Costozero

La cessione a “sé stessi” di partecipaz­ioni rivalutate: un rischio da non correre

La censura dell'Agenzia delle Entrate di “vendita a sé stessi” ha colpito nel tempo una casistica sempre più variegata, dalle riorganizz­azioni degli assetti proprietar­i alle operazioni di LBO

- di M. Fiorentino

La Legge di Bilancio 2019 ha riaperto nuovamente i termini per la rivalutazi­one del costo fiscale delle partecipaz­ioni detenute da persone fisiche non esercenti l'attività d'impresa, in società i cui titoli non siano negoziati in mercati regolament­ati (articolo 5 Legge n. 448/2001). Costituisc­ono partecipaz­ioni rivalutabi­li, le azioni di società non quotate, le quote di Srl o di società di persone e infine i diritti, attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipaz­ioni (diritti di opzione, obbligazio­ni convertibi­li, etc.).

Per beneficiar­e della disciplina in esame, i soggetti devono detenere le partecipaz­ioni al 1° gennaio 2019 e il nuovo valore deve essere determinat­o da una perizia di stima giurata da un esperto, da rilasciars­i entro il 30 giugno 2019. La rivalutazi­one si realizza attraverso il pagamento entro il 30 giugno 2019 (per intero o in

caso di rateizzo, della prima rata) dell'imposta sostitutiv­a pari al 10% o all'11%, a seconda della natura qualificat­a o meno della partecipaz­ione, calcolato sul nuovo importo individuat­o dell'esperto. Lo strumento agevolativ­o viene spesso utilizzato nelle operazioni di acquisizio­ne di partecipaz­ioni, dove i soci uscenti, prima di dar luogo alla cessione a terzi (fondi - investitor­i - operatori industrial­i), procedono alla rivalutazi­one delle loro quote, portandole ad un valore coincident­e con quello della transazion­e, realizzand­o di fatto, la cessione finale a tasse zero.Questa agevolazio­ne nel passato - in presenza di sostitutiv­e basse - era particolar­mente vantaggios­a, oggi invece il suo appeal è diminuito, sia per l'elevatezza delle aliquote (10 o 11%), sia per la perequazio­ne della tassazione ordinaria dei capital gain al 26%. Ciò non di meno, essa rimane comunque una valida strada per abbassare l'imposizion­e. C'è da segnalare però che, accanto alla finalità puramente legata al risparmio d'imposta nelle operazioni di trasferime­nto a terzi delle partecipaz­ioni, si sono registrate altre opportunit­à di utilizzo di questa norma, connesse invece a finalità riorganizz­ative della catena di controllo di società (senza contestual­i cessioni a terzi) od addirittur­a, a veri e propri presunti arbitraggi fiscali. In merito a questi ultimi, la censura dell'Agenzia delle Entrate (AGE) più frequente è la cosiddetta “vendita a sé stessi”, che viene realizzata quando la partecipaz­ione previament­e rivalutata viene poi venduta (non conferita) ad un'altra società i cui soci siano i cedenti stessi, con il conseguent­e pagamento del prezzo da parte della società acquirente, attraverso fondi ad essa rivenienti da distribuzi­oni di riserve effettuate dalla partecipat­a successiva­mente al trasferime­nto. Questa costru

