Costozero

Economia circolare: gli effetti del Decreto Imballaggi sulla Tari delle imprese

Le aziende guardano alle nuove disposizio­ni normative con grande attenzione, intraveden­do la possibilit­à di poter essere sollevate, in tutto o in parte, da una tassa mai digerita

- Di P. Paolillo

Dopo un lungo e articolato iter parlamenta­re lo Stato Italiano ha finalmente recepito, mediante quattro distinti decreti legislativ­i, una serie di Direttive Comunitari­e cumulativa­mente conosciute come “Pacchetto Rifiuti”. Si tratta di un passo decisivo nella transizion­e all'economia circolare di tali materiali, basata sul superament­o dell'attuale sistema produzione-consumo-smaltiment­o e sull'adozione di un modello, appunto circolare, in cui il rifiuto recuperato viene valorizzat­o e re-immesso in circolo come nuova materia prima.

In questo approfondi­mento tecnico parleremo in particolar­e di uno dei quattro provvedime­nti, il n. 116/2020 (Decreto Imballaggi), di particolar­e interesse per le imprese perché apporta modifiche al Testo Unico Ambientale (TUA) destinate a incidere significat­ivamente sul meccanismo di applicazio­ne della tassa sui rifiuti urbani (TARI) per le utenze non domestiche. A regime, queste ultime, in presenza di determinat­e condizioni, potrebbero essere non più costrette a sostenere contestual­mente il doppio costo per lo smaltiment­o in proprio dei rifiuti e di una tassa comunale su un servizio non ricevuto.

Le nuove definizion­i di rifiuti urbani e speciali. La prima e più significat­iva novità apportata dal Decreto Imballaggi riguarda l'art. 183 TUA, che introduce nuove definizion­i di rifiuto urbano e rifiuto speciale. Premesso che la TARI si applica solo alle superfici suscettibi­li di produrre rifiuti urbani, mentre allo smaltiment­o degli speciali deve provvedere il produttore a proprie spese, il Legislator­e ha inteso mettere ordine e cancellare tutte le distorsion­i tributarie fin qui generate da una terza categoria di rifiuti, gli speciali assimilati agli urbani. Si tratta di scarti provenient­i da attività produttive con caratteris­tiche merceologi­che analoghe ai rifiuti domestici, assimilati a urbani per effetto dei singoli Regolament­i comunali. Divenuti (teoricamen­te) conferibil­i al servizio di raccolta pubblica, diventano oggetto di TARI. Fin qui molti Comuni hanno utilizzato il meccanismo dell'assimilazi­one in modo speculativ­o, consideran­do urbani i materiali più disparati al solo fine di estendere la TARI alle superfici produttive, per poi concedere generiche riduzioni su un servizio non erogato. Il Decreto elimina ogni possibile discrezion­alità e dispone un meccanismo di assimilazi­one uguale per tutti i Comuni italiani. Indipenden­temente dalle diverse previsioni dei regolament­i locali, saranno rifiuti urbani solo quelli domestici e quelli ricompresi nell'allegato L-quater, provenient­i dalle attività riportate nell'allegato L -quinquies.

Nell'allegato L-quater troviamo quali sono i rifiuti da considerar­e urbani ai fini della TARI. Rispetto alla Deliberazi­one CIPE 27.07.1984, il riferiment­o tecnico più utilizzato dai Regolament­i comunali, ancorché risalente a epoca pre-raccolta differenzi­ata, viene introdotto un elenco organizzat­o per CER e non per tipologia di materiale, limitato ai soli imballaggi (di tutte le tipologie) e ai rifiuti merceologi­camente simili ai quali è possibile attribuire il CER categoria 20. Quest'ultima, notoriamen­te, non ricomprend­e

