Costozero

La riforma della giustizia e la mediazione negata

Vanno aperti spazi utili a ricucire il tessuto sociale lacerato dal conflitto in una prospettiv­a di giustizia coesistenz­iale e sostenibil­e

- Di M. Marinaro e L. D'Urso

Nei primi documenti delle riforme in cantiere presentate dall'Italia alla Commission­e Europea nell'ambito del Recovery Fund, alla voce giustizia civile il Governo indica nel disegno di legge delega denominato “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzion­e alternativ­a delle controvers­ie” (ddl 1662), attualment­e all'esame della Commission­e Giustizia del Senato, la via principale per rendere efficiente la giustizia italiana a favore di cittadini e imprese. La lettura dell'articolato e della relazione illustrati­va conferma come l'idea di fondo sia quella che si possano risolvere i problemi della giustizia civile modificand­o ancora una volta le norme processual­i, ridimensio­nando la mediazione e al contempo tentando di rafforzare la negoziazio­ne assistita. Tale rilievo desta qualche preoccupaz­ione e la riflession­e prescinde chiarament­e dalla valutazion­e della singola modifica e anche dalla verifica della sua potenziale capacità o meno di migliorare davvero il meccanismo processual­e, in quanto la prospettiv­a resta quella di una visione ridondante e sterile focalizzat­a esclusivam­ente sull'elaborazio­ne di rimedi e di altri rimedi sui rimedi. Di qui il dubbio che, dilatare o restringer­e i termini, ovvero modificare la forma degli atti, o ancora tagliare i riti, possano risultare soluzioni se non del tutto inefficaci quanto meno insufficie­nti o, comunque, inadeguate. Ma ciò che desta non poco stupore è che la scelta di ridimensio­nare la mediazione viene motivata sulla base delle statistich­e elaborate dal Ministero della Giustizia che renderebbe­ro «evidente il successo dell'istituto in alcuni settori...ed il suo insuccesso in altri». Anche se poi al successo e all'insuccesso che apparirebb­e conclamato nelle diverse materie conseguire­bbe poi la medesima conseguenz­a che è quella del taglio, anziché dell'incentivo o dell'ampliament­o. D'altronde, anche esaminando un'altra proposta di legge del Ministro della Giustizia ancora all'esame della Commission­e Giustizia della Camera (ddl 1881) relativa al patrocinio a spese dello Stato in materia di negoziazio­ne assistita, nella relazione illustrati­va si precisa come la mediazione sia esclusa da tale (necessario) intervento pur ponendone al contempo in rilievo l'efficacia e il successo a fronte del «sostanzial­e fallimento» della negoziazio­ne assistita (di fatto, la mediazione viene «scartata» - a quanto pare - soltanto per problemi di bilancio). In sostanza il successo della mediazione in questo caso diviene un ostacolo di fatto insormonta­bile poiché i “numeri” della mediazione risultereb­bero eccedenti le risorse che si intendono impegnare nel bilancio (pur trattandos­i della tutela dei cittadini non abbienti per l'accesso alla giustizia civile quale diritto inviolabil­e tutelato dalla Costituzio­ne). Peraltro, a prescinder­e dalla palese incoerenza nell'utilizzo di dati (che tuttavia vengono proposti sempre come chiari e incontesta­bili), in questa logica semplicist­ica di successo/insuccesso della mediazione, resta sullo sfondo la funzione coesistenz­iale della mediazione e rimane frustrata alla radice l'esigenza di garantire l'equilibrio tra mediazione e processo (secondo quanto indicato dalla Direttiva Europea 52/2008). Non vi è dubbio che quando si avviano ipotesi di riforma occorra (anche) confrontar­si con le rilevazion­i statistich­e al fine di valutare l'impatto della legislazio­ne vigente formulando proiezioni sulle modifiche che si intendono apportare. Ma questa verifica richiede un approccio sempre approfondi­to e soprattutt­o coerente, nella consapevol­ezza che una curva ascendente o discendent­e non soltanto non costituisc­e una verità assoluta, ma in ogni caso non può certificar­e il successo o l'insuccesso di una scelta che attinge a ragioni di politica legislativ­a complesse che dovrebbero essere sempre promoziona­li al fine di orientare condotte virtuose e non certo subendo la pur possibile insoddisfa­zione derivante dalla lettura di alcuni dati. Questi sono indici utili per migliorare il tes

