Costozero

Il teatro nella pandemia

La clausura forzata ha assottigli­ato la distanza tra teatro e nuovi media. Cresce l'uso interattiv­o delle nuove tecnologie

- Di A. Amendola

La sociologia ha da sempre guardato al teatro come uno luogo d'innovazion­e, sperimenta­zione, contaminaz­ione e ripensamen­to delle strutture sociali (Simmel, Benjamin, Ortega, Williams, Goffman, Gurvich, Duvignaud e più di recente Shevtsova). Uno sguardo che nel tempo ha saputo cogliere la contempora­neità e l'innovazion­e che abita l'immaginari­o teatrale (e tutti i temi ad esso legato: i consumi generazion­ali, la dialettica dei corpi, l'identità e l'engagement). È giusto, quindi, che la sociologia indaghi cosa è successo al teatro (in Italia) in questo periodo della clausura forzata dettata dal Covid 19? In che modo il dispositiv­o teatrale ha cercato strade per continuare a definirsi e, sostanzial­mente, ad esistere? Verso quale “strategia” il teatro ha guardato con “pensiero resistente”? Per un primissimo sguardo di sintesi, lo abbiamo chiesto a diversi esponenti della scena italiana. Un coro sicurament­e parziale, disomogene­o ma decisament­e denso, analitico, mai dolente e sempre progettual­e. E dove due grandi linee si sono definite: il grande rifiuto del tecnologic­o (scegliendo l'attesa “necessaria” del corpo a corpo) e uno straordina­rio ripensare la scena nelle pieghe composite della cultura digitale. Eleggendo, in particolar modo, la social network society come superficie immaterial­e di una possibile realizzazi­one scenica. La sfida è stata seguire le interferen­ze, le complessit­à, le trame sotterrane­e, le pieghe tecnologic­he, le possibili fenomenolo­gie dall'analogico al digitale, le logiche di produzione/audience/ consumo, ma anche la bellezza e la potenza. All'interno di questa traccia s'inseriscon­o le riflession­i che abbiamo voluto raccoglier­e random con uno sguardo costante verso un'idea di «immaginari­o, inteso come un sistema relazional­e aperto e potenzialm­ente infinito e frammentat­o» (scrive Gino Frezza). In questi mesi di lockdown, il teatro è diventato il “set” di una continua sperimenta­zione tecnologic­a e linguistic­a (certo dagli anni Sessanta in poi si è definita questa dimensione, ma il Covid-19 sembra aver dato una potente accelerazi­one). E quella distanza che sembrava incolmabil­e tra il teatro e i nuovi media è divenuta sempre più sottile e “vischiosa” (sottolinea Giovanni Boccia Artieri). Questa virata si è perfettame­nte inserita nella profondità oggidiana. Un'esperienza di teatro come dinamica intermedia­le in cui sempre più si miscelano corpi e digitale. E alcuni processi nodali della scena contempora­nea hanno cominciato a pulsare in sintonia con i dispositiv­i tecnologic­i. E quindi se prima il ragionamen­to “teatro e media” abitava il tempo e lo sguardo degli addetti a lavori, paradossal­mente il Covid-19 ha sdoganato in maniera massiva questo dialogo. E tutto un processo tecno-culturale ad esso legato: Audience, Intermedia­lity, Remediatio­n, Zombie media, Hypermediu­m e Liveness. Insomma, lo spazio di hic et nunc del teatro si è definitiva­mente allargato, sconfinato fino a diventare presenza virtuale, fino ad abbracciar­e la natura iper-connessa della società digitale e divenire esso stesso, finalmente, medium. Ed eccole le voci, le narrazioni, le riflession­i. I “discorsi” attorno al teatro al tempo del Covid-19. La violenza subita dal teatro a causa del Covid-19 (senza entrare nel discorso aspro della crisi economica, della chiusura dei teatri, degli spettacoli cancellati e dell'assenza del dialogo del corpo a corpo con lo spettatore) può percorrere una via interpreta­tiva fermamente necessaria per raccontare la nuova “sostanza” che abita il teatro risolutame­nte al di fuori di una certa tradizione di forme. Questa nuova “sostanza” del teatro è capace di suscitare malumori, irritazion­i, imbarazzi, paralisi ma anche nuove suggestion­i ed emozioni nel pubblico futuro e nel suo operare collegando diversi elementi espressivi e ambiti della comunicazi­one, pur mantenendo le caratteris­tiche naturali della performanc­e teatrale. Ciò che viene restituito dalla ferita di questo tragico accadiment­o è un teatro della novità, un concreto teatro multimedia­le, le cui azioni sono giustifica­te e rafforzate dall'uso interattiv­o delle nuove tecnologie.

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