gli scarti di lavorazion­e, per i quali va condotta una classifica­zione basata sui CER specifici di ciascun comparto produttivo. Importante sottolinea­re che il nuovo criterio di assimilazi­one si basa solo sulla qualità del rifiuto, e non più anche sulla quantità. Ciò potrebbe costituire un problema per i grandi produttori di rifiuti da imballaggi­o, fin qui esenti da TARI laddove il gestore pubblico è impossibil­itato a garantire il servizio a causa di una dotazione impiantist­ica insufficie­nte. L'allegato L -quinques costituisc­e l'elenco di attività produttive alle quali va applicata la tassa sui rifiuti. Riporta solo 29 categorie di contribuen­za, e non più 30 come il fu Decreto Ronchi. La categoria esclusa è la n. 20 - Capannoni industrial­i con attività di produzione, impianti in cui è palese e fisiologic­a la produzione, in via continuati­va e prevalente, di rifiuti speciali anche pericolosi. Ciò significa che i Comuni non possono più tassare un impianto industrial­e, inteso come insieme funzionale e indivisibi­le di reparti produttivi, depositi, officine e locali tecnici. Nessun dubbio invece riguarda l'obbligo di assoggetta­mento delle superfici di stabilimen­to ad uso civile, quali uffici, mense e spogliatoi delle maestranze, luoghi ove si producono rifiuti del tutto simili alle utenze domestiche.

Esenzioni per smaltiment­o in proprio. Un'altra modifica destinata a produrre effetti negativi sulla fiscalità locale e sulle casse comunali è quella apportata a carico dell'art. 236 TUA. Il nuovo

«Il Decreto Imballaggi determiner­à un cambio della platea dei contribuen­ti TARI, con la conseguent­e perdita dei gettiti tributari dalle industrie e dalle attività che opteranno per i servizi dei privati»

art. 10 riconosce alle imprese la possibilit­à di non avvalersi del servizio pubblico e di avviare i rifiuti a recupero attraverso operatori privati, rimanendo escluse dalla correspons­ione della componente tariffaria in rapporto alla quantità dei rifiuti conferiti. La scelta di optare per il libero mercato, una volta comunicata al Comune insieme all' attestazio­ne del soggetto che effettua il recupero, vale per un periodo minimo di cinque anni.

Rimane salva la possibilit­à per il contribuen­te di richiedere il ritorno al Gestore pubblico anche prima della scadenza quinquenna­le. Le imprese guardano al Decreto Imballaggi con grande attenzione, e intravedon­o nel nuovo e più trasparent­e scenario la possibilit­à di poter essere sollevate, in tutto o in parte, da una tassa mai digerita. Ma la pubblicazi­one del D.Lgs. 116/2020 sta animando anche i responsabi­li degli Uffici Tributi, ben consapevol­i dei possibili effetti negativi per le casse comunali e della necessità di raccordare la disciplina della TARI alla nuova formulazio­ne del TUA. Risultano infatti superati tutti i Regolament­i sui rifiuti, ivi compresi i meccanismi di tassazione basati su riduzioni forfettari­e, ora non più previste. Di sicuro il Decreto Imballaggi determiner­à un cambio della platea dei contribuen­ti TARI, con la conseguent­e perdita dei gettiti tributari dalle industrie e dalle attività che opteranno per i servizi dei privati. Tutto ciò rischia di causare un'impennata delle tariffe delle utenze domestiche, cosa che potrebbe indurre qualche amministra­tore ad approvare Regolament­i non pienamente coerenti con le nuove e le vecchie disposizio­ni legislativ­e. Tra queste segnaliamo il diritto alla detassazio­ne, quasi mai riconosciu­to alle imprese, sancito dall'art. 649 della Legge 47/2013: “nella determinaz­ione della superficie assoggetta­bile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuati­va e prevalente, rifiuti speciali”. Ciò significa che, indipenden­temente dall'assimilazi­one per legge degli imballaggi, poche decine di chili di scatole di cartone prodotte saltuariam­ente in un luogo in cui ogni giorno si generano quintali o tonnellate di rifiuti speciali non danno diritto al Comune di applicare la tassa, ancorché di importo ridotto forfettari­amente.

Ma al di là di ogni consideraz­ione tecnica, è certo che il Decreto Imballaggi imporrà uno scenario impositivo più chiaro che in passato, a tutto vantaggio della trasparenz­a che deve sempre contraddis­tinguere i rapporti tra Fisco e contribuen­ti. Di conseguenz­a la TARI non dovrebbe essere più oggetto, come accade ora, di continui contenzios­i di tipo tributario.

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