PIDMed, l'innovazione costruita insieme
Avvicinare le imprese alle tecnologie abilitanti con un ampio programma di trasformazione digitale in linea con l'identità culturale e le vocazioni tipiche del territorio salernitano. Entra nella fase 2 il piano che punta sull'idea di creare ponti tra la cultura digitale e le MPMI, attraverso l'utilizzo di più discipline e attori. Ne parliamo con Alex Giordano, Direttore Scientifico del programma di ricerca/azione SOCIETING4.0 - PIDMed
Partiamo dal manifesto di Societing 4.0, dalle parole sue più significative per raccontare l'esperienza del PIDMed: «creare un ecosistema dei processi di innovazione sociale e tecnologica, incoraggiando una diffusa alfabetizzazione a vantaggio di una distribuzione condivisa dei poteri e delle responsabilità delle/nelle comunità, per evitare che la tecnologia condizioni in negativo la vita dell'uomo». Una premessa che ha il sapore di una rivoluzione culturale: soddisfatto dei risultati raggiunti?
Mi sembra utile prima di tutto spiegare la relazione tra Societing 4.0 e PIDMed. Societing 4.0 è un Programma di ricerca-azione che fa da contenitore ideale ad una serie di attività e iniziative che puntano a definire, sperimentandolo, un modello di trasformazione digitale confacente con la nostra identità culturale e con il nostro sistema imprenditoriale. Il Manifesto citato esplicita la linea di indirizzo “politica” delle azioni e delle attività del Programma. Penso che la necessità di creare un ecosistema dei processi di innovazione sociale e tecnologica che parta da una diffusa alfabetizzazione delle tecnologie sia, più che una rivoluzione culturale, l'occasione di rispettare le condizioni di contesto socio-economiche nelle quali si intende introdurre il 4.0. Per questo siamo soddisfatti di essere riusciti, in questo momento, a fare una prima esperienza di alfabetizzazione e “addomesticamento” delle tecnologie 4.0 anche con le piccole e micro imprese attraverso il progetto PIDMed. Le azioni di Societing 4.0 si basano, da sempre, sulla necessità del rispetto dell'ecosistema sociale, economico e anche ambientale e, per questo, da subito abbiamo abbracciato il concetto di sostenibilità che l'ONU, attraverso gli SDGs propone da qualche anno. In questo modo, senza volerlo, abbiamo anticipato una necessità che ora l'era Covid ci impone.
Ma come ha funzionato il PIDMed? Chi sono stati i soggetti coinvolti e con quali ruoli e finalità?
Con il presidente della CCIAA di Salerno e tutto lo staff coinvolto nel progetto abbiamo deciso da subito che il nostro PID avrebbe dovuto avere una matrice mediterranea (usando questo aggettivo in contrapposizione al modello tedesco di Industry 4.0,
difficilmente calabile totalmente sui nostri contesti, che guarda alla fabbrica totalmente automatizzata) immaginando cioè che le tecnologie, anche le più evolute, non avrebbero dovuto snaturare le peculiarità del nostro sistema produttivo ma che avrebbero dovuto piegarsi alle reali esigenze delle imprese. Abbiamo quindi tradotto il nostro metodo di lavoro che si fonda sull'idea di creare ponti tra la cultura digitale e le MPMI attraverso l'utilizzo di più discipline e di una molteplicità di attori. Anzitutto l'Università Federico II di Napoli che è capofila del Centro di Competenza del Piano Nazionale Impresa 4.0 e poi vari altri soggetti che hanno consentito di acquisire le soluzioni messe successivamente a disposizione delle imprese. Attraverso una mappatura delle soluzioni studiate presso i Dipartimenti dell'Università che fanno ricerca, è stato possibile elaborare una sorta di catalogo delle soluzioni che potevamo proporre agli imprenditori che avessero richiesto i servizi di PIDMed. Le soluzioni sono arrivate, poi, anche dal mondo dell'open source (per esempio abbiamo utilizzato Industrino, un pannello di
Arduino creato per la gestione del 4.0) e da startup collegate al sistema degli attori che fanno capo all'Università (l'incubatore Campania New Steel e il TIM Working Capital che si trovano all'interno dell'Università e supportano le startup; partner come Cisco; spin off universitari; il mondo dell'innovazione di base come la collaborazione con il Centro di Artigianato Digitale che fa ricerca applicata, ecc.). Inoltre abbiamo organizzato con il Dipartimento di Scienze Sociali un percorso molto articolato con un gruppo di 30 giovani studiosi sceltissimi che, dopo aver avuto una formazione intensa sulle tecnologie 4.0, avvenuta grazie alla collaborazione dei più grandi luminari delle materie, hanno fatto un percorso per diventare facilitatori della trasformazione digitale per le micro, piccole e medie imprese. Questa attività ha avuto molto successo. E questi giovani hanno lavorato sodo fianco a fianco delle imprese, analizzandone i problemi. Sono stati insigniti di diversi riconoscimenti, tra cui decine di lettere di apprezzamento arrivate al Rettorato, ma la cosa più bella è che alcuni sono stati chiamati a lavorare presso le imprese stesse.
