 2016); La vita possibile (Ivano De Matteo, 2016); The Broken Key (Louis Nero, 2017); Onirica (Luca Canale Brucculeri, 2019); Qué Hicimos Mal (Liliana Torres, 2021); Assassin Club (Camille Delamarre, 2022). La coproduzione spagnola messicana ha messo nel manifesto ufficiale l’immagine verticale della statua del Po tagliando una inquadratura del film, eliminando così le inferriate che a dirla tutta sono paurose e orribili.
Entrambe le statue non sono cambiate, anzi, due successivi restauri hanno restituito il loro originale candore e, finalmente, sono stati risolti i problemi di impermeabilizzazione e riciclo dell’acqua che hanno negli anni portato alla chiusura dei getti. Sono cambiati gli esercizi commerciali sotto i portici, molti sono chiusi, alcune perdite dolorose come la storica libreria Druetto. Una sorta di maledizione o forse probabilmente una cattiva gestione immobiliare.
Titoli di coda: Marcello Piacentini (l’architetto) - Umberto Baglioni (lo scultore) - Dario Argento (il regista) - Vasco Rossi (la citazione).
«Sai che cosa penso / Che se non ha un senso / Domani arriverà / Domani arriverà lo stesso».