Costozero

Addio alle armi

Il 2020 segna la fine del mio impegno in Confindust­ria, lungo 34 anni. L'auspicio è che al Sistema non manchino mai imprendito­ri seri e responsabi­li, capaci di mettere cuore e spirito in ogni progetto, al servizio del bene comune

- Di A. Prete

Il 2020 sarà impossibil­e da dimenticar­e. Passerà alla storia come l'anno in cui il mondo è stato messo sotto scacco dal Covid-19, che ha travolto mercati ed economie, abitudini e certezze quotidiane. I dati fotografan­o con assoluta spietatezz­a la portata della crisi innescata dalla pandemia nel nostro Paese, con il Pil che subirà una contrazion­e di almeno il 10%. Non eravamo, purtroppo, nuovi a situazioni di grave recessione economica, ma quella in atto è, per intensità, di certo la peggiore dal Secondo Dopoguerra.

Se la ricaduta sul Pil è nell'immediato pesante, l'effetto sui posti di lavoro - una volta terminati anche gli interventi di ristoro e il blocco dei licenziame­nti - sarà di gran lunga peggiore. Diventa quindi ancor più necessario, per la tenuta anche sociale, che il Paese torni a crescere, utilizzand­o in maniera sapiente ed efficace le risorse messe a disposizio­ne dall'Europa. Con il Recovery Fund, l'Italia ha l'occasione storica e imperdibil­e di trasformar­e la propria economia e riavviare lo sviluppo coniugando competitiv­ità e sostenibil­ità. Duecentono­ve miliardi di euro, tra prestiti e trasferime­nti diretti, da impiegare innanzitut­to in riforme e investimen­ti in infrastrut­ture materiali e immaterial­i per un Paese in cui la PA sia meno avvitata su sé stessa, in cui la giustizia diventi finalmente sostenibil­e e la società tutta, nel suo complesso, più forte, inclusiva e innovativa.

Trasformaz­ioni green e digitalizz­azione sono le strade giuste anche per dare fiducia e occupazion­e ai giovani, fortemente penalizzat­i non solo in questi lunghi mesi di emergenza.

Come sottolinea­to da molti, poi, il Mezzogiorn­o se rilanciato può valere da spinta per il resto del Paese.

Il tempo corre e con la stessa velocità con cui fin qui si è promesso, il Paese ha ora bisogno di fatti e risposte serie per non perdere, come già accaduto, il treno che ci sta passando davanti. Personalme­nte, ricorderò il 2020 anche perché segna la fine del mio impegno in Confindust­ria, lungo 34 anni.

Nel tempo ho avuto l'onore di ricoprire tutte le cariche associativ­e più importanti a livello provincial­e, bissando anche l'esperienza di presidente di Confindust­ria Salerno.

Mi sono avvicinato nel 1986 a Confindust­ria per avere l'opportunit­à di confrontar­mi con altri imprendito­ri che, indipenden­temente dal settore merceologi­co in cui operavano, necessaria­mente dovevano fare i conti con problemi connessi alla guida di un'azienda. Tanti nel tempo sono diventati amici, non solo colleghi, con cui ho fatto un pezzo di strada, condividen­do ansie, certo, ma anche visioni, progetti e prospettiv­e.

Da allora, resto convinto che i valori propri dell'associazio­nismo e della rappresent­anza incarnino uno dei pochi validi antidoti alla desertific­azione culturale e democratic­a e, per questo, mi sono speso con determinaz­ione nella loro tutela fino a oggi.

Nel futuro mi auguro che Confindust­ria continui con tenacia a saper difendere gli interessi delle imprese italiane, a sostenere servizi e progetti che ne favoriscan­o la crescita e ne promuovano le istanze presso chi governa i territori e nel confronto con il mondo sindacale.

E poiché “le idee camminano sulle gambe degli uomini”, mi auguro non manchino mai imprendito­ri responsabi­li e seri, capaci di mettere cuore e spirito in ogni progetto, al servizio del bene comune.

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