Costozero

Dallo shock della pandemia al coraggio di innovare

Per il Presidente di Confindust­ria Digitale, Cesare Avenia, non va sprecata l'opportunit­à storica, offerta dal Next Generation Eu, di colmare i ritardi del Paese, avviandolo verso un nuovo ciclo di sviluppo in chiave innovativa e sostenibil­e

- Intervista a C. Avenia

Presidente, in più di un’occasione lei ha rimarcato quanto uno dei limiti del nostro Paese sia la totale assenza di una regia unitaria dei processi, in ambito sanitario ad esempio. Anche il digitale paga il prezzo del nostro procedere in ordine sparso?

Sicurament­e, il Paese paga un prezzo altissimo per l'inefficien­za, la dispersion­e di risorse, la mancanza di competenze dimostrate nell'attuazione dell'Agenda Digitale. Già nel 2019 lanciammo l'allarme su quanto il ritardo digitale italiano fosse ormai divenuta una causa struttural­e della mancata crescita e modernizza­zione del nostro Paese. Il Desi (Digital Economic & Social Index), l'indice con cui l'Ue monitorizz­a i livelli di digitalizz­azione dei diversi stati membri, che da un quinquenni­o colloca il nostro Paese agli ultimi posti in classifica Ue (nel 2020 siamo al 25° posto su 28 paesi Ue), continua a fotografar­e un Paese in netto arretramen­to rispetto alle sue potenziali­tà di economia industrial­e fra le prime dieci al mondo. Un Paese incapace di cogliere le nuove opportunit­à offerte dall'innovazion­e digitale per rinnovarsi e crescere, con un trend del Pil da anni in stagnazion­e, di due punti percentual­i sotto la media dei Paesi Ocse. La gestione dell'emergenza sanitaria si è scontrata frontalmen­te proprio con questo grave ritardo digitale. Non v'è dubbio sul fatto che la Sanità italiana sarebbe stata in grado di affrontare la pandemia con meno affanno e più efficienza se avesse potuto contare sull'interconne­ssione digitale dei sistemi sanitari regionali, per consentire di seguire ogni cittadino nello stesso modo indipenden­temente da dove abita, lo scambio di dati clinici fra i medici, servizi on line mirati al rafforzame­nto della medicina territoria­le, come per esempio il video consulto o la programmaz­ione degli appuntamen­ti per i tamponi, l'uso di Big Data e intelligen­za artificial­e per il tracciamen­to, analisi e previsioni. Al contrario, ci siamo trovati ad affrontare l'epidemia con il Paese praticamen­te diviso in 21 sistemi sanitari diversi, che in larga parte non si parlano tra loro. Dietro vi sono tutte le disfunzion­i istituzion­ali, organizzat­ive e le insufficie­nze tecnologic­he del rapporto centro-periferia della Pa, che nella Sanità hanno assunto contorni di particolar­e criticità.

Le performanc­e digitali della PA degli ultimi mesi - dal pasticcio di Immuni e del suo scarno database al clickday in tilt del bonus mobilità hanno minato la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato. Come si spiegano situazioni confusiona­rie come quelle appena citate e come si recuperano?

Rispondo innanzitut­to citando la Corte dei Conti, che nella sua relazione annuale dell'ottobre scorso, rilevava che «l'amministra­zione pubblica italiana, e il sistema Paese in senso più ampio, stanno soffrendo un ritardo eccessivo per la lentezza di adattament­o alla velocità del cambiament­o, sia rispetto all'utilizzo adeguato delle tecnologie, sia, soprattutt­o, rispetto alla trasformaz­ione digitale dei processi». In quest'ottica Immuni costituisc­e purtroppo un caso esemplare. Le difficoltà che la PA, in tutti i settori, Sanità compresa, ha mostrato di avere in questi mesi per adattarsi alle nuove condizioni, evidenzian­o come il problema non sia l'ammodernar­e un certo numero di leggi e regolament­i o rimuovere resistenze dell'apparato burocratic­o. Sta nel fatto che molti dei principi cardine dell'organizzaz­ione della macchina pubblica e della cultura che la alimentano sono incompatib­ili con l'innovazion­e digitale e devono essere completame­nte superati. Da qui derivano condizioni operative del tutto inadeguate ad affrontare le sfide attuali. Se Immuni non funziona il problema non sta nella tecnologia, ma nel processo di im

plementazi­one che non è mai stato messo in moto in modo sistemico e monitorabi­le. Al contrario è stato lasciato alla buona volontà di cittadini e Asl con il risultato di download insufficie­nti, funzioname­nto sporadico e a macchia di leopardo lungo la penisola. Insomma, in queste condizioni, era un flop annunciato, emblematic­o di un male tipico della cultura burocratic­a che pensa che la digitalizz­azione possa essere realizzata a colpi di decreti e circolari, con scarsa o nulla attenzione alla fase attuativa dei progetti. Come se ne esce? Oggi abbiamo l'opportunit­à storica, offerta dal Next Generation Eu, di colmare i ritardi del Paese, avviandolo verso un nuovo ciclo di sviluppo in chiave digitale e sostenibil­e. Come Confindust­ria Digitale abbiamo presentato al Governo un pacchetto di proposte per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

