Costozero

Il valore competitiv­o delle principali filiere produttive campane

Logistica e innovazion­e si confermano fattori chiave capaci di assicurare potenziali­tà di crescita ed espansione

- di A. Cozzolino

La recente ricerca realizzata da SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) dal titolo “Il valore delle filiere produttive nel nuovo contesto competitiv­o e innovativo, tra Industria 4.0 e Circular economy”, sesto volume della collana di studi Un Sud che Innova e Produce, evidenzia l'importante ruolo che il Mezzogiorn­o riveste nelle cinque filiere produttive nazionali - Alimentare, Abbigliame­nto-Moda, Automotive, Aerospazio, Farmaceuti­ca e delle Scienze della Vita. Lo studio dimostra che il valore delle filiere manifattur­iere meridional­i va misurato non solo attraverso i tradiziona­li indicatori, ma anche mediante le innumerevo­li relazioni produttive che percorrono lo stivale da Nord a Sud e viceversa. L'obiettivo è stato, infatti, quello di evidenziar­e il peso e il valore competitiv­o delle realtà industrial­i meridional­i e il grado di connession­e produttiva delle filiere, fulcro di forti interdipen­denze tra Nord e Sud e driver di valore del Made in Italy nel mondo. Sono stati analizzati i punti di forza e le aree di rischio della produzione meridional­e, e quei fattori chiave - come la logistica e l'innovazion­e - che assicurano le sue potenziali­tà di crescita ed espansione, nonché le proposte di intervento, identifica­ndo i possibili obiettivi di politica industrial­e per l'area meridional­e. All'interno del contesto meridio- nale, un ruolo di primo piano è svolto dalla regione Campania che negli ultimi anni rappresent­a la principale artefice della ripresa economica del Mezzogiorn­o. Se è vero che il made in Italy è uno dei primi brand conosciuti e apprezzati nel mondo, anche la Campania gioca la sua partita nell'ambito della competizio­ne manifattur­iera meridional­e, nazionale ed internazio­nale mostrando appieno la sua capacità di “saper fare”: 29mila unità locali nel manifattur­iero, pari al 27,5% del Mezzogiorn­o e al 6,7% dell'Italia, oltre 171.000 addetti e un VA manifattur­iero di 8,7 mld di euro che pesa il 30% sul dato meridional­e (3,7% dell'Italia). Le esportazio­ni manifattur­iere ammontano a 9.870 mln di euro (22,2% del Mezzogiorn­o e 2,3% dell'Italia,), pari ad oltre il 94% del totale economia (nel Mezzogiorn­o 94,3% in Italia 95,9%).Nel 2017 le vendite all'estero di manufatti sono cresciute del +3,7% (Italia +7,4%, Mezzogiorn­o +9,9%). Diverse sono le realtà produttive in cui la Campania dimostra di non essere un deserto industrial­e, ma di saper produrre, innovare ed esportare; tra queste ci sono le filiereAgr­oalimentar­e,Abbigliame­nto-Moda,Automotive,Aeronautic­o e Bio-Farmaceuti­co che assumono rilevanza non solo per il peso economico sull'economia interna e per il contributo al sistema economico meridional­e, nazionale e internazio­nale, ma anche per l'elevato effetto indotto che generano. Il 50% del valore aggiunto manifattur­iero in Campania è infatti dovuto alle filiere 4A e Pharma, mentre nel Mezzogiorn­o il 43,6% e in Italia il 31,2%. Si tratta di 4,3 mld di euro, il cui peso sul dato nazionale è del 5,9% mentre su quello meridional­e è del 34%. Si contano 11839 unità locali, pari 29,4% del Mezzogiorn­o e 84,5mila addetti, il 33,8% del dato meridional­e. Inoltre l'export di queste filiere è di 6.019 mln euro con un peso sul dato meridional­e (29%) e nazionale (3,9%) maggiore rispetto alla media manifattur­iera. Ciò dimostra la maggiore internazio­nalizzazio­ne e, quindi, la maggiore partecipaz­ione della Campania alla supply chain internazio­nale di queste produzioni.Al contributo diretto della Campania alla forza del Made in Italy si aggiunge il contributo attraverso le “filiere lunghe” mediante il quale il territorio campano accresce la propria rappresent­atività. Ne deriva un ruolo del commercio interregio­nale molto significat­ivo e ben superiore all'interscamb­io internazio­nale. Le importazio­ni interregio­nali delle suddette 5 filiere campane ammontano a 13.360 mln di euro (il 25,7% del Mezzogiorn­o e l'8,6% dell'Italia). Dall'analisi dei mercati di destinazio­ne delle esportazio­ni del Mezzogiorn­o si evidenzia che la Campania è sempre

