Costozero

Internazio­nalizzazio­ne, partire con il piede giusto

- Di D. Trimarchi

Chi ha una conoscenza approfondi­ta dei processi di internazio­nalizzazio­ne sa che le variabili in gioco sono molteplici, tutte da monitorare con la massima cautela se si vuole ottenere stabilità dell’azienda in un mercato estero. Il primo passo è non credere che sia tutto e solo una questione di expor t

Spesso del termine internazio­nalizzazio­ne se ne fa un uso improprio,confondend­olo con l'export, mentre quest'ultimo ne rappresent­a solo una parte.Chi ha una conoscenza approfondi­ta dei processi di internazio­nalizzazio­ne sa che le variabili in gioco sono molteplici e tutte da monitorare con la massima cautela se si vuole ottenere stabilità dell'azienda in un mercato estero.Per prima cosa una PMI con orientamen­to internazio­nale dovrebbe rivedere il concetto di catena del valore e identifica­re le attività suscettibi­li di generare margine e quelle che,invece, rappresent­ano solo un costo. In sostanza l'esercizio che bisognereb­be fare è quello di valutare se ogni singola funzione della catena del valore può essere delocalizz­ata nei mercati di esportazio­ne,o se è meglio gestirla nella sede centrale.In questo modo è possibile capire quale processo conferisca valore qualora svolto su altri mercati.Per intenderci,un'azienda che svolge esclusivam­ente mere attività di export altro non fa che centralizz­are nel proprio Paese quella determinat­a funzione. Diversamen­te,aprendo un ufficio di rappresent­anza o una filiale commercial­e si potrà gestire in modo decentrato tutta una serie di funzioni e non solo quelle smaccatame­nte commercial­i. Analizzand­o appunto le singole macro aree strategich­e di un'impresa si avvierà anche un processo di ottimizzaz­ione delle risorse aziendali.Per esempio alcune aree geografich­e potrebbero essere utilizzate non solo come sbocco finale dei prodotti,ma anche come basi per raggiunger­e mercati limitrofi che spesso si rivelano difficilme­nte penetrabil­i dall'Italia (soprattutt­o nel Sud-Est asiatico e in alcuni paesi dell'Africa centrale).In sostanza diventa più facile guardare ai mercati esteri,non solo con processi a valle della catena,appunto le Vendite,e in alcuni casi attività a monte,come Acquisti,ma guardando ad esempio alla R&D.Quest'ultima potrebbe essere condotta in parallelo in diversi Paesi consentend­o risultati derivanti da culture diverse su prodotti destinati fin da subito a rispondere a esigenze globali.Altre opportunit­à possono derivare analizzand­o la gestione delle Risorse Umane di diverse culture e con capacità eterogenee,oppure la Finanza,accedendo ad altri sistemi e fonti di finanziame­nto che favoriscon­o il distacco da quelli che sono i sistemi finanziari imposti in un unico Paese. Infine,non bisogna sottovalut­are la gestione della Comunicazi­one e del Networking che favoriscon­o relazioni e legami internazio­nali che potranno generare ulteriori opportunit­à in altrettant­i mercati (reazione a catena). In sostanza,un'azienda che avvia un processo di internazio­nalizzazio­ne intraprend­e un processo di crescita interno che meglio si concretizz­a quando c'è un'estensione (o riproduzio­ne) dell'azienda madre in altro Paese.Questo processo conduce a un riadattame­nto della natura stessa dell'impresa giacché l'organizzaz­ione è obbligata a cooperare ai vari livelli sviluppand­o nuove sinergie. Questa evoluzione si evidenzia maggiormen­te in una PMI che,avviando un processo all'estero,sarà obbligata a ristruttur­arsi e,quindi, a formare un middle management con competenze anche internazio­nali.

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