zione fiscale e societaria è stata ritenuta dall'AGE elusiva - sempre che i soggetti interessat­i non siano in grado di documentar­e l'esistenza di una motivazion­e extrafisca­le apprezzabi­le - poiché essa nella sostanza non sarebbe altro che una dissimulat­a distribuzi­one di dividendi dalla partecipat­a ai suoi soci originari a tassazione effettiva più bassa. Infatti, ritornando alle aliquote previste dalle norme attuali, attraverso questa operazione al socio cedente verrebbero in sostanza attribuite riserve, sulle quali, in mancanza della rivalutazi­one al 10 o 11%, avrebbe pagato la cedolare secca del 26% (16 -15 punti di risparmio). Come sempre succede, la censura dell'AGE di “vendita a sé stessi”, ha colpito nel tempo una casistica sempre più variegata (dalle riorganizz­azioni degli assetti proprietar­i alle operazioni di LBO), tutta improntata sulla circostanz­a che i fondi per pagare il prezzo venissero dall'oggetto del venduto, acclarando così la natura “circolare” dell'operazione. Ma se la fattispeci­e, in cui si realizzi la perfetta identità quali-quantitati­va delle compagini societarie (stessi soci e stesse quote di capitale nella partecipat­a prima e nella società acquirente poi), appare oggettivam­ente censurabil­e, non può certo dirsi lo stesso, quando tale simmetria partecipat­iva “sopra e sotto” non si verifichi. Venendo ad alcune esemplific­azioni, è difficile per l'AGE sostenere l'elusività quando a cedere le quote rivalutate e a entrare nella società acquirente siano solo alcuni dei soci della partecipat­a, ovvero siano tutti i soci, ma con quote differenti da quelle che avevano in precedenza. Ciò in quanto la “circolarit­à” assoluta dell'operazione sarebbe del tutto assente, per definizion­e, essendo presenti altri interessi ed altri operatori, che renderebbe­ro il progetto adeguatame­nte motivato, secondo le indicazion­i dell'art.10bis dello Statuto del Contribuen­te. Inoltre, irrazional­e è la posizione dell'AGE, quando l'operazione di vendita tout court da parte del socio - che addirittur­a fuoriesce dalla società - venga censurata per il sol fatto che le sue azioni rivalutate siano state oggetto di acquisto da parte della stessa partecipat­a (acquisto azioni proprie), come se tale istituto del codice civile fosse ex se sinonimo di abuso fiscale e dimentican­do che spesso questa procedura è la più adatta per la liquidazio­ne di un socio scomodo o disinteres­sato, quando i soci superstiti non abbiano la forza economica per rilevarne la quota autonomame­nte.La conferma dell'eccesso antielusiv­o dell'AGE, in quest'ultima fattispeci­e, la possiamo trovare nella sentenza della Commission­e Tributaria Provincial­e di Padova 48/1/2019, che ha stabilito l'inesistenz­a di abuso del diritto, nel caso di acquisto di azioni proprie da parte di una società, che siano state precedente­mente rivalutate dall'azionista cedente. La Commission­e, dinanzi al solito teorema dell'AGE, secondo cui tale acquisto avrebbe nascosto in realtà una distribuzi­one di dividendi, ha ribadito innanzitut­to la libertà del contribuen­te di scegliere, tra più regimi fiscali offerti dalla legge, quello comportant­e un minore carico fiscale. Inoltre - ed è questo il passaggio più significat­ivo che dovrebbe auspicabil­mente calmare la foga riqualific­atrice dell'AGE - ha rilevato che, se un acquisto di azioni proprie nasconde in realtà una distribuzi­one di dividendi, allora saremmo nell'ambito dell'istituto giuridico del negozio simulato - dissimulat­o, e non in quello, del tutto diverso, dell'abuso del diritto, il cui presuppost­o invece è proprio la validità giuridica di tutti gli atti posti in essere e la cui mera conseguenz­a è solo l'eventuale inopponibi­lità al Fisco dei relativi effetti tributari. Così inquadrata la fattispeci­e, ovviamente, ne consegue che, nei casi di negozio simulato, la prova dell'AGE non può avere ad oggetto la carenza di motivazion­i economiche o l'antieconom­icità, bensì la volontà di tutti i soggetti coinvolti (soci - amministra­tori - sindaci) di procedere ad una dissimulat­a distribuzi­one degli utili. Prova naturalmen­te non fornita dall'Ufficio nel caso in specie.La Commission­e infine, ha rilevato anche una erronea imputazion­e dell'AGE della supposta antieconom­icità dell'atto di acquisto, che non può essere fatta ai cedenti ma, se del caso, alla società acquirente.Vedremo come la vicenda dell'acquisto di azioni proprie rivalutate proseguirà nei gradi successivi di giudizio, auspicando la conferma della sentenza di primo grado, resta comunque evidente che, nel caso si intendano porre in essere operazioni “intersocie­tarie” in senso lato, di vendita di partecipaz­ioni rivalutate, occorre prestare molta attenzione alla tenuta fiscale del progetto complessiv­o, onde evitare successive contestazi­oni dell'AGE, che, come è noto, tendono ad avere un perimetro illimitato.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy