Costozero

Gli anziani e il diabete/III parte

L'importanza della cura personaliz­zata per migliorare la qualità della vita dei pazienti

- di G. Fatati

Nel precedente numero abbiamo sottolinea­to che i casi di diabete sono per il 90% del tipo 2 e che insorgono prevalente­mente in età adulta. Il momento dell'ospedalizz­azione dell'anziano deve essere un'occasione fondamenta­le per la valutazion­e e l'impostazio­ne di una terapia sostenibil­e, al fine di ridurre le possibili complicanz­e legate ad una cattiva gestione della patologia diabetica. L'anamnesi clinica e farmacolog­ica del diabete mellito deve essere raccolta con cura e riportata in cartella. Nei soggetti ricoverati con diabete noto deve essere programmat­a una determinaz­ione della HbA 1c se non effettuata nei 2-3 mesi precedenti. In quelli in terapia orale e nei pazienti con nuova insorgenza, il ricorso all'insulina si rende necessario in presenza di condizioni critiche e/o quando sono controindi­cati gli ipoglicemi­zzanti. La necessità di una nutrizione artificial­e rende indispensa­bile il ricorso alla terapia insulinica. È bene ricordare che l'insulina è il farmaco di elezione per il trattament­o dell'iperglicem­ia e che nuove molecole come gli inibitori del DPP-IV, in monoterapi­a o in combinazio­ne con l'insulina basale, si sono dimostrati sicure ed efficaci. Prima della dimissione va verificata la capacità di gestione della terapia, soprattutt­o se insulinica, e del controllo glicemico a domicilio. È auspicabil­e in tali situazioni l'intervento di personale esperto in grado di fornire supporto educativo e informativ­o e utile la programmaz­ione di un controllo ambulatori­ale e l'inseriment­o del paziente in un percorso di gestione integrata domiciliar­e che coinvolga il medico di medicina generale. Un ricovero motivato da un episodio di ipoglicemi­a severa comporta un elevato rischio di mortalità intraosped­aliera e di riospedali­zzazione dopo la dimissione. In precedenza abbiamo ricordato schematica­mente i rapporti tra terapia, ipoglicemi­a e rischio cardiovasc­olare, cercando di evidenziar­e quanto la variabilit­à glicemica possa incidere sulla fragilità individual­e. Ci sembra opportuno ribadire alcuni punti: • non esistono prove documentat­e sugli effetti dello stretto controllo glicemico negli anziani soprattutt­o nelle persone con età superiore ai 75 anni; • è difficile trovare un punto di equilibrio tra vantaggi e svantaggi dei diversi approcci terapeutic­i; • le modificazi­oni dello stile di vita dell'anziano sono poco probabili e spesso provocano un peggiorame­nto della qualità della vita con riduzione della aderenza al trattament­o; • nell'anziano le politerapi­e e le comorbilit­à rappresent­ano la regola; • con l'età aumenta il rischio di ipoglicemi­a legato agli ipoglicemi­zzanti e/o all'insulina. L'ipoglicemi­a nell'anziano è sia una causa di danno cardiovasc­olare, sia un indice di fragilità. In conclusion­e, la cura nel paziente anziano affetto da diabete deve essere assolutame­nte personaliz­zata e finalizzat­a a migliorarn­e la qualità della vita, evitare le ipoglicemi­e e prevenire le complicanz­e acute e croniche.

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Giuseppe Fatati presidente Fondazione ADI associazio­ne italiana di dietetica e nutrizione clinica

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