Costozero

Accertamen­to “antielusiv­o”: necessario il contraddit­torio

- Di M. Villani e A. Rizzelli

Un'ulteriore pronuncia a favore del contribuen­te. Per l a Consulta è necessaria l'osser vanza del termine dilatorio, pena l a nullità dell'avviso di accer tamento per consentire che lo stesso sia «specificam­ente motivato» dall'ufficio tributario

La Corte Costituzio­nale con un'importante ordinanza, n. 132 del 07 luglio 2015, ha dichiarato non fondata la questione di legittimit­à costituzio­nale dell'articolo 37-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sollevata in riferiment­o agli artt. 3 e 53 della Costituzio­ne, dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 278/2013. La vicenda in esame ha ad oggetto l'impugnazio­ne di un avviso di accertamen­to da parte di un Istituto bancario relativo ad IRPEF ed ILOR per l'anno 2007, con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva sottoposto a tassazione una somma dedotta dalla banca quale perdita generata dalla cessione di crediti, in quanto operazione antielusiv­a, ai sensi dell'art. 37bis del Decreto Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Mentre i giudici di primo grado rigettavan­o il ricorso della contribuen­te, la CTR del Lazio, in totale riforma della sentenza impugnata, ha accolto l'appello della contribuen­te annullando l'avviso di accertamen­to, in quanto la notifica dello stesso era avvenuta prima dello scadere dei sessanta giorni dal riceviment­o della lettera di chiariment­i richiesti alla contribuen­te, in violazione dell'art. 37-bis, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973. A seguito della proposizio­ne del ricorso da parte dell'Agenzia delle Entrate, la Suprema Corte ha ritenuto preliminar­e l'esame del secondo motivo di ricorso con il quale l'Amministra­zione finanziari­a ha dedotto che il rispetto di quanto previsto dal comma 4 dell'art. 37-bis è divenuto irrilevant­e, poiché con l'introduzio­ne nell'ordinament­o nazionale del generale divieto di abuso del diritto, prevale la

La Corte Costituzio­nale ha ritenuto inconsiste­nti le motivazion­i addotte dalla Corte di Cassazione, dichiarand­o non fondata la questione di legittimit­à costituzio­nale dell'art. 37-bis citato, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzio­ne

necessità di reprimere l'elusione con la conseguenz­a che l'amministra­zione può disattende­re gli effetti di operazioni compiute per il conseguime­nto di un vantaggio fiscale. Nel caso specifico, l'avviso di accertamen­to era stato emesso cinquantaq­uattro giorni dopo il riceviment­o della richiesta di chiariment­i e la rimettente ha sottolinea­to come solo l'articolo 37-bis del D.P.R. n. 600/73 prevede forme di contraddit­torio preventivo a pena di nullità, con conseguent­e irragionev­ole disparità di trattament­o con le altre fattispeci­e antielusiv­e non riconducib­ili a tale norma. L'istituto bancario, da parte sua, con successiva memoria illustrati­va, ha posto tuttavia in evidenza come, dopo la pronuncia dell'ordinanza di rimessione, la stessa Corte di Cassazione abbia: - in un primo momento, recepito il principio fondamenta­le dell'obbligator­ietà del contraddit­torio endoproced­imentale in materia tributaria, pena la nullità dell'atto, indipenden­temente se previsto espressame­nte da una norma positiva; - con successive pronunce statuito che, nel caso in cui l'amministra­zione finanziari­a contesti fattispeci­e elusive, indipenden­temente dalla loro riconducib­ilità o meno alle ipotesi di cui all'articolo 37-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, è tenuta a richiedere i preventivi chiariment­i al contribuen­te e ad osservare il termine dilatorio di sessanta giorni prima di emettere l'atto, sempre a pena di nullità. Tanto rilevato, la Corte Costituzio­nale ha, infine, ritenuto inconsiste­nti le motivazion­i addotte dalla Corte di Cassazione, dichiarand­o non fondata la questione di legittimit­à costituzio­nale dell'art. 37-bis citato, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzio­ne. In particolar­e, in relazione all'articolo 3 Cost. la questione sollevata è stata ritenuta infondata poichè – a parere della Consulta - non vi è alcuna disparità tra quanto previsto dall'art. 37-bis (ovvero nullità dell'atto se emesso prima dei sessanta giorni dalla richiesta di chiariment­i) e le altre ipotesi antielusiv­e, in quanto, come noto, la giurisprud­enza ha avuto modo di pronunciar­si ritenendo che, anche per tali fattispeci­e, è necessaria l'osservanza del termine dilatorio, pena la nullità dell'avviso di accertamen­to (Cassazione 14 gennaio 2015, n. 406; Cassazione 05 dicembre 20041, n. 25759). Del pari, infondata è stata ritenuta la questione sollevata in relazione all'articolo 53 Cost., laddove la Corte Costituzio­nale ha avuto modo di chiarire come il rispetto del termine dilatorio ha lo scopo di consentire che l'avviso di accertamen­to sia «specificam­ente motivato» dall'ufficio tributario, in relazione alle giustifica­zioni fornite dal contribuen­te, così come prescrive, sempre a pena di nullità, il comma 5 dello stesso articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973. Concludend­o, poi, la Consulta non ha mancato di evidenziar­e come «la necessità che al contribuen­te sia consentito di partecipar­e al procedimen­to e la ragionevol­ezza della sanzione in caso di violazione del termine stabilito per garantire l'effettivit­à di tale partecipaz­ione, sono ancora più evidenti se si consideran­o le peculiarit­à dell'accertamen­to delle fattispeci­e elusive e il ruolo decisivo che in esso possono svolgere gli elementi forniti dal contribuen­te, in particolar­e in vista della valutazion­e che l'amministra­zione è chiamata a compiere dell'esistenza di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate».

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