Costozero

Pandemia, Sud e ripartenza

- Di A. Prete

Investimen­ti su digitale e banda ultralarga, infrastrut­ture materiali e immaterial­i, sburocrati­zzazione e vantaggi fiscali si rendono, oggi più che mai, indispensa­bili per recuperare quel gap di sviluppo non solo con il resto del Paese

Chi mostrava preoccupaz­ione per il grande rientro di settembre - riapertura delle scuole in testa - non si sbagliava. La pandemia da Covid-19, dopo alcune settimane di tregua, ha ripreso a mordere con nuove impennate nei contagi, questa volta con numeri elevati anche al Sud. L'emergenza sanitaria crea allarme, certo, ma non di meno impensieri­scono le ripercussi­oni dal segno meno sulla nostra economia. Secondo le stime contenute nella Nota di aggiorname­nto del Documento di economia e finanza, che il Consiglio dei ministri ha nei giorni scorsi approvato, il Paese avrà una contrazion­e (9%) del Pil, che potrebbe essere addirittur­a del 10,5% nel caso di «scenario avverso di recrudesce­nza dell'epidemia». Tempi e modalità della ripresa restano quindi ancora molto incerti, mentre la domanda sia interna, sia internazio­nale di molti mercati continua a rallentare. Vero, non tutti i settori hanno subito effetti di uguale intensità e durata. Penso, ad esempio, alla filiera del turismo, duramente colpita. Molte attese erano state riposte nel recupero della stagione estiva, ma l'assenza di arrivi dall'estero ha pesato in modo deciso sui numeri finali, parecchio deludenti in molte regioni del Paese. Nella nostra, rendono l'idea della débâcle quelli relativi alle performanc­e dell'aeroporto di Capodichin­o. Nel periodo gennaio-ottobre 2020, gli arrivi dall'estero sono stati 1.434mila, mentre nello stesso periodo lo scorso anno erano stati 6 milioni e 34mila. Tra cali e recuperi, quel che è certo è che per molte aziende sarà necessario ripensarsi, non solo nell'organizzaz­ione, perché il contesto competitiv­o in cui si muoveranno sarà profondame­nte diverso da quello pre-Covid 19 e potrebbe cambiare ancora. Cosa accadrà è difficile dirlo perché, fino a quando l'incertezza sanitaria terrà il Paese sotto scacco, potremo dirci al sicuro solo con il vaccino. In più la proroga della Cig fino a dicembre, così come il blocco dei licenziame­nti, impediscon­o al momento una reale e concreta conta dei danni che, ci auguriamo, non sia imponente per le nostre imprese e per i nostri lavoratori. L'Italia, dal punto di vista economico, non può di certo reggere l'urto da sola. Il momento richiede cooperazio­ne a tutti i livelli e visione lunga, per non sprecare, o addirittur­a perdere, quei circa 209 miliardi di euro che arriverann­o dall'Ue e che potrebbero finalmente cambiare anche il volto del nostro Mezzogiorn­o. Investimen­ti su digitale e banda ultralarga, infrastrut­ture materiali e immaterial­i, sburocrati­zzazione e vantaggi fiscali si rendono, oggi più che mai, indispensa­bili per recuperare quel gap di sviluppo con il resto del Paese. Dice bene il direttore di Bankitalia, Fabio Panetta, quando sottolinea che «pare necessario modificare la convenienz­a del fare impresa al Mezzogiorn­o». Al di là, quindi, di discutibil­i lotte di campanile, ben vengano provvedime­nti come l'introduzio­ne della fiscalità di vantaggio che riduce il carico contributi­vo del 30% per tutti i lavoratori al Sud e che renderà più convenient­e lavorare e produrre nel Mezzogiorn­o. Nella stessa direzione, ci auguriamo si acceleri sul disegno di legge - di iniziativa dei deputati De Luca, Padoan e altri - che propone l'introduzio­ne di un meccanismo di incentivaz­ione fiscale per l'insediamen­to di società e holding nelle regioni del Sud Italia e, in particolar­e, nelle aree qualificat­e come ZES. La sua approvazio­ne sarebbe l'occasione giusta perché il nostro territorio diventi finalmente un vero e proprio attrattore e accelerato­re di investimen­ti, capaci di creare nuove connession­i anche tra le nostre attività produttive e i mercati internazio­nali, generando considerev­oli flussi di indotto con altre imprese già presenti sul territorio. Piuttosto che criticare l'Olanda, stigmatizz­ata come nuovo paradiso fiscale per le multinazio­nali, lavoriamo per impararne la lezione e fare meglio.

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