Un filosofo e un esperto di tecnologia: è «scienza nuova»
Se in un pubblico dibattito si invitassero due personalità, un filosofo e un esperto di tecnologia, disposti a discutere apertamente di un’alleanza stabile tra tecnologia e umanesimo, priva di turbative ideologiche, che sacrificassero il concetto dell’antica Accademia, ogni disciplina sarebbe liberata dal «pensiero unico», si agevolerebbe il nascere del più bel caos creativo che si possa immaginare.
Sarebbe uno scenario inedito dell’intelligenza. Si giungerebbe ad un «qualcosa» che mai avremmo immaginato di pensare. Finalmente, in quest’oggi storico, dell’inimmaginabile si discute in piena libertà, il che provoca ulteriori effervescenze ideali.
Maurizio Ferraris, docente di Filosofia Teoretica all’università di Torino, presidente del Labont (Center for Ontology), direttore di «Scienza Nuova» e Guido Saracco, docente di Fondamenti Chimici, già rettore del Politecnico di Torino, non sempre discutono in comode poltrone: al contrario, girano il mondo, elaborano con le maggiori istituzioni internazionali, freneticamente, nuovi pensieri ed ecco che umanesimo e tecnologia si fondono in una miscela scintillante di idee che alimentano l’immaginazione, spezzano ogni rigido canone accademico, si librano insieme verso «una scienza nuova». Perché non v’è dubbio alcuno che ormai, fortunatamente, non si parla di tecnica e basta, che sembrerebbe essere arida ricerca, svuotata da ogni «umanità», in quanto essa è di per sé, al tempo stesso, umanità e umanesimo allo stato puro. È un nuovo modo di pensare interdisciplinare, che accomuni fervide menti. Ne discende una chiara affermazione: l’umanesimo è padre e madre — una sorta di fideistica generazione — di ogni umana disciplina che governi l’evoluzione della nostra vita. Senza la sua verginale presenza, non ci sarebbe stato alcun genio tecnico e umanistico; non si sarebbe mai giunti a una «scienza nuova». Così, scienza nuova e tecnologia costituiscono il magma incandescente che produce nuove scintille. Già, la premessa al libro dei due autori (Editori Laterza, euro 20) la dice lunga sul simpatico ruolo che filosofo e tecnologo assumo nel dialogo «ping pong» così come lo definisce Renzo Piano. Ed è — la loro presentazione — una sintesi perfetta che definisce il rapporto «scimmia nuda» e «capitale». «La tecnologia è un farmaco, insieme veleno e rimedio». E siccome le malattie non si curano con l’omeopatia — sostiene Ferraris — la scimmia nuda avverte il bisogno di evolversi, avverte nuove esigenze, ha bisogno di farmaci più efficaci e robusti che ne garantiscano la longevità. E il farmaco garantisce alla scimmia nuda, progresso, longevità. Il «capitale» di cui ha bisogno. Piacevolissima la scrittura narrativa semplice, tra filosofo e tecnologo, quando insieme, ricorrono all’idea della «casa di tre piani» per entrare nella realtà, alla finzione per ritrovarsi nel loro «ascensore che non funziona», allegoria che li porta all’ «ascensore sociale» e quindi alla necessità di dare un’aggiustata al mondo.. Affascinanti i capitoli «sospesi» e per questo aperti a più soluzioni. Capitoli da leggere per comprendere umanesimo e tecnologia.