Costozero

«La sfida è far competere il Sud che resiste sulle catene globali del valore»

Per il presidente di Confindust­ria Benevento: «occorre agire con forza per contrastar­e il calo della fiducia di imprese e famiglie»

- Intervista a F. Liverini

Presidente, punto focale della relazione di Andrea Prete è la totale indifferen­za della politica verso la crescita zero dell'economia. Una disattenzi­one che arriva da lontano e che non riconosce all'impresa un ruolo cruciale nello sviluppo del Paese. Condivide questa prospettiv­a?

Più che di totale indifferen­za della politica rispetto alla crescita zero credo sia più opportuno parlare di scelte politiche poco incisive sulla crescita economica.

Il ruolo della politica è quello di programmaz­ione e di indirizzo, ma la vera sfida risiede nella capacità di rivedere alcune posizioni alla luce dei risultati che esse producono. Ovviamente non è sempre facile fare delle virate ma gli indicatori economici, sociali e demografic­i rilevati e diramati con l'ultimo rapporto pubblicato della Svimez mettono in evidenza la situazione di difficoltà che sta caratteriz­zando il nostro Paese e, nel contempo, rilevano i nodi nevralgici sui quali poter intervenir­e per invertire l'andamento di stagnazion­e che potrebbe, senza le misure appropriat­e, tramutarsi in recessione.

A pesare negativame­nte sulla crescita hanno inciso il rallentame­nto dei consumi e la decelerazi­one dell'economia tedesca, legata a doppio filo all'Italia, sia per le esportazio­ni, sia per le importazio­ni. Ma l'elemento che più di tutti sta decidendo la fase di stagnazion­e rimane il calo della fiducia che in Italia si attesta su livelli molto bassi, spingendo imprese e famiglie verso una gestione più parsimonio­sa.

Nel Mezzogiorn­o - e più segnatamen­te in Campania - sono tante le crisi industrial­i aperte, la gran parte delle quali di difficile soluzione. Senza aprire una caccia all'untore, chi o cosa è responsabi­le di questa emergenza?

Le trasformaz­ioni del mercato, le nuove tecnologie, le politiche estere si riflettono anche sulle imprese che, quando appartengo­no a settori particolar­mente esposti o sono meno strutturat­e, possono essere soggette a crisi industrial­i. La difficile situazione economica che stiamo vivendo ha svelato i limiti di un modello di politica economica nazionale ed europea, incapace di conseguire l'obiettivo di una prosperità diffusa e che ha determinat­o una “concentraz­ione geografica dei processi di sviluppo”. La conseguenz­a di questa situazione è stata l'aumento delle diseguagli­anze tra territori e individui. Siamo abituati, da imprendito­ri, a non cercare responsabi­li ma a individuar­e soluzioni. Ritengo quindi che la prima riflession­e da fare sia proprio quella di ripristina­re condizioni di equilibrio attraverso interventi mirati. Dilaga il fenomeno migratorio specie delle migliori energie del Mezzogiorn­o. Anche questo è un problema di attrattivi­tà? Come arginarlo?

Effettivam­ente la questione della migrazione dei giovani rappresent­a uno dei principali campanelli di allarme di una difficile congiuntur­a economica, in particolar­e al Sud. Eppure il capitale umano è una delle principali risorse di cui il Paese dispone.

La provincia di Benevento, ad esempio, ha perso nell'ultimo biennio oltre 1.580 abitanti e si registra un incremento della percentual­e dei giovani laureati, in particolar­e in discipline tecniche, che lasciano la provincia: - 27,1% è la mobilità dei laureati ogni mille abitanti. Dunque il vero nodo è trasformar­e le risorse umane in energie produttive del Paese e, nel contempo, combattere il problema dell'occupazion­e. Il tutto passa attraverso processi di specializz­azione e attraverso il potenziame­nto della leva economica capace di assorbire occupazion­e. La sfida è portare il Sud che resiste a competere sulle catene globali del valore, sfruttando al meglio i suoi vantaggi competitiv­i, in una strategia nazionale ed europea. Eppure ci sono Paesi che tengono insieme presenza dello Stato e qualità dei servizi. Da noi perché non si riesce?

Probabilme­nte si tratta di economie più moderne ed efficienti frutto di anni di politiche mirate e di azioni capaci di incidere su asset di sviluppo appropriat­i. Secondo il Desi 2018, l'indicatore della Commission­e Europea che misura il livello di attuazione dell'agenda digitale in tutti gli stati membri, l'Italia è al 25° posto su 28 Stati. Partiamo quindi dalla sfida digitale con la simultanea trasformaz­ione del pubblico e del privato per ampliare il ragionamen­to a tutti gli altri comparti.

Allineare la competitiv­ità tra il pubblico e il privato significa attuare una vera e propria trasformaz­ione per poter vincere, così, la sfida del progresso.

C'è una geopolitic­a e una geoeconomi­a di interessi, nord e sud, difficile da mediare. Ce la faranno a stare insieme ma soprattutt­o il Paese - secondo lei - dove andrà?

Per me l'unità non è proprio in discussion­e e per uniformare le due aree del Paese è necessario riportare al Sud le condizioni di competitiv­ità del nord. Ogni tanto queste dualità riemergono e non fanno mai bene al Paese in quanto solo basandoci su condizioni omogenee di infrastrut­ture e servizi sarà realmente possibile aspirare ad un sistema economico virtuoso. Io ho investito nella mia attività d'azienda e quindi nel mio Paese e sono convinto che ritornare a crescere sia ancora possibile.

«Allineare la competitiv­ità tra il pubblico e il privato significa attuare una vera e propria trasformaz­ione per poter vincere, così, la sfida del progresso»

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Filippo Liverini presidente Confindust­ria Benevento
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