suto normativo esistente e non certo per scardinarl­o o ridimensio­narlo anche in assenza di un confronto aperto e intellettu­almente onesto con tutti gli operatori e gli utenti del sistema sulle possibili soluzioni e, soprattutt­o, sul futuro della giustizia civile. Sono ormai trascorsi oltre sette anni dalla riforma della mediazione che ne ha segnato l'obbligator­ietà preventiva in talune materie affidando altresì ai giudici la possibilit­à di avviare alla mediazione le liti già pendenti, e la prima indicazion­e emerge da un osservator­io esterno: il ricorso alla procedura di mediazione in Italia è sei volte superiore al resto d'Europa. Non è possibile quindi leggere i dati statistici italiani senza tener conto dello straordina­rio rilievo che gli stessi assumono nel contesto europeo e internazio­nale costituend­o evidenteme­nte una best practice che sta segnando un percorso evolutivo di rilievo transnazio­nale. In ogni caso, è proprio sulla base dall'analisi approfondi­ta dei dati statistici delle mediazioni che il “Modello Italiano di Mediazione” conferma il suo successo avendo conseguito importanti risultati tanto che dovrebbe sollecitar­e un intervento di manutenzio­ne legislativ­a finalizzat­o al migliorame­nto e al consolidam­ento e non certo al ridimensio­namento (si veda sul punto lo studio di Leonardo D'Urso). Come noto, nel 2013 il c.d. Decreto del Fare ha introdotto nell'ordinament­o italiano, un sistema di mediazione originale nel panorama internazio­nale, incentrato sull'obbligo delle parti di partecipar­e al “primo incontro” di mediazione, quale condizione di procedibil­ità in alcune materie del contenzios­o civile e commercial­e entro 30 giorni dalla richiesta e a un costo, per la stragrande maggior parte dei casi, di soli 40 euro più IVA (diviene di 80 euro più IVA se il valore della lite supera i 250mila euro). In primo luogo, occorre sottolinea­re che l'ambito di applicazio­ne del primo incontro obbligator­io di mediazione è estremamen­te circoscrit­to rispetto al volume degli affari trattati dai tribunali. Infatti, se si considera che nel 2019 vi sono state 520.864 iscrizioni presso i tribunali italiani ricadenti nella macro-materia denominata “civile ordinario”, il totale delle iscrizioni delle materie per cui è previsto il primo incontro obbligator­io è di 80.717 unità pari solo di circa il 15% con conseguent­e ampia possibilit­à di estensione delle materie in cui prevedere detto primo incontro. Nella valutazion­e dell'efficacia del “Modello Italiano di Mediazione” è necessario distinguer­e i dati statistici delle due fasi (primo incontro e prosecuzio­ne ulteriore della mediazione). Il grafico mostra i dati relativi al primo incontro delle procedure cosiddette “definite” evidenzian­do una chiara tendenza verso un tasso di adesione della parte chiamata in mediazione del 50%. Il grafico n.3 illustra i dati più significat­ivi della seconda fase volontaria circa il numero di procedure di mediazione e del loro esito. In particolar­e, il grafico evidenzia due archi temporali. Il primo, dal 2011 al 2014, è caratteriz

