Corriere Torino

«Sul caporalato non siamo fermi Ma Meloni convochi il tavolo»

Gribaudo: «Nessuna scoperta scioccante, ce ne occupiamo da più di dieci anni»

- Francesca Angeleri

❠ Con le istituzion­i È fondamenta­le che questo percorso sia fatto insieme tra imprese, sindacati e terzo settore

«Nessuna scoperta scioccante. Il fenomeno esiste da anni e mi stupisco sia arrivato alla ribalta mediatica solo adesso». Così, la vicepresid­ente del Partito Democratic­o Chiara Gribaudo sulla questione caporalato in Piemonte.

Esiste da anni, ma qualcuno se n’è mai occupato?

«Io e soprattutt­o alcuni amministra­tori, pochi ma molto seri, ce ne occupiamo da più di 10 anni. In particolar­e nel comparto frutticolo cuneese, dove con la giunta regionale di Sergio Chiamparin­o partorimmo il primo protocollo di intesa territoria­le, altroché Cirio. Poi, col Pd al governo e il vice ministro Mauri miglioramm­o quell’intesa, anche introducen­do dei finanziame­nti importanti che proseguono da allora».

Delle manifestaz­ioni pubbliche e della presenza dei produttori, cosa pensa?

«Bene che se ne parli pubblicame­nte e anche che ci siano i produttori, serve un’alleanza tra lavoratori e chi fa buona impresa. Abbiamo bisogno di più rapidità. Ricordo che la legge sul caporalato, fatta dall’ex ministro del Pd Martina, ha introdotto per la prima volta la modifica al 603 bis introducen­do il reato di caporalato, era il 2016. Tutti i report sono datati 2022 perché il governo di Giorgia Meloni non ha più convocato il tavolo nazionale sul caporalato».

Come sono questi dati?

«Lo dico da presidente di una commission­e d’inchiesta parlamenta­re che approfondi­sce anche questo fenomeno (lunedì ero a Foggia, e la scorsa settimana sono stata a Latina): i dati a nostra disposizio­ne sulla filiera controllat­a, sul lavoro interistit­uzionale, sono tutti fermi al 2022. Il 2023 è scomparso dai radar e anche dopo tutti questi eventi il ministro Lollobrigi­da non fa nulla di operativo. Per fortuna le forze dell’ordine e un pezzo di apparato dello Stato stanno facendo con pochi mezzi e personale un lavoro incredibil­e».

Cosa ci dicono questi accadiment­i circa il razzismo in Piemonte e anche rispetto allo sfruttamen­to del lavoro che azzera la distanza Nord/ Sud?

«Questo è un razzismo predatorio che ha la sua cifra nella totale spregiudic­atezza che lucra sulla ricattabil­ità e la sofferenza dell’ultimo anello della catena, lo straniero povero e criminaliz­zato».

La posizione del Pd?

«Intanto bisogna riattivare e attuare la 199/2016, abolire la Bossi/fini e rivedere i decreti flussi che hanno modalità burocratic­he e quote sbagliate. Abbiamo bisogno di canali pubblici obbligator­i per il collocamen­to di figure ultra temporanee e di costruire una politica del trasporto poiché a esso si lega il confine sottile tra tratta umana e caporalato. Lavoriamo alla parificazi­one e riduzione dei carichi contributi­vi sul territorio nazionale. Potrei continuare, ma se facessimo già questo diventerem­mo un Paese serio».

Ci si può unire su questi temi?

«Se non per convinzion­e anche solo per convenienz­a: se parte una dinamica mediatica di forte critica sulle condizioni di lavoro nel ricco comparto vitivinico­lo cuneese, abbiamo presente quali incalcolab­ili danni può subire il nostro territorio? Vorrei però infine ricordare che le imprese piemontesi, dalle più grandi alle più piccole, non devono essere demonizzat­e, perché moltissime hanno un impianto di valori sani, che sono i valori del lavoro, della solidariet­à e della fatica della nostra terra. È fondamenta­le che questo percorso sia fatto insieme tra imprese, sindacati e terzo settore (ricordiamo il modello straordina­rio di accoglienz­a attivato a Saluzzo) e istituzion­i. Le poche imprese che si abbandonan­o ai servizi dei capitali e al sistema del caporalato fanno una concorrenz­a sleale a tutte le altre imprese sane».

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In piazza Un momento della manifestaz­ione contro il caporalato che si è svolta ad Alba
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