Breve storia del mio silenzio
Udi Giuseppe Lupo
n silenzio attento a ogni suono, immagine e parola in esso contenuta. Il silenzio è la fuga che attua il protagonista dell'ultimo romanzo autobiografico di Giuseppe Lupo quando, a quattro anni, smette di essere figlio unico e di parlare. Anni Sessanta. Il bambino, figlio di due maestri legati a doppio filo dall'amore per l'insegnamento e dal «fare scuola per sostenere le impalcature del mondo», viva ad Atella, un piccolo paese della Lucania. Ma le parole che rifiuta da piccolo, da adulto non smettono di affascinarlo tanto da spingerlo prima a laurearsi in Lettere alla Cattolica di Milano, poi a diventare scrittore.
Il mondo visto attraverso gli occhi di un bambino che, via via, diventa grande inseguendo il suo sogno come un predestinato, immergendosi continuamente nelle parole e nelle storie per dimenticare ansie e paure, per sentirsi eternamente unico.
«Non saprei calcolare quant’è durato il mio silenzio: un mese, un anno, due…
Quando i medici mi visitavano, chiedevano di cacciare la lingua fuori. “Tossisci, tossisci”. Io tossivo.
“Fa’ due passi, vediamo come cammini”.
E io camminavo su e giù nell’ambulatorio. Ricordo un dottore di Bari, un gran professore che sulla fronte aveva una lampadina infilata in una specie di coperchio di caffettiera.
“Signora, questo bimbo vive troppo in mezzo ai grandi. Aria aperta, aria aperta” ripeteva, “la strada sarà la sua maestra"».