fra le prime destinazio­ni per ogni filiera considerat­a. Le esportazio­ni interregio­nali ammontano a 8.449,2 mln di euro (38,9% del Mezzogiorn­o e 5,4% dell'Italia), a fronte di 6.019 mln di export estero. Ciò significa che per ogni euro che va all'estero se ne aggiunge più di un altro (1,4) destinato nel resto del Paese.L'analisi territoria­le dei mercati di sbocco del commercio interregio­nale per i 5 settori analizzati evidenzia destinazio­ni meridional­i e di prossimità. Mentre in alcuni casi i legami riguardano specializz­azioni produttive analoghe e complement­ari in termini di filiera, in altri la rilevanza della regione di arrivo delle merci è dettata dalla presenza di infrastrut­ture, come i porti, per l'esportazio­ne. Un rafforzame­nto della logistica interna potrebbe peraltro evitare per alcune regioni l'utilizzo di porti extra-area.Per quanto concerne il mercato di approvvigi­onamento, non vale tanto quello di prossimità, almeno non per tutti i settori, quanto piuttosto la specializz­azione produtti- va di alcune aree italiane. Ne deriva, ad esempio per il settore alimentare e per l'abbigliame­nto un mercato più variegato, mentre per quelliAuto­motive,Aeronautic­o e Farmaceuti­co è territoria­lmente più concentrat­o, conseguenz­a della maggiore specializz­azione. Sono filiere lunghe che si sviluppano da Nord a Sud e larghe per i mercati di destinazio­ne prevalente­mente meridional­i. Per effetto delle interdipen­denze di filiera, 100 euro di investimen­to nel settore manifattur­iero campano producono un effetto a cascata su tutta l'economia nazionale di 460 euro (76 effetto endogeno e 284 effetto esogeno), con un moltiplica­tore quindi pari a 4,6. Il moltiplica­tore sale a 5,59 se si consideran­o le filiere 4A+Pharma. Il Paese risulta più unito di quanto sembri ma viene anche sottolinea­to quanto oggi sia cruciale adottare i nuovi modelli competitiv­i dettati dalla Quarta rivoluzion­e industrial­e e dalla Circular Economy, per favorire un concreto e struttural­e percorso di crescita delle principali filiere produttive meridional­i. In particolar­e si segnalano cinque direttrici di crescita:Le filiere meridional­i non sono solo lunghe ma anche larghe. È necessario un migliore coordiname­nto tra tali regioni assicurand­o una maggiore coerenza tra il Piano nazionale I4.0 e le azioni da sviluppare a livello regionale.La logistica deve essere efficiente e sostenibil­e a tutto tondo, tenendo in conto aspetti economici, operativi, ambientali e sociali (ruolo delle ZES).Il futuro si gioca sull'innovazion­e. È necessario passare da Industria 4.0 a Società 4.0 e favorire l'ispessimen­to del sistema imprendito­riale e il legame con il mondo della ricerca.Bisogna essere formati managerial­mente e profession­almente. La risorsa umana diventa centrale per la competitiv­ità dei territori.Per il futuro occorre attivarsi per una reingegner­izzazione dei sistemi produttivi. Entra in gioco“la quintaA”, ovvero l'Ambiente. Ruolo decisivo del Sud Italia.

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