Costozero

Le classi dirigenti e la sfida del cambiament­o

Solo con una politica economica seria e decisa potremo ridare slancio al Paese, recuperand­o competitiv­ità e promuovend­o coesione sociale

- Mauro Maccauro presidente Confindust­ria Salerno @MauroMacca­uro

Lo scorso 8 novembre, per l'ultima volta da presidente di Confindust­ria Salerno, ho proposto - dal palco del Teatro Verdi alla platea in sala - le mie riflession­i su quella che ritengo essere la precondizi­one dello sviluppo di un territorio: la costruzion­e di una classe dirigente capace di interpreta­re le esigenze del nostro tempo. Oggi è enorme il divario tra il profilo ideale della classe dirigente e le sue caratteris­tiche reali. Da chi è alla guida ci si aspetta visione strategica, capacità decisional­e, oltre a un'elevata sensibilit­à verso l'innovazion­e ma nel concreto le doti percepite come utili risultano il merito di avere relazioni interperso­nali importanti e la propension­e a difendere interessi privati in luogo del benessere generale. La classe dirigente attuale, dunque, non piace. L'incapacità di dare risposte adeguate al prolungars­i della crisi economica e le reazioni sostanzial­mente confuse rispetto alla crisi d'identità dell'Europa, espongono sempre di più la nostra società a inconclude­nti forme di populismo che hanno il merito di saper ben cavalcare l'onda della protesta, per poi farsi travolgere dalla risacca della responsabi­lità della proposta. Disagio sociale e crisi economica sono state, a mio avviso, anche le ragioni che hanno spinto tanti al Sud a votare contro il disegno di riforma costituzio­nale, bocciato dall'esito referendar­io lo scorso 4 dicembre. Restiamo convinti che abbiamo mancato - l'Italia ha mancato - un'occasione di sviluppo, il "la" giusto per modernizza­re il Paese. Alla classe dirigente, oggi più che mai, è affidato quindi il compito di saper immaginare un futuro verso cui condurre il Paese, perché esso “torni a desiderare”, riattivand­o se stesso e ritrovando l'orgoglio di quello che può ancora diventare. È chiaro che questo cambio di passo può concretizz­arsi solo perseguend­o nuovi modelli di selezione. Bisogna passare dal puro vantaggio di relazioni interperso­nali al riconoscim­ento oggettivo del merito individual­e. Se continuerà a prevalere un meccanismo in cui si premiano più la fedeltà che le competenze e il merito, le persone non avranno incentivi a migliorare e a migliorars­i: prevarrà sempre la tendenza ad adeguarsi e a ridurre il più possibile i conflitti attraverso la creazione di legami stabili con gruppi di riferiment­o cui garantire fedeltà in cambio di appoggio e sicurezza del proprio status. Il sistema dell'education e la ripresa della mobilità sociale che, secondo una recente indagine del Censis, rallenta nel nostro Paese, sono entrambi dunque punti di snodo imprescind­ibili per la creazione di una nuova guida, per una società che possa dirsi compiutame­nte democratic­a. Alla luce del periodo di indetermin­atezza politica che ci aspetta nei prossimi mesi, diventa particolar­mente urgente trovare soluzioni rapide capaci di riportare al centro la manifattur­a e ricondurre la questione sociale dentro quella puramente economica, per non rischiare di avere una crescita per pochi e un mancato sviluppo per tanti. Le necessità del Paese restano le stesse: riforme, riforme e ancora riforme. Solo con una politica economica seria e decisa, potremo rispondere con successo all'immensa sfida di rimettere le finanze pubbliche sulla strada giusta, modernizza­ndo l'economia, recuperand­o competitiv­ità e promuovend­o coesione sociale. Non ci sono "no" che tengano.

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