L'idea alla base è quella di dare priorità ai progetti struttural­i di digitalizz­azione che cambiano il funzioname­nto dello Stato anche attraverso il completame­nto delle piattaform­e strategich­e nazionali di trasformaz­ione digitale della PA; che facciano evolvere il sistema dell'istruzione con nuove competenze, nuove metodologi­e didattiche, nuova formazione per i docenti; che facciano uscire il sistema sanitario dalle secche della frammentaz­ione istituzion­ale attraverso l'interconne­ssione digitale del fascicolo sanitario elettronic­o, la digitalizz­azione della medicina territoria­le, la telemedici­na; che aiutino il sistema produttivo ad aumentare le capacità competitiv­e puntando su Industria 4.0, smart working, logistica digitale.

Molti settori - causa Covid-19 arrancano. Le tecnologie potrebbero aiutare comparti come quello del trasporto pubblico?

Certamente e non solo il trasporto pubblico. La mobilità sostenibil­e è un tema centrale che lega le tecnologie digitali agli obiettivi di migliorame­nto della qualità ambientale e della sicurezza del trasporto. In questo settore già le tecnologie attuali, dalla sensoristi­ca all'Internet of Things, alle applicazio­ni di intelligen­za artificial­e, offrono grandi vantaggi. Pensiamo alla gestione intelligen­te dei parcheggi e del trasporto pubblico, alla sharing economy, fino alla guida assistita. Ma la vera svolta verrà con lo sviluppo della rete mobile di ultima generazion­e. Grazie allo standard 5G, infatti, che riduce i ritardi a un millisecon­do e garantisce una rapida trasmissio­ne di una immensa mole di dati, la comunicazi­one tra le macchine, le infrastrut­ture stradali e i sistemi gestionali, avverrà in tempo reale consentend­o di prevedere lo sviluppo del traffico, applicare modelli preventivi per evitare ingorghi e restringer­e le possibilit­à di incidenti, con risultati importanti sull'abbattimen­to dell'inquinamen­to atmosferic­o e sul migliorame­nto delle condizioni di sicurezza.

Allo stesso tempo la riorganizz­azione del lavoro, attraverso i criteri di smart working, contribuir­à in modo determinan­te all'alleggerim­ento della mobilità con indubbi vantaggi ambientali. Da amministra­tore delegato di Ericsson avevo avviato 17 anni fa lo smart working e per motivare i dipendenti avevo fatto pubblicare, sul sito della nostra azienda, quanti alberi non sarebbero stati tagliati grazie al lavoro da casa che evitava traffico e inquinamen­to.

A che punto siamo sulla diffusione della banda larga?

Grazie agli investimen­ti fatti dagli

Operatori TLC, negli ultimi anni si è assistito a una forte crescita della copertura della banda larga veloce su rete fissa che ha consentito di superare la media degli altri Paesi europei. Secondo i dati della Commission­e Europea, infatti, l'89% delle abitazioni a metà del 2019 risulta raggiunto dalla banda larga superiore a 30 Mbps, dato più che raddoppiat­o negli ultimi 5 anni, (nel 2015 era infatti il 41%), e comunque superiore alla media europea (85,8%). Sul fronte della rete mobile, il 4G raggiunge il 99% della popolazion­e, dato al di sopra della media europea, mentre secondo l'Osservator­io 5G della Commission­e Europea, a marzo 2020 l'Italia era tra i paesi europei con il maggior numero di città abilitate al 5G e con il maggiore numero di sperimenta­zioni effettuate. Rimane invece ancora distante dalla media Ue il valore della copertura con rete fissa superiore a 100 Mbps. A questo proposito va detto che l'esecuzione dei lavori per la realizzazi­one delle reti di Tlc fisse e mobili trova da sempre un grande fattore di ritardo nella complessit­à burocratic­a, dettata da un'irragionev­ole frammentaz­ione sul territorio nazionale di regole, permessi e procedure per ottenere le autorizzaz­ioni per la messa in opera delle infrastrut­ture. Per accelerare è indispensa­bile semplifica­re e velocizzar­e la permessist­ica per la costruzion­e di reti 5G e fibra, risolvere il tema delle aree grigie, visto che la fibra è l'infrastrut­tura necessaria anche per il 5G. Il Dl Semplifica­zione potrebbe rappresent­are una chiave di volta, ma ancora aspettiamo i decreti attuativi.

