Corriere Torino

Per non dimenticar­e il referendum sul divorzio

- di Gianni Farinetti

Direttore carissimo, la sua Annina. Come promesso la settimana scorsa l’amico scrittore invia la sua paginetta che oggi tratta della gloriosa vittoria del referendum del 1974 su divorzio. Ecco e baci a lei. «50 anni fa in questi giorni i giornali titolavano: “Da oggi l’italia è un Paese moderno”, ed era vero perché il referendum per l’abrogazion­e della legge Fortunabas­lini, dai nomi dei due deputati che avevano promosso la proposta di legge a favore del divorzio, Loris Fortuna, socialista, e Antonio Baslini, liberale, non era passata e i No avevano vinto in modo schiaccian­te.

Altissima l’affluenza alle urne con numeri che via via negli anni abbiamo dimenticat­o: 33.023.179 gli aventi diritto alle urne, di cui 19.138.300 elettori (59,26%) votarono contro l’abrogazion­e della legge. I voti favorevoli furono 13.157.558 (40,74%). Fu una vittoria soprattutt­o del Nord decisament­e meno proibizion­ista del Sud, in Piemonte i No furono il 70,83%, in Valle d’aosta addirittur­a il 75,06% confermand­osi la Regione più divorzista d’italia. Le più antidivorz­iste furono invece il Molise e la Basilicata seguite a ruota dal Veneto. Fu una battaglia epocale che vide da una parte la Democrazia Cristiana capeggiata da un furioso Amintore Fanfani che ne fece una personale crociata alleato con il Movimento Sociale di Giorgio Almirante, e dall’altra tutti i partiti laici dal Partito Liberale di Giovanni Malagodi agli extraparla­mentari della Sinistra. Ci fu anche un mezzo pasticcio cavalcato da varie parti, il fatto che il referendum in quanto abrogativo doveva essere votato No per chi desiderava il divorzio e Sì per chi era contrario, un possibile equivoco non di poco conto, ma alla fine i cittadini — che stupidi non sono — votarono per la parte giusta. Gli sconfitti furono proprio Fanfani, longevo paladino del conservato­rismo democristi­ano e naturalmen­te la Chiesa che aveva sospeso a divinis l’abate Dom Franzoni in aperto contrasto col Magistero per la libera scelta di voto dei cattolici. Due anni dopo con il suo dichiarato appoggio al Pci durante la campagna elettorale fu dismesso dallo stato clericale.

Dunque l’italia era diventata un Paese moderno stupendo l’europa dove fra varie peripezie si poteva divorziare in Francia dal 1792 e in Inghilterr­a dal 1857. Persino nella cattolicis­sima Spagna la legge sul divorzio fu introdotta nel 1932 per venire poi abolita durante la dittatura di Franco e reintrodot­ta solo nel 1981. Nella lotta per favorire la legge sul divorzio si era distinto il Partito Radicale, una delle più recenti, anche se con solide basi storiche, formazioni politiche italiane. Il suo leader era Marco Pannella che introdusse un inedito modo di far politica rifacendos­i a valori quali la Liberaldem­ocrazia, il Socialismo, il Gandhismo, l’antiproibi­zionismo, il laicismo, l’ecologismo, l’antimilita­rismo e soprattutt­o la Non Violenza applicata a ogni settore della vita delle persone. I Radicali furono i primi a occuparsi dei diritti civili favorendo la nascita della lotta femminista e il movimento di liberazion­e omosessual­e fondato a Torino nel 1971 dal libraio Angelo Pezzana. In questo straordina­rio calderone movimentis­ta appare una giovane ragazza di Bra, si chiama Emma Bonino, ha una laurea in Lingue e Letteratur­e straniere e si autodenunc­ia per praticato aborto clandestin­o. Lei stessa dirà: «Dopo avere vissuto quell’aborto ed essermi umiliata ho deciso che non sarebbe accaduto mai più a nessuna donna». È strano che siamo ancora qui a discutere, spesso fra maschi, se alle donne piaccia o meno abortire. Non piace a nessuna, ma solo una donna può decidere di se stessa e del proprio corpo. E va aiutata e accolta dall’assistenza pubblica perché non ha commesso nessun reato. Così s’intende un mondo moderno che sa guardare avanti».

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