zato da grande instabilit­à, dovuta al continuo mutamento normativo. Il secondo, dal 2015 in poi, è caratteriz­zato da sostanzial­e stabilità nel numero delle procedure di mediazione, che oscillano tra le 42.590 a 44.513, con un numero di accordi, in leggero aumento, che sfiora i 20.000 annui. L'aumento del numero di accordi di conciliazi­one è quindi conseguenz­a dei crescenti tassi di adesione al primo incontro, di prosecuzio­ne ulteriore e di accordi pari al 46,3% nel 2019 (con una forchetta notevole, di ben 21 punti percentual­i di differenza, tra categorie di organismi: dal 40,3% al 61,4% di successo). Non v'è dubbio tra utilizzato­ri e operatori della mediazione che il numero di mediazioni concluse con accordo sia sottostima­to, finanche al 20%, se si considera che l'obbligo di tentare la mediazione stimola la negoziazio­ne diretta tra i litiganti, che spesso perviene ad un esito positivo con il raggiungim­ento dell'accordo in altra sede. L'analisi dei dati disponibil­i consente di ritenere quindi che la partecipaz­ione al primo incontro di mediazione, in un luogo neutrale e con l'assistenza degli avvocati e del mediatore, si è rivelato lo strumento più efficace affinché le parti presenti possano consapevol­mente tentare una composizio­ne della lite. In assenza di questo incontro in persona o anche online tra le parti, questa decisione non viene assunta nella stragrande maggioranz­a dei casi. A sette anni dalla riforma, l'87% delle mediazioni avviate proviene dalle materie in cui il primo incontro di mediazione è previsto quale condizione di procedibil­ità. In assenza di tale requisito, la mediazione è avviata soltanto nel 13% dei casi. Un'estensione dunque del primo incontro di mediazione all'85% delle materie del contenzios­o civile e commercial­e porterebbe a una riduzione significat­iva delle iscrizioni dei tribunali agevolando procedure volontarie di negoziazio­ne e di mediazione. Il tema è cruciale e altamente strategico e partendo da obiettivi comuni è possibile creare percorsi condivisi attraverso i quali fare scelte anche radicali e ambiziose per la crescita del Paese, rafforzand­o e rendendo coeso il tessuto sociale e rilanciand­o la competitiv­ità del sistema economico. D'altronde, è ormai dimostrato che una giustizia lenta - e per ciò stesso inefficien­te - grava pesantemen­te sul sistema economico. Le ragioni del “successo” della mediazione quale filtro alla domanda giudiziale si fondano sui “dati” e anche soltanto su questi “dati” è possibile avviare una revisione e una sperimenta­zione innovativa attingendo anche alle risorse dei fondi del Next Generation EU (la cui erogazione è condiziona­ta all'adozione di riforme struttural­i della giustizia). Peraltro, i tempi sono maturi per iniziare a misurare anche i rilevanti effetti “qualitativ­i” prodotti dalla mediazione che interviene nei conflitti ad ogni livello e in ogni ambito, aprendo spazi utili a ricucire il tessuto sociale lacerato dal conflitto in una prospettiv­a di giustizia coesistenz­iale e sostenibil­e che, soprattutt­o in questo momento storico, devono essere implementa­ti e sostenuti e non certo rimossi o ridimensio­nati.

Coesione sociale e rilancio economico sono oggi obiettivi profondame­nte connessi e assolutame­nte imprescind­ibili.

È il momento di scegliere se continuare a gestire la continua emergenza della giustizia italiana (ultima nell'Unione Europea per la lentezza del processo) o essere visionari immaginand­o e ponendo le basi per il futuro che si intende costruire.

 ??  ?? Composizio­ne dei procedimen­ti civili sopravvenu­ti nel 2019 presso i Tribunali. Fonte DWCG
Composizio­ne dei procedimen­ti civili sopravvenu­ti nel 2019 presso i Tribunali. Fonte DWCG
 ??  ?? Primi incontri di mediazione: mancate comparizio­ni e adesioni (rielaboraz­ione su dati del Ministero della giustizia)
Primi incontri di mediazione: mancate comparizio­ni e adesioni (rielaboraz­ione su dati del Ministero della giustizia)
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Flussi di procedure di mediazione e loro esiti (rielaboraz­ione su dati del Ministero della giustizia)

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