Cento anni di imprese al servizio del territorio
Per l'Assemblea del Centenario di Confindustria Salerno, il presidente Andrea Prete ha riunito i suoi omologhi delle Territoriali campane per una corale riflessione sugli ostacoli che rallentano l'attività di impresa e, più in generale, sul diffuso pregiu
Anno 2018. Il presidente di Confindustria Salerno Andrea Prete chiama a raccolta Unioncamere, Confagricoltura, Retimprese Italia e Coldiretti, per sollecitare il governo di allora a ricalibrare la propria attenzione verso scelte di politica economica che tenessero conto della centralità del sistema delle imprese. Dodici mesi dopo - per l'Assemblea del Centenario di Confindustria Salerno, tenutasi il 20 novembre scorso a Palazzo di Città - il presidente Prete rilancia. Questa volta riunisce i suoi omologhi delle Territoriali di Confindustria in Campania per una corale riflessione sugli ostacoli che rallentano l'attività di impresa e, più in generale, sulla diffusa indifferenza del Paese verso il mondo che produce. Come a dire, cambiano i governi ma resta quell'esigenza di contrastare - dati e fatti alla mano - quel
pregiudizio di fondo nei confronti dell'impresa e della libera iniziativa. Nella sua relazione, Prete rimarca quanto «nell'Italia degli ultimi decenni non sia stato semplice fare impresa. Nessuno lo sa meglio degli imprenditori. Eppure, se ancora oggi esiste una manifattura forte, se esistono delle eccellenze produttive lungo l'intero Paese, se esiste il Made in Italy che tutto il mondo ci invidia, vorremmo ricordare che è merito di tutti noi che investiamo, con coraggio e passione, nelle idee e nella nostra economia». Nonostante il clima di assedio in cui sono costrette ad operare, infatti, le imprese da sempre sono «al servizio del territorio». È lungo l'elenco di titani contro cui resistere. Il nemico numero uno resta l'eccesso di burocrazia, letteralmente il «potere degli uffici». Prete rincara la dose, ricordando che «la burocrazia è la finanziaria nascosta che le imprese pagano ogni anno, iva compresa. Oppure - se la vogliamo mettere diversamente - è quel monte di risorse che vorremmo destinare all'innovazione per rispondere “ti assumo”
Il presidente Vincenzo Boccia annulla la cartolina del Centenario di Confindustria Salerno
quando chi cerca lavoro viene a bussare alle nostre fabbriche». Un costo che, stando alle cifre
di un recente studio del The European House-Ambrosetti, «equivale a 57 miliardi di euro all'anno per espletare gli adempimenti, i permessi e tutte le pratiche burocratiche richieste dall'amministrazione pubblica». Eppure la soluzione da tempo invano invocata è sotto gli occhi: «non sarebbe molto meglio applicare criteri automatici per l'attribuzione - ad esempio - di agevolazioni, con l'aiuto della tecnologia e di algoritmi?». Per dare nerbo e sostanza alla sua denuncia, il presidente di Confindustria Salerno aveva incaricato i funzionari della sua Associazione - ciascuno per la sua specifica area di competenza - di censire gli adempimenti cui sono sottoposte le imprese: 22 pagine di documenti da presentare in materia ambientale, privacy, lavoro, sicurezza, export, solo per tenere conto di aree trasversali alla gran parte di esse. «Atti ridondanti, spesso di difficile interpretazione, tanto che le verifiche ispettive il più delle volte non sono oggettive». E, come se non bastasse, alla burocrazia si aggiungono le sviste legislative strettamente legate all'attualità: «quanto successo con la “plastic tax” è paradigmatico.
Come si fa a pensare - per andare incontro a una giusta ed emergente attenzione verso la sostenibilità ambientale - di tassare le imprese del comparto, anziché incentivare il processo di adeguamento tecnologico?». Nel Salernitano sono coinvolte realtà che fatturano circa un miliardo, con almeno 5000 posti di lavoro, compreso l'indotto. Un settore legato a doppio filo al comparto alimentare, sulla cui competitività pesa in modo determinante anche il costo dell'imballaggio. La politica penalizza l'impresa in molteplici maniere quando decide e la danneggia anche quando, invece, tentenna o non sceglie. Prete sottolinea, infatti, «come l'Italia soffra di una drammatica carenza nel preferire la centralità della ricerca, dell'educazione, della formazione e dell'innovazione e, quindi, nel fornire adeguati finanziamenti a questi settori». Se non si inverte la rotta, sarà sempre più difficile arginare il fenomeno dei “cervelli in fuga”, contrastabile solo «riuscendo a creare un ponte efficace con il mondo del lavoro, che spesso in Italia vive una crisi legata a domanda e offerta, con le aziende che non trovano le competenze adatte alla propria attività e i ragazzi costretti ad andare via per seguire le proprie passioni». L'affondo è netto: «al Sud, quanto al Nord, manca una decisione fondamentale da parte dello Stato. Quella di sostenere la crescita, investendo e sostenendo gli sforzi delle imprese anche nel trattenere i talenti. Una
mancata attenzione che viene da lontano, ma che si è acuita quando si è scelto di spostare per meri fini elettorali - le risorse dalle imprese alle persone: leggi quota 100 e reddito di cittadinanza. Sono stati sprecati 20 miliardi, senza che questi provvedimenti fossero utili a creare occupazione o a facilitare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro. Un Paese che non investe è destinato a perdere le sue migliori energie. Per il momento sono i giovani i primi a lasciare. Prima o poi potremmo essere noi imprese a seguirli». L'unico barlume di prospettiva, Prete lo ravvisa nella frontiera della sostenibilità, «una via praticabile per agganciare il futuro, rispetto alla quale l'Italia sta già facendo la sua parte. Sempre più imprenditori, infatti, scelgono la
strada green e lo fanno adottando un modello che fonde insieme qualità, bellezza, innovazione, rispetto dell'ambiente e coesione sociale. I dati Unioncamere ci dicono che quasi il 25% delle imprese industriali e terziarie ha scommesso sulla green economy, innovando. Un'azienda green su 4 ha introdotto tecnologie 4.0. Bene, pertanto, spingere sulla economia circolare che può essere uno dei driver per innovarsi e crescere, anche al fine di incentivare l'utilizzo delle materie prime secondarie». Infine, uno slancio per rimettersi in campo lo si può avere dagli obiettivi che, nonostante tutto, il territorio nel suo complesso ha centrato. La fine del commissariamento della sanità in Campania, i cui conti sono stati risanati al punto da permettere
il pagamento dei fornitori entro 38 giorni contro i 60 della Lombardia. L'integrazione dell'aeroporto Salerno-Costa d'Amalfi con quello di Capodichino, giunta finalmente a destinazione. E, poi, i validi esempi - Contratti di Sviluppo e quelli di Programma, il maggior credito d'imposta per gli investimenti grazie al co-finanziamento, la space economy, in cui la Campania ha aggiunto all'investimento statale, in uno dei mercati più promettenti, 20 milioni di euro attraverso i fondi Po Fesr “Asse I Ricerca e Sviluppo” - di come le politiche regionali siano ancora più incisive quando integrano la dotazione nazionale di risorse, mostrando al contempo come i Fondi Europei possono essere bene impiegati per sostenere lo sviluppo delle imprese.