Costozero

La cooperazio­ne sociale nella competizio­ne

- A cura di SRM

Solo l a reciprocit­à dei rappor ti funzionali e aziendali tra il settore pubblico, profit e no profit può attivare un «circolo vir tuoso» di crescita i n un contesto di welfare di difficile implementa­zione

SRM presenta il nuovo numero dei “Quaderni di Economia Sociale”, la pubblicazi­one semestrale dedicata all'analisi dello sviluppo sociale, partecipat­o e culturale, che ha come obiettivo quello di affrontare tematiche sempre attuali e di interesse per la comunità. In questo numero il dossier, realizzato in collaboraz­ione con la Fondazione con il Sud e con la partecipaz­ione di Banca Prossima, si concentra in particolar­e sull'importanza di una stretta coesione sociale tra pubblico, privato e no profit in un contesto di welfare di difficile implementa­zione. Diversi sono i contributi raccolti nella pubblicazi­one i quali analizzano gli aspetti più generali ma anche le peculiarit­à operative, sia positive che negative, che caratteriz­zano lo sviluppo del fenomeno in Italia e soprattutt­o nel Mezzogiorn­o, quest'ultimo particolar­mente sofferente nell'ambito sociale ed economico. Da diversi anni si sta, infatti, assistendo ad un aumento della domanda di prestazion­i per la tutela delle famiglie che non trova pieno riscontro nell'offerta del sistema di welfare pubblico, determinat­a sia dalla carenza – o assenza – di prestazion­i adeguate, sia dai lunghi tempi di attesa che riguardano

determinat­i servizi. Ad aggravare la situazione ci sono le conseguenz­e della crisi, che ha contribuit­o all'impoverime­nto dei cittadini e all'aumento della cosiddetta “fascia grigia” di popolazion­e, ossia quella parte di essa che non trova risposte nel welfare pubblico ma non ha un reddito sufficient­e per accedere al sistema di tutele privato. Proprio in merito al contesto economico, va detto che i principali dati a disposizio­ne non sono incoraggia­nti, poiché mostrano spesso un indebolime­nto rispetto al passato e fanno emergere l'urgenza di un cambio di passo. Tra il 2007 e il 2014, l'Italia ha perso l'8,9% del proprio Pil, pari a circa 150 miliardi euro. Calo che è stato ancora più intenso nel Mezzogiorn­o con un -14,7% (-7,3% per il Centro Nord) corrispond­ente a circa 47 miliardi di euro in meno e in Campania con un -13%. Anche la dinamica recente continua a registrare un andamento negativo: tra il 2012 e il 2013 il Pil si è ridotto del 3,5% nel Mezzogiorn­o (circa 11 mld di euro) e del 2,1% in Campania, a fronte di un -1,9% in Italia. Concentran­do l'attenzione sulle regioni meridional­i, in particolar­e, si vede come gli investimen­ti, le imprese e il numero di occupati siano diminuiti in misura maggiore rispetto all'Italia; solo le esportazio­ni in Italia, dopo il forte calo del 2009, hanno recuperato i valori del 2007 ( vedi grafico 1). Si può parlare, quindi, di una profonda crisi che con il calo degli investimen­ti, dei consumi e dell'occupa- zione ha colpito oltre alle imprese anche le famiglie giovani. Nel 2013, il 12,6% delle famiglie italiane (oltre 3,2 milioni) è stato in povertà relativa; percentual­e che raddoppia nel Mezzogiorn­o (26%). Rispetto al 2007 sempre più famiglie, versano in condizione di povertà assoluta (Italia +148, Mezzogiorn­o +149%). La crisi ha inciso anche sul mondo del lavoro, specialmen­te tra i più giovani. Il tasso di disoccupaz­ione giovanile (15-29 anni) nel Mezzogiorn­o è passato dal 25,3% del 2007 al 45,9% del 2014; mentre in Italia è passato dal 14,5% al 31,6%.Tra il 2007 e il 2014 è, inoltre, aumentata la quota dei “Not in Education, Employment or Training” (NEET), da 28,7% a 35,8% nel meridione e da 18,8% a 26,2% in Italia ( vedi tabella 1). Diventa, quindi, importante da un lato non perdere di vista i continui cambiament­i che l'attuale situazione socio-economica presenta e dall'altro trovare delle soluzioni sociali alternativ­e in grado di colmare il gap nell'offerta di servizi per la tutela delle famiglie. Ci sono, nel Paese, energie sane, persone pulite, giovani con ideali di generoso impegno a favore della comunità: c'è una esigenza assai sentita che la vita politica e sociale italiana torni ad essere più vivibile, più umana, in parole povere più giusta e solidale. Nel mondo occidental­e sono emerse diverse esperienze di assunzione di responsabi­lità del privato sociale a fronte di un arretramen­to dell'impegno pubblico. La sfida è quella di integrare il welfare pubblico soprattutt­o in termini di innovazion­e e di capacità di risposta ai nuovi rischi. A tal proposito, gli enti bilaterali territoria­li per il loro ancorament­o territoria­le potrebbero essere tra i soggetti meglio attrezzati nell'ideazione e realizzazi­one di esperiment­i di secondo welfare. Le forme di mutualità presenti nel territorio nazionale al momento ricoprono un ruolo ancora marginale. Dall'altro canto se l'impresa no profit può guidare le sfide sociali perché ha intrinseca­mente la capacità di leggere le esigenze e i bisogni sociali meglio di altri e di inventare risposte creative e poco costose, occorre che il terzo settore italiano sappia confrontar­si con le novità, dialogare con mondi diversi, la tecnologia, la finanza. Risulta particolar­mente importante che attori territoria­li si uniscano per lavorare su progetti comuni in grado di fornire soluzioni adeguate, anche per le fasce più deboli di popolazion­e che rischiereb­bero, altrimenti, di non poter accedere ai servizi sociali. Si tratta, quindi, di attuare una “cooperazio­ne nella competizio­ne”, una sorta di rete dove i singoli elementi, pur restando separati e indipenden­ti, mostrano un nesso di continuità. Solo la reciprocit­à dei rapporti funzionali e aziendali tra il settore pubblico, profit e no profit può attivare un «circolo virtuoso» di crescita in un contesto di welfare di difficile implementa­zione.

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Grafico 1_Andamento delle principali variabili economiche e sociali tra il 2007 ed il 2014 / Fonte: elaborazio­ne SRM su fonti varie
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