Esperienza alla mano, in cifre quanta innovazione c'è nelle imprese italiane e in particolare in quelle salernitane e quanta ne hanno acquisito grazie all'esperienza del modello mediterraneo?
Questa è una domanda complessa dove le cifre ci dicono poco. In generale, gli imprenditori italiani non si sottraggono ai processi di innovazione quando ne colgono l'opportunità e il senso. Per dare dei numeri, da una ricerca condotta tre anni fa su un campione di 23.700 imprese, emerge che l'8,4% delle imprese utilizza almeno una delle tecnologie 4.0 e che le imprese “tradizionali” (che non utilizzano tecnologie 4.0 né hanno in programma interventi futuri) rappresentano la maggioranza della popolazione industriale, pari all'86,9% del totale. Se ci chiediamo perché possiamo rispondere con alcune delle considerazioni che riguardano PIDMed che si muove in un territorio di imprese piccole e piccolissime, spesso di matrice artigianale o agricola che si trovano al di
fuori di distretti industriali trainanti. E questa è la condizione di moltissime imprese italiane. Per questo il ruolo principale svolto da PIDMed è stato quello di demistificare la propaganda delle tecnologie che troppo spesso viene lanciata come una pallottola d'argento, salvo poi non generare reali ed evidenti cambiamenti. La scelta fatta con lo staff di PIDMed è stata realizzare un lavoro antropologico, evitando di vendere soluzioni e partendo, al contrario, dallo studio delle imprese per capire le loro reali esigenze e poterle supportare nel modo più utile a realizzare progetti che andassero nella direzione della risoluzione dei problemi. In molti casi le imprese, soprattutto le più piccole, hanno potuto avvalersi anche di voucher sempre messi a disposizione dalla CCIAA che rimborsavano piccoli interventi. Ma quello che è stato apprezzato di più dalle imprese è stata proprio l'azione di mentoring che ha visto il PIDMed fare da ponte con il meglio della ricerca tecnologica dell'Università. Questo ha evitato di superare molta della propaganda e delle mistificazioni intorno all'innovazione che cercano di trasformare gli imprenditori in “clienti” delle tecnologie. Gli imprenditori hanno potuto contare su consulenze gratuite per l'analisi dei loro bisogni ed essere messi in contatto diretto con i centri di ricerca dell'Università che potevano orientarli rispetto alle loro reali necessità In alcuni casi sono nati progetti ancora in corso. È una soddisfazione anche dire che su questa attività la CCIAA di Salerno ha realizzato il 50% dei numeri nazionali di tutto il sistema dei PID e ora si sta organizzando per favorire ancora di più questo aspetto del progetto che è stato molto gradito dagli imprenditori e che va incontro anche alle esigenze delle aziende più strutturate. Ci siamo trovati ad organizzare incontri, mentoring, innovation lab e varie attività di comunicazione che hanno coinvolto centinaia di imprese e che hanno portato ad avere 184 richieste di voucher a Caserta (di queste 55 sono state approvate) e oltre 200 imprese della provincia di Salerno che hanno fatto richiesta (122 sono state qui le richieste approvate). Certo, la maggior parte delle piccolissime imprese è ancora distante dal 4.0, anzi molti sono ancora lontani dalla fase 2.0 dell'innovazione. Si tratta di aziende rivolte alla produzione reale e per loro le tecnologie per ora possono avere un'utile funzione soprattutto per tutto ciò che non riguarda direttamente la produzione come il marketing, le vendite, l'amministrazione e la logistica. Il problema in realtà è che la tecnologia deve poggiarsi su processi formalizzati e spesso manca la definizione di questi: in moltissimi casi, infatti, le imprese si basano sull'estro dell'imprenditore e su pratiche che si tramandano e che non sono codificate. PIDMed quindi ha prima di tutto affrontato questo vulnus di sistema, cercando di avvicinare le imprese alle tecnologie abilitanti.Questo ha consentito di ottenere un riconoscimento ufficiale della qualità della progettualità messa in campo. Un gruppo di imprese del turismo salernitane, infatti, ha vinto il Premio Nazionale TOP of THE PID di Unioncamere alla Maker Faire European Edition '19 con un progetto sui Big Data. E non è male che sia stato vinto da una azienda
della CCIAA di Salerno quando a partecipare erano migliaia di progetti da tutta Italia, anche dalle regioni storicamente più tecnologicamente evolute.