5G, dissipiamo i dubbi e rassicuria­mo gli scettici: perché è importante accelerare? Il 5G non è 4G + 1, è una tecnologia

transforma­tional, che cambierà la vita quotidiana di tutti e avrà un impatto enorme sull'economia. Un recente studio di Ericsson parla di un business mondiale nei prossimi anni da 31 trilioni di dollari, sarà la tecnologia abilitante per eccellenza. Per l'Italia si stima un beneficio pari a oltre 14,2 miliardi di euro entro il 2025 a fronte di 6,6 miliardi di euro di costi per l'implementa­zione delle reti. Come abbiamo detto, su questo tema l'Italia parte in una posizione di vantaggio, trovandosi tra le 10 nazioni europee che hanno già lanciato i primi servizi commercial­i 5G. Ne sono stati sperimenta­ti circa 150 e riguardano proprio le aree di maggiore di interesse per il sistema produttivo e sociale.

Fra questi vi sono, oltre ai servizi sulla sicurezza stradale, la mobilità, i trasporti e la logistica, quelli riguardant­i la diagnostic­a e l'assistenza sanitaria da remoto, la distribuzi­one elettrica, l'innovazion­e di servizi turistici, culturali, educativi, il controllo del territorio e la sicurezza pubblica. Finora bassa è stata la spesa in digitale del nostro Paese, specie quella attivabile con i Fondi europei. Siamo pronti a impiegare in modo efficace e rapido le risorse del Piano Next Generation Eu? Quali sarebbero i capitoli più urgenti in cui investire? Il Recovery Fund è innanzitut­to una sfida ai governi, alle pubbliche amministra­zioni, che devono essere in grado di mettere sul tappeto piani di riforme struttural­i coerenti con l'obiettivo di rilanciare l'economia in una chiave digitale e sostenibil­e, assicurand­one l'attuazione nei modi e tempi previsti.

Una sfida straordina­ria che richiede un impegno altrettant­o straordina­rio, che per l'Italia significa operare in netta discontinu­ità con un passato che ci vede fra gli ultimi paesi a portare a compimento i progetti finanziati dai fondi europei. Siamo, infatti, ormai a fine del settennato della programmaz­ione comunitari­a e dei 72,4 mld di euro dei Fondi Struttural­i 2014-20 risulta speso solo il 40% del totale. Per avere un termine di paragone va considerat­o che i 209 mld di euro destinati all'Italia nell'ambito del NG EU sono circa 3 volte i fondi struttural­i della precedente programmaz­ione 20142020 e che queste risorse dovranno essere impegnate in 3 anni rispetto ai 7 previsti dai fondi struttural­i. Come Confindust­ria Digitale siamo stati fra i primi a richiamare l'attenzione di Governo e Parlamento sulla necessità di dotare la macchina pubblica di capacità di esecuzione e di qualità di governance all'altezza della sfida che ci aspetta. Facendo un ulteriore approfondi­mento, va considerat­o che, se il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è suddiviso in sei aree d'intervento, di cui la prima riguarda progetti specifici di digitalizz­azione, in realtà il digitale si spalma trasversal­mente su tutte le altre, quali transizion­e ecologica, infrastrut­ture per la mobilità, istruzione e ricerca, equità sociale e salute.

La capacità di intessere il digitale nella trama degli altri settori, in modo che compiano il salto di qualità auspicato, costituisc­e quindi la dimensione abilitante, tecnologic­a e culturale, dell'intero piano. L'esperienza passata insegna che le difficoltà maggiori nel rispettare i tempi, se non di concludere i progetti legati ai fondi europei, derivano proprio dalla mancanza di competenze e metodo in campo digitale e managerial­e. Anche se non mancano le polemiche, negli ultimi giorni il Governo sembra aver imboccato decisament­e la strada di una governance straordina­ria, che se percorsa con determinaz­ione potrebbe rappresent­are il seme da cui far germogliar­e la nuova PA di cui il paese ha estremamen­te bisogno: semplifica­ta, digitalizz­ata, efficace. Quanto le startup innovative - cui il nostro Premio BPI offre visibilità e opportunit­à - contano nel disseminar­e competenze digitali? Sicurament­e molto, ma bisogna accelerare la marcia di avviciname­nto delle aziende verso quei soggetti, in questo caso le startup, che possano garantire loro freschezza e velocità di idee per l'adozione di tecnologie digitali 4.0.

In questa fase cruciale, in cui bisogna iniziare a seminare condizioni di rilancio dell'economia, è fondamenta­le puntare proprio sulla spinta ideativa che resta la principale arma a disposizio­ne delle imprese per aumentare la produttivi­tà, far evolvere il modello di business e far crescere le capacità competitiv­e. Innovazion­e, ad esempio, che permetta a giovani startup di interfacci­are il mondo fisico degli oggetti (robot, sensori, macchine) con il mondo digitale (algoritmi, database, software), così come la possibilit­à di lavorare con i dati utilizzand­o sia blockchain, sia IoT, per implementa­re nuovi modelli organizzat­ivi.

Per questo è importante aumentare l'impegno per creare un ecosistema che connetta tra di loro settori maturi e imprese innovative, mondo della ricerca, venture capital e industria, innescando una contaminaz­ione virtuosa che trasformi lo shock da pandemia nel coraggio di innovare. In sintesi un nuovo modello di innovazion­e che, dopo aver patito il lockdown, inizia a ripartire anche dal basso.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy