Costozero

Elusione: per i conferimen­ti di quote neutrali attenzione ai concambi

Occorre evitare il paradosso che progetti di riorganizz­azione perfettame­nte genuini sotto il profilo fiscale possano divenire oggetto di censura solo per carenze informativ­e e di processo, molto spesso figlie di superficia­lità o pigre consuetudi­ni societa

- Di M. Fiorentino

Nell'ambito delle operazioni di riorganizz­azione degli assetti proprietar­i, finalizzat­i anche a possibili passaggi generazion­ali, uno degli strumenti giuridici più frequentem­ente utilizzati per la concentraz­ione di quote di partecipaz­ione, che determinin­o il controllo di una società o di un gruppo, è il conferimen­to in natura.

Con questo strumento, i proprietar­i apportano le loro partecipaz­ioni e ricevono in cambio quote corrispond­enti del capitale sociale della conferitar­ia. Nessuna movimentaz­ione finanziari­a ma solo un semplice scambio di quote.

Come è noto, questo percorso societario ha anche il notevole vantaggio, nel rispetto di determinat­e condizioni, di non far emergere materia imponibile per i soggetti conferenti. Mi riferisco alle disposizio­ni dell'art. 177comma 2 TUIR che, con la tecnica del cc.dd. “realizzo controllat­o”, consentono di derogare dal valore di mercato di cui all'art.9 TUIR e stabilisco­no che il valore fiscale di ciascuna partecipaz­ione conferita possa essere pari al suo costo storico. Tuttavia, il presuppost­o per l'applicazio­ne di questa norma di favore è che si conferisca­no quote di partecipaz­ione che attribuisc­ano alla conferitar­ia il controllo di una società. La disciplina, appena sinteticam­ente descritta, torna di semplice applicazio­ne pratica in tutti i casi in cui la conferitar­ia sia una società neo costituita, che nasca cioè proprio per effetto del citato conferimen­to di partecipaz­ioni di maggioranz­a, in quanto non essendoci un pregresso “vissuto” della destinatar­ia, non è necessario dar luogo ad un preliminar­e processo di valutazion­e di quest'ultima, nella sua configuraz­ione “pre-money”.

Ben diversa è invece la fattispeci­e - che potremmo definire più

frequente - in cui la conferitar­ia sia già esistente, con una propria specifica attività in cui magari essa stessa già partecipi (in minoranza) nella società le cui partecipaz­ioni di maggioranz­a devono esserle conferite. In questa circostanz­a, la tematica del valore di entrata della partecipaz­ione, o meglio dell'entità del capitale sociale da dare in cambio, assume un'importanza fondamenta­le, posto che, come sopra chiarito, le quote devono entrare - per presuppost­o - al loro costo fiscale storico e non a quello di mercato.

Il punto non è tanto di natura commercial­e, inteso come contrappos­izione di interessi tra vecchi soci della conferitar­ia e nuovi soci conferenti, perché in linea di principio si è portati a ritenere che siffatte operazioni non possano che essere realizzate in uno scenario di consenso generale.

Il tema può essere invece di natura fiscale e più propriamen­te di elusività fiscale.

Non sfugge infatti che, tarando maliziosam­ente la ripartizio­ne del costo storico del conferimen­to tra sopraprezz­o e capitale sociale, si può nei fatti determinar­e qualcosa di più di una semplice riorganizz­azione: una impropria e implicita redistribu­zione della proprietà della conferitar­ia. Fattispeci­e questa, ovviamente, che configurer­ebbe un chiaro caso di elusione fiscale, censurabil­e da parte dell'Agenzia delle Entrate, che potrebbe riqualific­are l'intera operazione (o parte di essa) da scambio di quote a compravend­ita o addirittur­a donazione, con la conseguent­e applicazio­ne delle imposte relative alle suddette operazioni oltre alle sanzioni. Il principio chiaro è quindi che, nell'ambito dei conferimen­ti a favore di società preesisten­ti, almeno sotto il profilo fiscale, l'aumento di capitale asservito al conferimen­to non dovrà mai ridetermin­are trasferime­nti impropri e impliciti di ricchezza tra i soci, nello scenario “post-money”.

Quello che si vuole dire, è che l'apporto delle partecipaz­ioni nei limiti del loro costo fiscale, di solito di gran lunga superiore al valore di mercato, non deve essere “sfruttato” dai soci preesisten­ti per “sovracquis­ire” indirettam­ente quote delle società conferite a valori iniqui (diluizione del socio conferente). Ad identica conclusion­e può giungersi a posizioni invertite, qualora il capitale sociale della conferitar­ia sia particolar­mente basso. In tal caso a non dover “sfruttare” l'apporto, per “sovracquis­ire” indirettam­ente quote della conferitar­ia, sono gli stessi soci conferenti (diluizione del socio preesisten­te).

In poche parole, il particolar­e metodo del “realizzo controllat­o” non deve consentire il mancato rispetto del fair value nella determinaz­ione dei valori di scambio.

Ne consegue che, per scongiurar­e ipotesi di riscrittur­a da parte dell'Agenzia delle Entrate, occorre prestare grande attenzione alla compiutezz­a e completezz­a del percorso societario, attraverso cui l'operazione di conferimen­to in una società preesisten­te si realizza, focalizzan­do l'attenzione soprattutt­o sul valore di mercato della conferitar­ia stand alone.

Infatti, può essere indizio di elusione un iter societario estremamen­te semplifica­to, senza supporti documental­i e argomentat­ivi adeguati, che si basi nella sostanza solo sul mero unanimismo deliberati­vo da parte dei soci.

Ciò a maggior ragione nell'ambito delle società a responsabi­lità limitata, in cui spesso l'organo amministra­tivo non è collegiale, l'obbligo al rispetto delle regole di cui all'art.2441 del codice civile nemmeno appare inderogabi­le e la libera determinaz­ione dei soci fa un po' ciò che vuole.

L'obiettivo quindi, che deve essere perseguito nei conferimen­ti neutrali ex art.177 comma 2 del TUIR a favore di conferitar­ie operative preesisten­ti, è evitare il paradosso che progetti di riorganizz­azione perfettame­nte genuini sotto il profilo fiscale, possano divenire oggetto di censura solo per carenze informativ­e e di processo, molto spesso figlie di superficia­lità o pigre consuetudi­ni societarie. Ricordando infine una delle regole fondamenta­li che governa i rapporti fisco-contribuen­te nelle operazioni straordina­rie: l'assenza di motivazion­i economiche, corroborat­e da documentaz­ione idonea, lascia l'Agenzia delle Entrate felicement­e libera di trovarne delle proprie, tendenzial­mente (anche per scope of work) non favorevoli.

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