Lungo quali direttrici si sono snodati i progetti delle aziende del PIDMed? Quali aree tematiche sono state prevalenti?
I progetti si sono concentrati soprattutto su Agrifood e Turismo, i pilastri del nostro territorio. Questo ci ha aiutato a fare prototipazione e a capire che serve un forte impulso proprio verso questi comparti, cercando di creare sempre di più anche connessioni virtuose tra i due. Per altro anche in un prossimo futuro post-Covid ci sembra che questi settori possano esprimere potenzialità di grande interesse non solo per le aree e le modalità più tradizionali ma anche per le aree interne e per far incontrare in modo nuovo cibo e territorio. Per altro non ci dobbiamo dimenticare che siamo la provincia dove è nata la Dieta Mediterranea, ad oggi uno dei 10 brand più famosi del mondo. Pare però che non siamo così bravi a godere di questo brand globale e neppure a preservare questo patrimonio che ha tutto: cultura, piacere del gusto, qualità dei prodotti, tutela della biodiversità e cura della salute e che potrebbe essere il collante per tenere insieme la maggior parte del sistema impresa del territorio. Per il futuro è previsto un focus sul tema che consideri appunto il sistema agrifood di qualità ma in connessione anche con il sistema turismo. Ad ogni modo abbiamo lavorato anche con aziende medie industriali e del manifatturiero e abbiamo intenzione di intensificare il rapporto con queste imprese, soprattutto continuando a fare da ponte tra loro e le soluzioni elaborate dalla ricerca universitaria. Per esempio abbiamo messo in connessione diverse imprese del Salernitano con Dipartimenti dell'Università che fanno ricerca molto evoluta (per esempio nel campo dell'aeronautica) e si sono sviluppati progetti che sono ancora in corso (nelle pagine successive, tre progetti emblematici). Iniziative come questa riescono a incidere anche sulla costruzione di un pensiero critico nella società?
Iniziative come questa, secondo noi, aiutano soprattutto a mettere in pratica un pensiero critico consentendoci di co-costruire un progetto di futuro che non sia deciso da altri e in altre realtà socio-culturali ed economiche troppo distanti dalle nostre che vedono le imprese solo come clienti passivi, acquirenti di tecnologie. Abbiamo subito il fascino di modelli preconfezionata lontani da noi (la retorica delle startup della Silicon Valley o l'Industry 4.0 tedesco) che ahimè sembra ancora influenzare le aree più provinciali. Noi pensiamo che non ci servano i guru dell'innovazione o i geni creativi a servizio delle imprese, ma che serva invece rimboccarsi le maniche e lavorare insieme per costruire occasioni di cambiamento e innovazione che siano rispettose della nostra identità e delle nostre vocazioni, a partire dalla creatività e dall'ingegno delle micro innovazioni quotidiane tipica dell'artigianato e delle imprese italiani e, consentitemelo, meridionali. È lì che si annida il vero genio e la vera creatività.
A quando la fase 2 del PIDMed? La fase due è di fatto già partita. Il lockdown ci ha fatto vedere due tipi di imprenditori: quelli che piangevano per capire come potevano prendere gli incentivi e le risorse pubbliche per riparare ai danni dei mancati guadagni e, dall'altra parte, quelli che ci hanno contattato “sfidandoci” a capire come adattare gli strumenti tecnologici e digitali per costruire un domani diverso.
È da qui che siamo ripartiti perché anche per noi le tecnologie non sono acceleratori di PIL ma la loro vera utilità è quella di poter essere applicate per aiutarci nella risoluzione dei problemi. La crisi determinata dalla pandemia Covid farà molti danni ma nel contempo, smuovendo le acque, darà un impulso nuovo al sistema impresa, soprattutto nella misura in cui riuscirà a favorire quel ricambio generazionale che è sempre difficile da realizzarsi nelle imprese di stampo familiare e che oggi, in alcuni casi, è un freno anche per una reale trasformazione digitale che ricordo non significa comprarsi un nuovo macchinario ma acquisire una nuova mentalità.
Lo scatto di questa nuova mentalità tra l'altro potrebbe essere l'occasione per dare valore, anche economico, alle nostre ricchezze locali.