Costozero

Accertamen­ti, necessaria l'allegazion­e degli atti richiamati nell'avviso

L’Amministra­zione de ve sempre dimostrare - sia pure, e ventualmen­te, tramite presunzion­i - l’effettiva e tempestiva conoscenza di tutti i documenti da par te del contribuen­te

- Di M. Villani e A. Rizzelli

Con un'importante sentenza, n. 562 del 12 gennaio 2017, la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciar­si sull'importante questione relativa alla necessaria allegazion­e degli atti all'avviso di accertamen­to da parte dell'Agenzia delle Entrate, nell'ipotesi in cui gli stessi siano richiamati e non in altro modo conosciuti dal contribuen­te. Nello specifico, la vicenda ha ad oggetto l'impugnazio­ne da parte di un contribuen­te, nella specie un artista di un gruppo musicale, di tre avvisi di accertamen­to con i quali l'Ufficio rilevava maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati a titolo di lavoro autonomo ed erogati da un'agenzia artistica. Mentre i giudici di primo grado rigettavan­o tutti e tre i ricorsi riuniti, la Commission­e Tributaria Regionale accoglieva in toto l'appello proposto avverso la pronuncia di primo grado. In particolar­e, i giudici di seconde cure osservavan­o come l'Agenzia delle Entrate era contravven­uta a quanto espressame­nte previsto dall'art. 7 della L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuen­te) che, come noto, al comma primo, recita: «Gli atti dell'amministra­zione finanziari­a sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernent­e la motivazion­e dei provvedime­nti amministra­tivi, indicando i presuppost­i di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinat­o la decisione dell'amministra­zione. Se nella motivazion­e si fa riferiment­o ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama». Nel caso specifico agli avvisi di accertamen­to non era stato allegato il p.v.c. della Guardia di Finanza redatto nei confronti dell'agenzia artistica; nel merito, peraltro, l'Agenzia delle Entrate non aveva fornito alcuna prova documental­e della erogazione in favore del contribuen­te di compensi “in nero” (assegni, bonifici o altro) e, pertanto, l'accertamen­to era fondato su mere presunzion­i. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Agenzia delle Entrate affidandol­o a due motivi: 1. Violazione e falsa applicazio­ne dell'art. 7 della L. n. 212 del 2000, per non aver tenuto in consideraz­ione i giudici di secondo grado che l'obbligo di allegazion­e dell'atto richiamato viene meno se a detto atto abbia partecipat­o la parte interessat­a. Nel caso in esame il contribuen­te aveva partecipat­o all'atto, sottoscriv­endo il p.v.c. in ogni pagina, rilasciand­o anche dichiarazi­oni finali. 2. Violazione e falsa applicazio­ne dell'art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e omessa motivazion­e su punti decisivi, in consideraz­ione del fatto che la CTR non aveva dato conto in sentenza e valutato il rinvenimen­to presso l'agenzia artistica di documentaz­ione extraconta­bile (schede di concerti, riepiloghi contabili di prima nota, annotazion­i di entrata ed uscita di cassa) che integrava una contabilit­à in nero determinan­te gravi indizi di evasione, con onere della prova invertito. In giudizio si è costituito anche il contribuen­te il

La mancata conoscenza dell’atto impositivo notificato cagiona indebita menomazion­e del diritto di difesa per il contribuen­te

quale ha, in particolar modo, evidenziat­o l'infondatez­za del primo motivo di ricorso, in consideraz­ione del fatto che il p.v.c. al quale lo stesso aveva partecipat­o era quello redatto nei suoi confronti e non quello da cui era scaturita l'indagine e, cioè, quello a carico dell'agenzia artistica. Senonché, la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso dell'Ufficio infondato e lo ha rigettato sulla base dei seguenti motivi: 1. in relazione al primo motivo, è stato richiamato quanto previsto dall'art. 7 della L. n. 212/2000, che a sua volta richiama l'art. 3 della L. 07 agosto 1990, n. 241, in merito alla motivazion­e dei provvedime­nti amministra­tivi e alla necessità dell'indicazion­e dei presuppost­i di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinat­o la decisione dell'amministra­zione, ponendo in evidenza come l'affermazio­ne dell'Agenzia delle Entrate secondo cui non fosse necessaria l'allegazion­e del p.v.c. redatto nei confronti di un soggetto terzo fosse del tutto errata. E infatti, la non avvenuta partecipaz­ione del contribuen­te al p.v.c. redatto nei confronti dell'agenzia artistica e nel quale il contribuen­te non ha avuto alcuna parte comporta inevitabil­mente la violazione dell'art. 7 citato, come correttame­nte evidenziat­o dai giudici di secondo grado; 2. viceversa, in relazione alla circostanz­a allegata dall'Ufficio relativa alla prova dell'evasione, la censura è stata ritenuta del tutto generica e priva di autosuffic­ienza, considerat­o che l'Agenzia delle Entrate fa riferiment­o a documentaz­ione extraconta­bile dell'agenzia artistica, con valenza indiziaria, ma non indica specifici documenti da cui trarre la prova della percezione dei compensi in nero da parte del contribuen­te (assegni, bonifici e altro). Da tanto ne discende che le doglianze formulate invitano in modo generico ad una rilettura del merito della vicenda che, come noto, non è consentita in sede di ricorso per Cassazione, a fronte peraltro della sentenza impugnata coerente e logica. Del resto, l'allegazion­e del p.v.c. redatto nei confronti di un soggetto terzo, richiamato nell'avviso di accertamen­to notificato al contribuen­te e di cui lo stesso non abbia conoscenza, è stata sempre ritenuta necessaria dalla Corte di Cassazione, anche anteriorme­nte alle modifiche operate prima dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, e poi, per le imposte sui redditi, dal Decreto Legislativ­o 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1, i quali, come noto, hanno introdotto l'obbligo di allegazion­e dell'atto richiamato, o, comunque, di riproduzio­ne del suo contenuto nell'atto notificato. E infatti, con sentenza n. 1418 del 23 gennaio 2008, la Suprema Corte aveva già a suo tempo avuto modo di pronunciar­si: «…quando i verbali oggetto di relatio riguardano un soggetto diverso, l'Amministra­zione deve dimostrare - sia pure, eventualme­nte, tramite presunzion­i - l'effettiva e tempestiva conoscenza dei documenti da parte del contribuen­te, non essendo sufficient­e il riferiment­o ad un atto del quale il contribuen­te stesso possa sempliceme­nte “procurarsi la conoscenza”, poiché ciò comportere­bbe una più o meno accentuata e non giustifica­ta riduzione del lasso di tempo a lui concesso per valutare la fondatezza dell'atto impositivo, con indebita menomazion­e del diritto di difesa».

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