Gli accertamenti bancari sui conti dei professionisti al cessionario
La Consulta estende l'ambito di applicazione delle opposizioni all'esecuzione in materia tributaria
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 114 del 31/05/2018, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lett. a), del D.P.R n. 602/1973 (recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) come sostituito dall'art. 16, D.lgs. n. 46/1999, nella parte in cui non prevede, per le controversie relative agli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento, le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c.. Con tale pronuncia la Consulta è finalmente intervenuta a colmare una carenza che incideva in senso limitativo sul diritto di difesa del contribuente, laddove a seguito di un pignoramento illegittimo subito dal Fisco, non era possibile contestare l'esecuzione di tale pretesa ex art.615 c.p.c., fatta eccezione per quella concernente la pignorabilità dei beni. E invero, prima della sentenza in commento, il contribuente che riceveva un pignoramento dall'Agente della Riscossione poteva proporre opposizione alla procedura esecutiva davanti al giudice ordinario limitatamente alla impignorabilità del bene (ad esempio in quanto bene intestato ad altro soggetto) ma, qualora avesse voluto contestare la pretesa dell'Ufficio nel merito (ad esempio nel caso di prescrizione del credito o della sua estinzione per rottamazione dei ruoli), non gli era consentito ricorrere allo strumento difensivo dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., in quanto non ammesso nel processo tributario se non per i casi di impignorabilità del bene. Il caso posto all'attenzione del Giudice delle Leggi trae origine da questioni di illegittimità costituzionale in riferimento all'art. 57, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 602/1973, sollevate con diverse ordinanze dai Tribunali di Sulmona e Trieste che, nell'ambito di giudizi di esecuzione aventi per oggetto pignoramenti presso terzi attivati da Equitalia, avevano ipotizzato possibili contrasti della norma impugnata con alcuni precetti costituzionali. In particolare, a parere dei giudici rimettenti, la limitazione posta dall'art. 57 cit. si poneva in contrasto con l'inviolabile diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost., non avendo, di fatto, il contribuente che subiva un pignoramento, la possibilità di difendersi se non per far valere l'impignorabilità dei beni, ma non anche per tutelarsi da esecuzioni illegittime; nonché dall'art. 113 Cost., in quanto la disposizione censurata limitava ed impediva la tutela del contribuente contro una determinata categoria di atti della PA e dei concessionari di quest'ultima. Si precisa fin da ora che, con la sentenza in oggetto, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Sulmona per carenza di motivazione; ritenendo, invece, ammissibili le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Trieste. In particolare, nei giudizi
pendenti innanzi al tribunale di Trieste una società, assoggettata a riscossione coattiva, dopo aver proposto in sede tributaria ricorso avverso sia l'avviso di accertamento, sia la cartella di pagamento e dopo aver chiesto la sospensione giudiziale dell'esecuzione degli atti impugnati, contestava, con atto di opposizione all'esecuzione ex art. 615 del Cpc, il diritto dell'Agente della riscossione di procedere a espropriazione forzata nella forma del pignoramento presso terzi, effettuato ai sensi dell'art. 72-bis del D.P.R. 602/1973. Tuttavia, questa rappresentava un'eccezione che non poteva essere fatte valere né davanti alle commissioni tributarie, poiché gli atti dell'esecuzione esulano dalla giurisdizione tributaria, né davanti al giudice ordinario per le limitazioni poste dal citato art. 57. Per tale motivo, il giudice rimettente ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 57 cit. nella parte in cui prevedeva l'inammissibilità delle opposizioni all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni, in quanto costringeva «il contribuente a subire in ogni caso l'esecuzione, ancorché ingiusta; con la sola possibilità di presentare ex post una richiesta di rimborso di quanto ingiustamente precetto dalla pubblica amministrazione, o suo concessionario per la riscossione, ovvero di agire per il risarcimento del danno» . La Consulta, pertanto, ritenendo fondata la questione sollevata dal giudice rimettente di Trieste, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 57, comma 1 lett. a) del Dpr 602/73 perché in contrasto con il diritto della difesa del contribuente, esponendolo a subire sempre e comunque l'esecuzione intrapresa dall'Ufficio. In particolare, secondo il Supremo Consesso, in materia di opposizione all'esecuzione degli
atti tributari, « (…) l'impossibilità di far valere innanzi al giudice dell'esecuzione l'illegittimità della riscossione mediante opposizione all'esecuzione, (…), confligge frontalmente con il diritto alla tutela giurisdizionale riconosciuto in generale dall'art. 24 Cost. e nei confronti della pubblica amministrazione dall'art. 113 Cost., dovendo essere assicurata in ogni caso una risposta di giustizia a chi si oppone alla riscossione coattiva » . I Giudici costituzionali hanno ravvisato una carenza di tutela giurisdizionale nelle ipotesi in cui (non essendo possibile il ricorso al giudice tributario perché carente di giurisdizione) sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario e l'azione esercitata dal contribuente doveva qualifi- carsi come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., poiché l'art. 57 cit. non ammetteva l'opposizione al diritto di procedere alla riscossione innanzi al giudice dell'esecuzione (essendo ammessa soltanto l'opposizione riguardante la mera regolarità formale del titolo esecutivo o degli atti della procedura).In forza di ciò la suddetta disposizione è stata dichiarata incostituzionale per diretta violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, con la conseguenza che nessun limite è posto ora al contribuente che intenda spiegare opposizione avverso l'esecuzione forzata intrapresa dall'egente della riscossione. In conclusione, questa importante decisione ha riportato sul piano della bilancia quell'evidente squilibro che per troppo tempo ha favorito i poteri del Fisco e limitato i diritti di difesa dei contribuenti, aprendo così nuove opportunità di difesa per il contribuente spesso costretto a subire danni ingiusti derivanti da un'azione esecutiva illegittima intrapresa dal Fisco.