Annina, oggi ti porto al Parco del Valentino
Carissimo direttore, la sua Annina e l’amico scrittore. Dio che caldo, dove trovare in città un po’ di refrigerio? Ci pensa l’amico scrittore! «Solo a Torino si può trovare un giardino che comincia con un arco monumentale (dedicato all’arma di Artiglieria, scultore Pietro Canonica, inaugurato nel 1930 per l’anniversario della battaglia del Piave del 1918) e finisce con un sommergibile, o meglio la parte centrale dell’andrea Provana, sommergibile gentile perché pur partecipando alla Prima Guerra Mondiale non sparò mai un solo colpo ed è qui sulla riva del Po dal 1933 (e di può visitare). Il parco è naturalmente quello del Valentino, uno dei più estesi e amati giardini d’europa e che ha una storia antichissima legata al suo nome. Pare che la zona si chiamasse già così in epoca romana e fosse poi sede di una cappella dedicata a San Valentino vescovo e martire — con reliquie sparse dappertutto, una persino a Dublino — e patrono degli innamorati. L’immensa area boschiva fu acquistata a metà Cinquecento dal Duca Emanuele Filiberto, un secolo dopo gli architetti reali Carlo e Amedeo di Catellamonte costruirono il castello «alla francese» che divenne ben presto la residenza preferita di Cristina di Francia, la prima Madama Reale, superornato luogo di delizie. Il ciclo pittorico delle stanze fu ideato dall’amante di Cristina, il conte Filippo San Martino d’agliè. A ricordare il nome, nel Seicento la corte organizzava delle regate sul Po nelle quali le dame lanciando fiori chiamavano i loro cavalieri Valentino. Città cortese. Per diventare parco pubblico bisognerà attendere l’abbattimento voluto da Napoleone della cortina di mura fortificate a sud del centro e dopo il 1860 la creazione di nuovi quartieri residenziali come San Salvario. Il parco modellato sullo stile paesaggistico «all’inglese» è opera dell’architetto francese Jean-pierre Barillet-deschamps che disegna viali, boschetti, villette mentre si avvicina la fine del secolo e fa il suo ingresso la formidabile Belle Epoque, l’età d’oro dell’industrializzazione, del progresso, dello svago. La prima Esposizione Generale Italiana si tenne a Torino dall’aprile al novembre del 1884 ed ebbe più di 3 milioni di visitatori. A bissare lo straordinario successo ne seguì un’altra nel 1898. Per quella del 1884 fu realizzato il celebre Borgo Medievale progettato dall’architetto Alfredo D’andrate in puro stile del revival neo gotico. La copia di diversi castelli piemontesi e della Valle d’aosta fu un grande lavoro da archeologo da parte del D’andrate, che disegnò il vasto complesso che vediamo ancora oggi, infatti, insieme alla Fontana dei Mesi, era l’unica costruzione destinata a durare, tutti gli altri padiglioni erano edificati in stucco, una sorte di immensa quinta teatrale da smantellare a esposizione terminata.
Ma è con l’esposizione Internazionale del 1911 che Torino diventa una vera Capitale della manifattura, dell’arte e della mondanità. Qualche numero? 3.500 operai, una superfice di padiglioni espositivi di circa 350.000 mq su un’area di 1.200.000 mq, 7 milioni di visitatori. Uno dei più grandi successi della città. Dispiace non vedere, se non nelle cartoline d’epoca, l’eclettica architettura del Lungo Po. Chiusa l’esposizione ci rimangono 1.800 alberi di alto fusto, dai tigli ai ginko biloba, dagli olmi alle sequoie. A rotazione annuale si avvicendano 100.000 piante da fiore mentre in cielo volteggiano gli aironi cinerini che hanno costituito una stabile colonia di nidificazione. Che dici, Annina, facciamo un salto?». «Sì, se mi porti a prendere un gelato alla Latteria Svizzera». (fondata nel 1899 all’ombra dei platani). «Pronti, signorina».