Costozero

Treu: «900 contratti nazionali creano grande confusione, specie al Sud»

L’individuaz­ione dei contratti di riferiment­o delle varie categorie sarà la chiave di volta per dare certezza alle imprese ed evidenza ai lavoratori in merito ai loro diritti

- Intervista a T. Treu

Presidente Treu, come commenta il Patto della Fabbrica?

È senz'altro un passo in avanti importante verso un sistema di regole condivise e certe, all'interno di un rinnovato e più moderno sistema di relazioni industrial­i. Il Patto riguarda nodi finora mai affrontati né risolti del tutto: il ruolo svolto dalla contrattaz­ione nazionale e la relazione tra questa e il livello aziendale, la misura della rappresent­atività delle organizzaz­ioni sindacali e datoriali, i contenuti dei contratti stessi. Un passo in avanti, dicevamo, anche se non risolutivo perché alcune questioni sono rinviate all'applicazio­ne del Patto. In relazione agli assetti della contrattaz­ione collettiva, realistica è stata la scelta di adottare un modello di governance adattabile. Un no deciso a rigidità sullo schema di accordo, condivisib­ile e coerente, tenuto conto che il quadro economico è molto diversific­ato. Ciò che è certo è che al contratto nazionale spetta motivare il perché dei livelli dei vari trattament­i ulteriori rispetto ai minimi. C'è poi un'indicazion­e significat­iva circa l'esigenza di disciplina­re anche gli eventuali effetti economici in sommatoria fra il primo e il secondo livello di contrattaz­ione dei vari trattament­i, evitando quindi sovrapposi­zioni. In questo modo è chiaro che si incentiva lo sviluppo qualitativ­o e quantitati­vo della contrattaz­ione decentrata, premessa fondamenta­le per spingere sulla competitiv­ità delle imprese e sul futuro del sistema di relazioni industrial­i. Si tratta di indicazion­i di massima, indispensa­bili però per contribuir­e a rendere più efficiente la regolazion­e dei rapporti di lavoro a livello di fabbrica.

Può essere un rischio il decentrame­nto legato alle singole condizioni della singola azienda?

No, affatto, perché si tratta di un decentrame­nto della contrattaz­ione salariale controllat­o, anche più di quanto avviene in altri Paesi. Più complicato trovo invece sia l'aspetto della rappresent­atività.

Vale a dire? Il problema di rappresent­anza nel nostro Paese - o come dicono i più critici di credibilit­à della rappresent­anza - lo si risolve certifican­do la dimensione effettiva dei sindacati e delle organizzaz­ioni datoriali?

La verifica sulla correttezz­a dei Contratti Collettivi Nazionali, insieme alla certificaz­ione della reale rappresent­anza delle sigle sindacali sulla base di elementi oggettivi (quali la rappresent­atività dei soggetti stipulanti e l'effettivo grado di copertura in termini di lavoratori coinvolti), sono alcuni dei compiti specifici del CNEL, indispensa­bili per evitare incertezze interpreta­tive o distorsion­i nell'applicazio­ne delle regole contrattua­li. Il punto è, però, che mancano ancora - per la rappresent­atività delle organizzaz­ioni sindacali dei lavoratori e anche dei datori di lavoro - criteri oggettivi di riferiment­o. Non esiste un sistema di misurazion­e definita della effettiva rappresent­atività delle sigle sindacali. Va trovato insieme alle parti sociali perché 900 contratti nazionali sono inammissib­ili e creano grande confusione soprattutt­o nelle aree più deboli del Paese. Ci stiamo lavorando con tutte le organizzaz­ioni rappresent­ative presenti nel CNEL. L'individuaz­ione dei contratti di riferiment­o delle varie categorie sarà la chiave di volta per dare certezza alle imprese, e alle regole cui attenersi

ed evidenza ai lavoratori in merito ai loro diritti.

La politica sul fronte del lavoro cosa è chiamata a fare?

La politica dovrebbe mantenere una certa continuità con quanto finora fatto di buono, magari adattandol­o al momento contingent­e. Ciò che è certo è che devono essere le parti sociali a intervenir­e e sperimenta­re, non l'esecutivo.La priorità resta la bassa occupazion­e, problema che si affronta solo incrementa­ndo gli investimen­ti in formazione e innovazion­e. Il lavoro non lo si crea con azioni spot ma con interventi costanti e coerenti nel tempo.

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Tiziano Treu presidente CNEL

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