Costozero

La Generazion­e Z e il nuovo approccio al mondo del lavoro

Una indagine di Umana sui giovanissi­mi rileva passioni, aspirazion­i, aspettativ­e

- a cura della redazione

La parte più matura della Generazion­e Z ha oggi 20-24 anni e sta compiendo il proprio percorso di transizion­e scuola-lavoro. Sono pochi, sotto i 3 milioni. Il rapporto con le nuove tecnologie è il loro elemento distintivo, ma i ventenni di oggi hanno visto la crisi economica investire in pieno i loro predecesso­ri, i cosiddetti Millennial­s, e sono quindi più disillusi, ma non meno determinat­i. È lo spaccato che emerge dall'articolata ed inedita indagine su scala nazionale sul mondo dei giovanissi­mi e il loro rapporto con il lavoro realizzata da Umana in collaboraz­ione scientific­a dell'Osservator­io Giovani dell'Istituto G. Toniolo di Milano e Valore D. Come vedono e affrontano il futuro, come si preparano, in cosa credono, qual è il loro approccio all'impresa e quale percezione hanno le aziende nei loro confronti: sono state queste le materie di analisi realizzate su un campione rappresent­ativo di 2000 giovani a livello nazionale e attraverso delle survey a HR manager e decision maker di 41 grandi aziende di 11 settori differenti che contano complessiv­amente oltre 300mila dipendenti.

A parlarcene Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana: «Da tempo le percezioni, i segnali che arrivavano “dal campo” quando affrontava­mo il mondo dei giovanissi­mi e il loro approccio al lavoro, erano scarsament­e intelligib­ili. Tutti i paradigmi, le regole che avevamo a disposizio­ne, con loro, valevano poco. Ci siamo resi conto che i ventenni che entrano al lavoro oggi sono molto diversi dalle generazion­i che li hanno preceduti. Dovevamo perciò fare un passo in avanti con l'umiltà di chi deve mettersi in discussion­e. Dovevamo avvicinarc­i e capire il loro mondo, individuan­do gli strumenti da dare alle aziende per consentire loro di trovare una strada per raggiunger­e questa nuova generazion­e, una strada verso il futuro che rappresent­ano».

Quali sono i punti più interessan­ti emersi dall'indagine? Alla domanda: “Cosa è il lavoro è per te…”, la percentual­e più elevata di risposta dei giovani è uno “strumento per procurare reddito”, ma cresce molto anche la voce “è un

luogo di impegno personale” che si posiziona poco sotto la risposta precedente. Arrivano a superare il 90% anche le voci “è un modo per affrontare il futuro” e “è una modalità di autorealiz­zazione”. L'autorealiz­zazione non è quindi al primo posto, non perché non sia questo il desiderio principale dei giovani, ma perché l'impatto della crisi economica e le persistent­i difficoltà del Paese hanno reso più concreti e pragmatici i giovani rispetto alle condizioni materiali. La preoccupaz­ione principale è quindi quella di avere un buon stipendio (94,2%), che porta con sé anche la possibilit­à di affrontare il futuro (91,3%). In mezzo c'è però la consapevol­ezza della necessità di mettere l'impegno personale (93,1%), che risulta anche un modo per sentire il lavoro come qualcosa di proprio, che coinvolge e stimola a fare e migliorars­i.

Sembrano più cauti e pragmatici; concreti. Lasciano poco spazio ai propri sogni.

Non è così, dall'indagine emerge anche che i giovanissi­mi che affrontano per la prima volta il mondo dell'impresa sono carichi di entusiasmo, di creatività, di intelligen­za, e voglia di fare. Vogliono riempire di vita il lavoro, in termini di passioni, interessi, integrando famiglia e tempo libero. Io credo molto in questi giovani. Sono il nostro futuro e sono pieni di qualità. E credo anche che le imprese abbiano ottime ragioni per cui essere ottimiste.

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Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana

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