San Valentino contro
L’unico modo oggi per essere alternativi è celebrarle le feste, occasioni giuste per dimostrare sentimenti non comandati
Lo scrivo a dati raccolti, bacheche spiate, lamentele ricevute, messaggi a catena whatsappati. San Valentino, come Natale, come il trenino di Capodanno, come Ognissanti (cui preferiscono Halloween), è finito nel mirino di quelli che, per partito preso, devono schierarsi contro le feste comandate, anche se questa è tradizione importata. San Valentino scontenta tutti: quelli che non hanno qualcuno da amare, perché ce l'hanno col mondo e l'umanità, e quelli che magari ce l'hanno ma voglio trincerarsi dietro la scusa che se ami qualcuno non hai bisogno di un giorno speciale per dimostrarlo. E con quella scusa non fanno un tubo né per loro stessi, né per chi hanno a cuore. Non so quale santo sia quello che protegge i furbetti del braccino, ma sicuro fattura più di me. Io faccio parte del team di quelli che «ogni scusa è buona per celebrare». Che sia un santo (non a caso mi chiamo Santini), che sia una vittoria, un passo in avanti per la democrazia o un giorno speciale architettato dai geni del marketing, penso che la vita ci metta fin troppe trappole per non ritagliarci motivi per festeggiare senza stare a farci troppe domande. Ma torniamo a San Valentino: non volete vederlo come un obbligo? Vedetelo come una scusa: per vestirvi bene, per mangiare cioccolato senza sensi di colpa, per usare quella tovaglia che avete comprato o ereditato ma che non andrebbe bene per il pane quotidiano, per aprire la bottiglia che vi hanno regalato..Non va bene il 14 perché odiate le date obbligatorie? Fatelo il 15, il 16, il 18. E fatelo con amici, con cugini, con la mamma, l'importante è non incarognirsi (come diceva mia nonna) rimandando l'appuntamento con l'amore alle congiunzioni astrali perfette. Perché di perfetto, si sa, c'è soltanto la capacità di lamentarsi quando le cose non vanno. A questo punto, veramente, ricordiamoci, che sia il 14 febbraio o il 20 marzo, di trovare un giorno, un week end, un'ora per dimostrare, a chi vogliamo bene, quello che spesso diamo per scontato ma che scontato non è.
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